L’Istria vista dal mare da tre ottiche diverse

Il volume presentato al Circolo della Stampa di Trieste vede coinvolti due ricercatori e docenti universitari, l’archeologa Rita Auriemma e il geologo Stefano Furlani nonché la giornalista Rosanna Turcinovich Giuricin

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L’Istria vista dal mare da tre ottiche diverse

È affascinante pensare a quell’Istria che ci siamo persi, affondata per sempre nel mare o nascosta agli occhi dei visitatori, l’Istria che ci raccontano Rita Auriemma, Stefano Furlani e Rosanna Turcinovich Giuricin nelle pagine del libro, edito dal Circolo di cultura istro-veneta “Istria”, con la prefazione del presidente Livio Dorigo, pubblicazione presentata al Circolo della Stampa di Trieste, con l’introduzione di Luciano Santin.

 

 

Superare i confini del passato
“Il Circolo Istria nasce quarant’anni fa con il grande progetto di ricomposizione di un popolo sparso attraverso un’azione svolta sia in Italia che in Istria, Quarnero e Dalmazia”. A descrivere la missione, il compito esistenziale del Circolo “Istria” ci ha pensato Rosanna Turcinovich Giuricin. “Due i grandi campi progettuali, la terra e il mare, denominati rispettivamente Castellieri e Approdi. Il libro ‘L’Istria vista dal mare’ coniuga questi due campi attraverso i due lavori scientifici di Auriemma e Furlani ed una mia proposta di lettura degli approdi raggiunti in barca vela – ha ricordato Turcinovich –. Oggi gli aliscafi sono tornati a collegare Trieste all’Istria, un tempo il mare era l’unico collegamento per l’assenza di strade. Il libro e l’attività del Circolo – ha aggiunto – vogliono essere un contributo per porre l’attenzione sulla necessità di superare i sessanta anni in cui la storia ha mantenuto bloccati i confini che il mare aveva superato. I porti sono stati infatti da sempre meta dei commerci e dello scambio culturale e civile. I 107 chilometri della ferrovia Parenzana, costruita nel 1902 lontano dai centri abitati, dimostrano indiscutibilmente che fu fatta per la campagna, per i suoi commerci. Finisce a Parenzo perché era impossibile superare il canale di Leme, in qualche modo chiudendo il territorio a sud ad una sua peculiarità: linguistica (istrioto) e nella presenza di prodotti tipici e d’allevamento, legati alla storia romana e ai contatti via mare con la Puglia, ancora oggi retaggio importante”.

La copertina del libro scritto a sei mani

Reperti d’epoca romana
L’Istria del quarto e quinto millennio avanti Cristo, si trova sotto il livello del mare. “Attilio Degrassi indagò all’inizio del secolo scorso con mezzi ancora embrionali, ma con forte tenacia e determinazione – ha ricordato Auriemma – scoprendo resti importanti con alto grado di conservazione. La mia fortuna di poter lavorare oggi con importanti progetti internazionali, in una ricerca archeologica lungo la costa istriana, ha permesso di capire modi e fasi del popolamento di queste terre. Di epoca romana restano complessi costieri, ville e residenze, porti con una gerarchia portuale che dipende da Aquileia, a quel tempo grande snodo per le merci verso il cuore dell’Europa, con i porti di Parenzo, Pola e altri al servizio del territorio. A Salvore si è trovato sott’acqua un molo lungo 140 e largo 11 metri, da cui salpavano olio e vino istriano che raggiungevano regioni adriatiche e non solo. Ville e residenze splendide – ha concluso Auriemma – a servizio della produzione, dello sfruttamento intensivo dell’hinterland agricolo, delle ricchissime acque prospicenti, pescosissime, con le peschiere di allevamento di livello industriale e gli edifici per la trasformazione dei prodotti, come il garum. Si tratta oggi di rendere di rilevanza turistica queste scoperte subacquee, trattandosi peraltro di turismo ad alta redditività”. Per Stefano Furlani invece si è trattato di vedere l’Istria attraverso un percorso a nuoto attorno alla penisola, di scoprire la costa e la composizione delle sue rocce. “Da Fiume a Trieste la roccia è sempre bianca calcarea, tranne il tratto da Portorose a Miramare, composto da Flysh, roccia sedimentaria. Il livello del mare cambia sempre. Prima dell’epoca romana il golfo di Trieste era privo di acqua. Mentre i modelli matematici dicono che già nel 2100 potrebbe essere più alto di un metro. Di questa evoluzione costiera – ha ricordato Furlani – vogliamo lasciare una puntuale fotografia dell’oggi per chi la studierà in futuro”.

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