Quanta gente illustre in quel di Umago

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Quanta gente illustre in quel di Umago

Umago come una seconda Caput Histriae? Senza voler nulla togliere alla capitale storica (Capodistria), questa “vivace città costiera in costante incremento turistico”, per molti versi lo è stata, dando in passato i natali a personaggi che troveranno una loro interessante collocazione in ambiti più ampi, soprattutto italiani (ma non solo). “A Umago sono vissute storiche famiglie come i Manzutto e i de Franceschi, che hanno dato un notevole impulso economico e industriale alla città nel corso del tempo”, scrive la ricercatrice e studiosa triestina Marina Petronio nel suo nuovo libro, “Gente di Umago d’Istria”, che ha raccolto originali testimonianze su personaggi le cui vicende sono intrecciate con quelle dell’affascinante località istriana. Tanti i dati finora inediti per quello che è uno stimolante itinerario tra storia, letteratura, arte e tant’altro ancora. Un’opera che – come nelle intenzioni dichiarate dall’autrice – può rappresentare un “incoraggiamento alla ricerca ai giovani studenti umaghesi, che già hanno dato bella prova di sé, dal punto di vista storiografico, nell’indagine del loro territorio e, nel contempo, la sollecitazione al Museo civico ad ampliare la loro dotazione attraverso ulteriori testimonianze”.

Vediamo allora i protagonisti di questo racconto. Non siamo a Fiume, ma nemmeno in Istria si può prescindere da quel primattore assoluto del Novecento italiano che fu Gabriele d’Annunzio. Infatti, tra le figure di particolare interesse che Petronio va a scovare, emerge Romano Manzutto. Un curriculum militare di tutto rispetto, guadagnatosi nella Prima guerra mondiale (a Venezia, con gli altri giuliani, nel 1915 ritrovò Nazario Sauro, suo vecchio compagno al Ginnasio di Capodistria, con il quale partecipò ai soccorsi ai terremotati di Avezzano), strinse con d’Annunzio un sodalizio militare e umano che continuò fino alla morte del poeta pescarese. Nel giugno 1916 fu con lui – e Sauro, che ne era il pilota – sul cacciatorpediniere “Zeffiro” che bombardò Parenzo; quindi seguì d’Annunzio nella sua avventura di Fiume, diventandone il braccio destro non solo nella vita militare, ma anche privata. Fu infatti paziente intermediario presso Mussolini per ogni necessità o capriccio di d’Annunzio, adoperandosi in favore del figlio Gabriellino, che si era invaghito di una donna invisa ai suoi genitori. Manzutto, impietosito dalla sorte della coppia, se li portò a Umago nel suo albergo, finché non si calmarono le acque e soprattutto l’ira del Vate.
C’è poi Andrea Benedetti. Il letterato e storico ben conosciuto nel Friuli occidentale – tra le numerose sue opere e articoli, fondò e diresse la rivista di arte e cultura di Pordenone “Il Noncello” –, partecipò all’Impresa di Fiume, nominato dal Poeta Soldato come uno dei suoi migliori “uscocchi”… E “uscocco” lo fu per davvero: diresse in prima persona il sequestro della nave “Cogne” della S. A. di Navigazione Ansaldo di Genova. Il fatto va inquadrato nella difficile situazione in cui si era venuto a trovare lo staterello quarnerino voluto da d’Annunzio, isolato da tutti (in primis dall’Italia), tagliato fuori da ogni via di comunicazione, compresa la fornitura di derrate alimentari, medicinali e vestiti. Una penuria che gravava tanto sui legionari quanto sulla popolazione. Per superare il problema, d’Annunzio incaricò altri suoi legionari di effettuare atti di pirateria catturando navi e portandole nel porto di Fiume. La faccenda del “Cogne” fu però molto grave sia per l’entità del carico destinato ad acquirenti del Sud America, sia per la cifra alta del riscatto e diventò un caso nazionale, che portò Giovanni Giolitti (presidente del Consiglio di ministri del Regno d’Italia) allo stremo della sopportazione nei confronti del Vate. Il caso si risolse con il rilascio del “Cogne” con uno sconto, ma pur sempre con il versamento di una cifra molto alta per l’epoca, che servì ad aiutare sia i legionari affamati sia gli abitanti di Fiume nelle loro primarie necessità. Di temperamento schivo e poco incline a mettersi in mostra, fu Giorgio Abrami, annoverato come uno dei giuliani presenti a Firenze e intensamente partecipe della vita culturale fiorentina dell’epoca, finissimo letterato e filologo e amico fraterno di Giovanni Papini, venne definito “Maestro di lingua ai fiorentini”. Appartiene al mondo della settima arte invece l’architetto Ottavio Scotti. Scenografo con i migliori registi italiani, collaborò con Luchino Visconti su “Senso”, film che vide la meravigliosa interpretazione di Alida Valli. Per questa pellicola Scotti seguì scrupolosamente le fonti storiche ricavate dalla pittura d’impronta risorgimentale. Per chi ama i fumetti viene ricordato Attilio Micheluzzi, uno dei più importanti disegnatori di fumetti italiani e autore di testi, collaboratore agli Albi di Dylan Dog e di Corto Maltese.
Un capitolo a parte è riservato alle famiglie Manzutto e de Franceschi. La prima segnerà l’Ottocento umaghese, in particolare con i discendenti di Girolamo (che fu podestà), come Pietro, appassionato di campagna (importò ad esempio la vite americana, che sopportava la peronospera, introdusse in loco i vitigni francesi, usufruì dei metodi più moderni per rinnovare l’oleificio, piantò i pini marittimi su terreni incolti…) e Gian Giacomo, che si dedicò invece alla carriera musicale; mentre Giuseppe divenne uno stimato medico oculista. Per quanto riguarda il casato dei de Franceschi, d’antica origine (risale al periodo romano), in seguito si divise in due rami: quello di Seghetto, dove oltre a una villa possedeva le tenute agricole di Giubba e Spinel; e quello umaghese, che oltre a un bel palazzo sulle rive, era proprietario di tenute anche a Rosazzo, Casoni e Carsete.
Ritroviamo nel libro Fulvio Tomizza, ma considerato sotto aspetti più intimi e riflessivi, con numerose sue osservazioni sull’alternanza delle stagioni, su certi cibi tipici e sul suo piatto preferito, una vera “bomba” di tradizione arcaica: la “polenta nera”. Scrive a tale proposito: “… non mi considero un gran mangiatore, ma alla polenta nera sono sempre pronto, d’inverno s’intende, però a qualunque ora del giorno e della notte, digiuno o ristorato”.

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