Lapidarium. Il Museo baciato dal sole

Intervista a Jerica Ziherl, storica dell’arte a capo dell’istituzione di Cittanova dalla sua fondazione

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Lapidarium. Il Museo baciato dal sole

Inaugurato nel 2006, il Museo Lapidarium ha dato un’impronta particolare al passaggio di Cittanova al nuovo millennio, che pone di fronte alle città nuove sfide nel presentare il suo patrimonio culturale. Conserva una delle più importanti collezioni di monumenti in pietra della Croazia. Ce ne sono un centinaio e abbracciano il periodo dal I al XVIII secolo. La metà di questi oggetti è esposta nell’ambito della mostra permanente del museo. Si tratta principalmente di elementi di architettura sacra della chiesa parrocchiale di San Pelagio.
Direttrice del Museo Lapidarium è la storica dell’arte Jerica Ziherl; ha insegnato storia del design all’Accademia di Belle Arti di Fiume dal 2006 al 2011 ed è curatrice di mostre dal 1995. Ci ha parlato del museo di Cittanova e dell’arte nel presente.
Lei è a capo del Museo più luminoso di luce naturale, se non anche del più bello della nostra regione e oltre. A ogni visita ci si meraviglia come sia stato possibile incastonare un edificio pubblico moderno nel nucleo storico, dietro alla chiesa, affiancato a un palazzo abitato, in modo da formare un insieme architettonico.
“Ha detto bene che il Museo Lapidarium è il più illuminato dal sole di tutti i nostri musei. È un fattore positivo, anche se ci sono più svantaggi che vantaggi, perché, comunque, anche se relativamente piccolo ha da svolgere un’attività rilevante e seguire delle regole ben precise. Specialmente se si espongono opere che risalgono a tempi antichi, oli su tela, arte grafica, fotografie e tutto ciò richiede un’illuminazione adeguata. Inoltre, non ci crederete, d’inverno fa troppo caldo, d’estate fa troppo freddo… Semplicemente, c’è troppo vetro! Nonostante questi svantaggi, il Lapidarium è in senso architettonico un esempio di interpolazione contemporanea nel nucleo civico antico, un patrimonio protetto, dunque. L’edificio dalle linee semplici, unione di verticali e orizzontali, barriere trasparenti e buone proporzioni, non scombussola nè le unità monumentali, nè quelle urbani o verdi. Gli architetti Randić e Turato hanno fatto un ottimo lavoro, adattando il contenuto all’architettura e viceversa. Due corpi geometrici in un ambiente consono di cemento levigato, legno nobile, soffitto illuminante di marca Barrisol, piastre di vetro che rientrano quando ce n’è bisogno, ecco, questo è la caratteristica primaria dell’edificio-museo Lapidarium”.

