Alla ricerca della soluzione dell’«enigma» di Roberto Bartini

Svetozar Nilović, direttore del Museo dell'informatica «Peek&Poke» di Fiume, sta lavorando a un documentario e a un libro sullo straordinario ingegnere aeronautico fiumano

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Alla ricerca della soluzione dell’«enigma» di Roberto Bartini

È da diversi anni che il direttore del Museo dell’informatica “Peek&Poke” e instancabile ideatore e organizzatore di eventi musicali e culturali sempre un po’ speciali a Fiume, Svetozar Nilović, svolge delle ricerche legate a uno dei personaggi del passato del capoluogo quarnerino ancora oggi pressoché sconosciuti ai più: Roberto Oros di Bartini, geniale progettista aeronautico che costruì nell’Unione Sovietica più di 60 aerei. Secondo la biografia di Igor Čutko, Bartini sarebbe nato a Fiume nel 1897, ma della sua opera in Croazia e in Italia si sa poco. Uno dei motivi principali potrebbe essere il fatto che i progetti militari che realizzò per l’URSS rimasero per tanti anni nella più assoluta segretezza.

 

Il luogo di nascita

Nell’intento di risolvere l’”enigma” dell’ingegnere Bartini, Nilović ha deciso, assieme ai suoi collaboratori di “Peek&Poke”, di pubblicare un libro e di girare un documentario sullo straordinario personaggio, la cui vita fu davvero avventurosa. “Bartini, oltre ad essere stato un ingegnere aeronautico, si occupò anche di fisica teorica, pittura e scrittura – esordisce Nilović –. Un personaggio poliedrico la cui opera nel campo dell’aeronautica, ma anche della fisica teorica, merita di essere conosciuta molto meglio. Un fatto che rimane ancora da chiarire è il suo luogo di nascita. Anche se nella sua biografia su Wikipedia scrive che sia nato a Fiume, la versione italiana del sito sostiene invece che sarebbe venuto al mondo a Nagykanizsa, in Ungheria. Nel corso delle mie ricerche sono invece giunto alla conclusione che sarebbe invece nato probabilmente a Miskolc, sempre in Ungheria. Nella vita non ebbe sempre fortuna. Dopo il suicidio di sua madre, nel 1904 venne adottato dal barone Lodovico Oros (Lajos Orosdy), vicegovernatore di Fiume, che gli trasmise il cognome”.

Roberto Bartini

Un personaggio unico

“Bartini mi attirò perché si tratta di un personaggio davvero unico che fino a una quindicina di anni fa rimase avvolto nel mistero mentre invece, osservando i risultati del suo lavoro e ingegno, meriterebbe di essere ampiamente conosciuto. Direi anche che meriterebbe un busto, una via a Fiume, o – come era stato suggerito nel 2015 durante un sondaggio – gli potrebbe venire intestato l’aeroporto sull’isola di Veglia – sottolinea Nilović –. Potrebbe diventare anche un interessante contenuto nell’offerta turistica della città. In seguito a diversi anni di ricerche, assieme ai miei collaboratori ho iniziato a lavorare a un documentario su Bartini e, a questo proposito, a maggio ci recheremo a Mosca. Dal momento che ho instaurato dei contatti con i figli, i nipoti e i collaboratori di Bartini, mi hanno invitato a prendere parte alla cerimonia di celebrazione del suo compleanno, il 14 maggio, dove presenterò il progetto e le ricerche che ho svolto negli archivi, anche grazie al grande aiuto di storici ungheresi e russi. La fama di Bartini sta crescendo negli ultimi anni e anche in Russia, dove per decenni era tenuto in disparte in quanto essenzialmente straniero, hanno iniziato a riconoscere la sua grandezza e a metterlo sullo stesso piano con ingegneri russi del calibro di Tupolev, Ilyushin, Antonov e altri”.

La sciarpa bianca

“Come persona era molto galante e indossava sempre una sciarpa bianca. È ancora aperta la questione del cognome Bartini. Infatti, il suo cognome era Orosdy, ma sembra che durante il Regno d’Italia a Fiume decise di disfarsi completamente della componente ungherese del suo cognome e decise di chiamarsi Roberto Oros di Bartini. Ci sono diverse teorie su come avrebbe preso il cognome Bartini, in quanto questo non figura nella sua famiglia, ma nulla è stato confermato.

