Oleg Mandić. Una festa per il 90.esimo compleanno

L'ultimo prigioniero uscito vivo dal campo di sterminio di Auschwitz, accompagnato dalla consorte, è stato ricevuto nel Municipio di Abbazia dal sindaco Fernando Kirigin e dai suoi collaboratori

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Oleg Mandić. Una festa per il 90.esimo compleanno
Al centro Fernando Kirigin, Duška e Oleg Mandić. Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

In occasione del suo novantesimo compleanno, che ricorre oggi, e della recente pubblicazione del libro “Život obilježen Auschwitzom” (Una vita segnata da Auschwitz), nel Municipio di Abbazia è stato ricevuto Oleg Mandić, l’ultimo prigioniero uscito vivo dal campo di sterminio di Auschwitz. Assieme alla sua consorte, la signora Duška, Mandić è stato accolto dal sindaco Fernando Kirigin e dai suoi colleghi. Al ricevimento, con tanto di torta e spumante, hanno preso parte anche Bruno Starčić e Suzi Ivaničić dell’UABA (Associazione dei combattenti antifascisti e degli antifascisti) di Abbazia, nonché il giornalista e scrittore Neven Šantić, per anni collaboratore di Mandić e redattore del succitato libro.

Una persona instancabile
Come rilevato da Kirigin, l’entrata di Oleg Mandić nel decimo decennio della sua vita è una ricorrenza importante, soprattutto perché si tratta di una persona instancabile che continua a raccontare la sua storia, la quale non deve essere mai dimenticata e serve da monito alle nuove generazioni. Kirigin ha rilevato di conoscere molto bene i temi dei quali Mandić parla da anni con così tanta energia, ma ha voluto incentrare il discorso sulla vita ad Abbazia negli anni dell’infanzia di Mandić e su come fosse vivere all’epoca nel capoluogo liburnico. Il festeggiato ha dapprima precisato di aver rinunciato alla guida dell’automobile circa un mese fa e che, dopo più di due decenni in cui lottava categoricamente contro i telefonini, ha smesso di resistere e ora è in possesso di un cellulare.

Un grande giardino
Rispondendo alla domanda di Kirigin, ha spiegato che negli anni Trenta e nei primi anni Quaranta viveva con la sua famiglia a Villa Mandić, costruita da suo nonno nel 1922. La palazzina era circondata da un grande giardino. Suo nonno e suo padre erano avvocati e avevano un ufficio nell’odierna sede della FINA. Dopo che suo nonno, fervente antifascista, venne cacciato da Abbazia, allora sotto il governo fascista, suo padre prese in mano l’ufficio. “Ricordo che nella nostra casa il pranzo era sempre alle 13 in punto, dopodiché seguiva il riposo pomeridiano – ha osservato Mandić –. Successivamente, mio padre se ne andava in ufficio, mentre mia madre ed io andavamo quasi ogni giorno a passeggiare fino a Slatina. Ricordo che l’odierno caffè Milenij era all’epoca chiamato Principe Umberto e che lì si giocava regolarmente a bridge, che è la mia passione”, ha ricordato Mandić, proseguendo con la storia della sua infanzia, interrotta bruscamente il 15 maggio 1944, quando assieme a sua madre e sua nonna venne dapprima incarcerato a Fiume, successivamente trasferito nel carcere di Trieste e in seguito internato ad Auschwitz.

Non smettere mai di parlare
Il sindaco ha spiegato di aver conosciuto Oleg Mandić tramite il Rotary Club e ha puntualizzato come sia importante non smettere mai di raccontare gli orrori che hanno segnato un’epoca buia nella storia dell’umanità, soprattutto alle giovani generazioni che oggigiorno non hanno più le idee chiare sui fatti storici, anche perché questi vengono spesso distorti deliberatamente per fini politici.
Bruno Starčić, presidente dell’UABA abbaziana, ha voluto ringraziare Mandić per il suo instancabile lavoro nella promozione dell’antifascismo e ha ricordato diversi progetti promossi per tutelare il ricordo ed educare le nuove generazioni. Suzi Ivaničić della succitata organizzazione, ha voluto ringraziare Mandić per aver imparato molto da lui e sua moglie Duška per aver sempre saputo intervenire nelle situazioni complicate.

Un’esperienza preziosa
Neven Šantić ha detto di conoscere Mandić da 14 anni, ma che negli ultimi sei anni è un suo stretto collaboratore, assieme al quale ha fatto il giro di diversi Paesi e ha organizzato le Giornate dell’antifascismo. “Trascorrere così tanto tempo con Oleg è stata per me un’esperienza preziosa e una conferma di come si possa imparare per tutta la vita”, ha puntualizzato, osservando come uno può leggere libri e guardare documentari sull’Olocausto, ma l’esperienza di vedere Auschwitz di persona e parlare con un superstite è imparagonabile. Ha infine annunciato che Mandić prosegue con il suo lavoro già la settimana prossima, quando sarà a Novi Sad.
La parola è stata data infine alla signora Duška, moglie di Mandić, la quale ha osservato che nella loro casa c’è sempre un viavai di persone e che suo marito è una persona buona, anche se un po’ pazzerella. Ha ricordato che, nonostante occasionali litigi, il loro matrimonio dura da cinquant’anni.

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