Jerica Ziherl

Ovviamente, niente sarebbe stato possibile senza l’appoggio della Città di Cittanova. Com’è nata l’idea della sua edificazione e come si è evoluta?
“L’appoggio della Città ha giocato sicuramente un ruolo cruciale nella nascita e nell’edificazione del Museo e dell’allocazione della collezione specifica, che sono i monumenti sacrali di pietra di Cittanova, i quali contengono segmenti molto importanti di arte carolingia e sono legati direttamente alla storia della nascita di Cittanova. Senza, comunque, l’aiuto del Ministero della Cultura, che ha riconosciuto l’importanza dell’iniziativa di costruire finalmente un ‘alloggio’ adeguato per i monumenti più importanti di Cittanova, è mia opinione che non sarebbe stato né tanto facile né così celere. Inoltre, una piccola parte del finanziamento è stata devoluta anche dalla Regione istriana. E vorrei ricordare Ivan Matejčić e Vladimir Torbica (ancora prima che diventi assessore alla cultura) che hanno fatto con me i primi passi nel progetto. In breve, il museo è stato solennemente inaugurato nel 2006 dopo due anni di lavori, ma preceduti da una più lunga proceduta burocratica e legislativa con la ralizzazione di piani urbanistici e museali, come anche la lunga desalinizzazione dei monumenti di pietra che erano già ben aggrediti dalla cosiddetta peste della pietra per via dei secoli di esposizione”.
Com’è stato concepito il museo?
“All’inizio questo nuovo edificio è stato concepito come un ‘deposito’ moderno per questa preziosa collezione, dalla quale prende anche il nome, Lapidarium per l’appunto, ma il suo inizio si è immediatamente riallacciato a vere professioni museali, come vari eventi culturali e mostre, creazione di nuove collezioni, sistematizzazione di depositi e archivi, è stata inclusa anche la galleria Rigo, tutto a passo con le tendenze contemporanee della prassi museale. A dire il vero, siccome sono coinvolta dal primo momento nel processo della nascita del primo Museo di Cittanova, volevo mostrare, o meglio dimostrare, che la creatività umana è un processo continuo, a prescindere dai vari periodi storici. Non ho intenzione di attribuire all’arte contemporanea – della quale mi occupo maggiormente – superiorità di qualsiasi tipo su quella del passato. Ma comunque possiamo constatare come l’arte in generale inciti la conoscenza dei metodi di produzione e dei rapporti umani, che creano in tecniche consone a un determinato periodo, e che quindi con una loro nuova applicazione le rende visibili, permettendoci di capire il loro influsso sulla vita quotidiana. È proprio questa la sfida della prassi museale, ‘trovare l’eterno nel passeggero’. Ecco, questo è il riassunto della storia del Lapidario, che è evoluto da una vecchia e preziosa collezione e da un lavoro sincronizzato della comunità, che con la propria opera, sia quella visibile che quella a porte chiuse o in deposito, effettua compiti museali unendo passato e presente per il bene della comunità”.
Qual è il suo messaggio agli amanti dell’arte in questi momenti veramente difficili?
“Siccome sono tornata di recente dalle vacanze, che in un certo senso erano un isolamento volontario meditativo ai piedi dell’Himalaya, attualmente sono in una vera e propria quarantena, e mi attengo a tutte le regole disposte dalle autorità su come comportarci, per uscire al più presto da questa situazione veramente pesante. Sono convinta che ce la faremo, perché il passato non tanto lontano, ha dimostrato che la comunità umana è sempre riuscita a superare catastrofi più o meno gravi. C’è bisogno di solidarietà, tempo e pazienza… e naturalmente pensieri positivi. E infine, imparare come vivere meglio nel mondo, invece di tentare di costruirlo basandoci sul profitto e sottomettendo la natura e le creature viventi. L’arte? Da quando c’è mondo, esiste anche l’arte che, d’accordo o no, è un anti-potere. Non perché è compito dell’artista, smascherare, protestare o richiedere: ogni vera arte è impegnata, a prescindere dalla sua natura o dai fini. Vale la pena pensare che le opere d’arte ci offrono degli scenari eventuali e probabili e che l’arte è uno dei modi di usare il mondo, un’infinita negoziazione di differenti punti di vista. Tocca a noi seguire, accettare e far uscire dalle tenebre questi rapporti che si sono creati in un certo contesto in cui si svolgono. Perché si parla di un attività che crea rapporti con il mondo e che in una forma o nell’altra li materializza nel e con spazio e tempo. Da sempre e per sempre, proprio grazie questo modo di concepire, l’arte va sempre avanti e altrove”.
Esiste in lei un’artista che vorrebbe creare ed esporre le proprie opere, o forse queste già esistono e sono in attesa del momento di vedere la luce e il pubblico?
“Occupandomi di questo lavoro e per il quale sono formata, spesso accade che mi scambino per un’artista. Ma io non so neanche mescolare i colori! Figuriamoci disegnare, dipingere o modellare. Non saprei da dove iniziare se mi trovassi davanti a una tela. Mio marito è un artista. Io sono comunque solo una storica d’arte, curatrice o custode, che segue, analizza, sistematizza e possiede un vocabolario, o se si vuole, capacità scrittorie di articolare i processi all’interno di contesti culturali. Il mio compito è comparare i periodi in cui le opere sono state create con il presente, il momento in cui le guardiamo, leggiamo ed analizziamo, e creare un ‘intersecare polifonico’ sui generis di possibilità fertili di interpretazioni e comprensione. Oggi dobbiamo contemplare l’arte insieme agli artisti, non solo con le loro opere”.

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