A diciotto anni andò a combattere come ufficiale di fanteria nell’Esercito asburgico, dove nel corso di un’offensiva venne catturato dai russi. Durante il periodo di prigionia in un campo a 650 chilometri da Vladivostok, sulla costa dell’Oceano Pacifico, Bartini accettò molto probabilmente le nuove idee di Lenin. Successivamente andò a Shanghai, dopodiché torno a Fiume. A quell’epoca portava ancora il cognome Orosdy. Soltanto dopo essersi iscritto al Politecnico di Milano, iniziò a chiamarsi Roberto Oros di Bartini. Nel 1924 decise di tornare in Russia, in quanto convinto sostenitore dell’ideologia comunista. Dal momento che proveniva da una famiglia nobile, i russi gli diedero il soprannome di ‘Barone Rosso’. Rimase nell’Unione sovietica per tutta la vita, dove decise di chiamarsi Robert Ljudvigovič Bartini, ma nonostante la proclamata uguaglianza fu sempre trattato come cittadino di seconda classe, anche se grazie al suo straordinario intelletto e le sue capacità riusciva a cavarsela. In un’occasione fu incarcerato in un gulag destinato agli scienziati, dove lavorò in laboratorio. All’epoca progettò l’aereo più veloce mai costruito e in seguito Stalin gli concesse l’amnistia. Successivamente lavorò ai suoi celebri aerei, mentre gli altri ingegneri si rifacevano in prevalenza ai suoi progetti. Oltre ad essere stato un bravissimo ingegnere aeronautico, sembra che Bartini avesse pure istruito Sergej Koroljev, progettista di razzi e principale artefice del programma spaziale sovietico. Pare, comunque, che l’alfa e l’omega del programma spaziale sovietico fosse proprio Bartini, in quanto, oltre ad essere stato ingegnere fu anche fisico teorico. Si sposò tre volte ed ebbe tre figli. Morì il 6 dicembre 1974 in un appartamento a Mosca. Al suo funerale presenziarono diversi esponenti dell’élite sovietica”.

Merita un riconoscimento a Fiume

“Anche se non sappiamo con certezza se fosse nato a Fiume, è un dato di fatto che qui visse buona parte della sua vita e, trattandosi di un personaggio che diede uno straordinario contributo all’aeronautica, credo che meriti di venire riconosciuto in questa città – sottolinea Nilović –. Per illustrare la precocità del suo talento, vorrei aggiungere che nell’Archivio di Stato di Fiume sono conservati alcuni suoi brevetti per il carrello d’atterraggio di un aereo, progettati quando aveva appena sedici-diciassette anni. D’altro canto, ho avuto modo di visionare un registro scolastico nel quale sono riportati i suoi voti, che erano tutt’altro che brillanti. Molto probabilmente, il suo amore per gli aerei nacque nel 1912, quando nel Golfo di Fiume atterrò il pilota russo Hariton Slavorosov”.

Il monumento di Bartini nel Viale dei Cosmonauti a Mosca

Un ritratto completo

“Per quanto riguarda il documentario, siamo riusciti a registrare un colloquio con uno dei collaboratori di Bartini che, purtroppo, l’anno scorso è morto di Covid. A Mosca desidero filmare i suoi aerei e i suoi collaboratori e spero che nell’arco di un anno il documentario sarà completato. Anche se la sua opera è straordinaria, personalmente sono molto più interessato agli altri aspetti della sua vita. Qui non mi riferisco alla sua vita privata, ma agli altri interessi, ai risultati che conseguì nella fisica teorica, alla sua pittura e alla scrittura. Vorrei creare un ritratto completo di Roberto Bartini. Parallelamente al documentario, assieme alla storica Tea Perinčić, sto lavorando anche al libro su Bartini, che ho concepito in due parti: la prima tratterà la vita a Fiume a cavallo tra il XIX e il XX secolo, ma non dal punto di vista politico – mi interessa infatti l’ambiente in cui visse Bartini, con chi socializzava, i locali che frequentava –, mentre la seconda racconterà la sua vita e la sua opera. Il progetto Bartini è appoggiato dal Dipartimento per la Cultura tecnica e lo Sport della Città di Fiume”.

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