Ivo Pogorelić. Pianismo raffinato

Il celebre pianista croato ha tenuto al Teatro Nazionale Croato «Ivan de Zajc» di Fiume due concerti esauriti assieme all'Orchestra sifonica fiumana diretta dal Mº Valentin Egel

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Ivo Pogorelić. Pianismo raffinato
Ivo Pogorelić e Valentin Egel. Foto: Roni Brmalj

Soltanto qualche settimana dopo che, lo scorso dicembre, era stato annunciato che il celebre pianista croato Ivo Pogorelić si sarebbe esibito nel Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume in aprile, le due date previste per le sue esibizioni, quella di venerdì, 19 e sabato 20 aprile scorsi, hanno registrato il tutto esaurito. Questo fatto non sorprende, considerato lo status di leggenda del quale questo artista gode praticamente dall’inizio della sua carriera, cominciata più di quaranta anni fa e decollata inaspettatamente dopo la sua partecipazione alla decima edizione del Concorso pianistico internazionale “Fryderyck Chopin” a Varsavia nel 1980, quando fu eliminato al terzo turno in seguito alla sua interpretazione originale e non ortodossa di Chopin, cosa che indusse una delle giurate, la pianista argentina Martha Argerich, a lasciare la giuria per protesta, definendo il giovane pianista un genio. Questo scandalo suscitò l’interesse del pubblico e lanciò la carriera del giovane Pogorelić, che in poco tempo divenne una superstar della scena musicale mondiale e con il suo atteggiamento da “enfant terrible”, unito alle sue interpretazioni insolite e imprevedibili dei classici della musica colta, conseguì un nutrito seguito di ammiratori, ma anche aspre critiche dai detrattori.

Esecuzioni controverse
Le sue interpretazioni di brani del repertorio classico, da Chopin a Beethoven, da Rachmaninov a Skrjabin, continuano a suscitare aspri confronti e, a giudicare dalle critiche pubblicate negli ultimi vent’anni dalle maggiori testate mondiali, sembrano diventare sempre più discutibili: da sempre portato a sperimentare con nuovi approcci a brani ben noti del repertorio pianistico, Pogorelić pare sempre più incline a eseguire queste pagine scegliendo dei tempi o troppo lenti o troppo veloci laddove la pratica consolidata ha definito diversamente, aggiungendo accenti e pause in punti insoliti e proponendo un fraseggio che si discosta completamente da quello definito dal compositore e dalla pratica pianistica. Anche se possiamo trovarci d’accordo con i critici del pianismo di Pogorelić, in quanto un musicista dovrebbe essere la “voce” del compositore ed esprimere le sue idee attraverso la maestria della sua arte, altrimenti, distorcendo le sue idee non parliamo più di Beethoven, o Chopin, siamo dall’altro lato inclini pure a dare ragione a chi crede che un’interpretazione debba essere fresca e individuale. Pensando al pianismo di Pogorelić, ci viene in mente un pensiero espresso da Oscar Wilde nel suo romanzo “Il ritratto di Dorian Gray”, il quale osserva come la divergenza di opinioni su un’opera d’arte dimostri che questa è nuova, complessa e vitale. “Quando i critici si trovano in disaccordo, l’artista è d’accordo con sé stesso”, osserva Wilde.

Il fattore della fama
Nel caso di Pogorelić, com’è il caso con tutti i grandi nomi, c’è anche il fattore della fama, la quale spesso porta gli ammiratori a chiudere un occhio dinanzi a un eventuale declino della qualità dell’interpretazione, mentre dall’altro lato suscita critiche più feroci e forse troppo severe dai detrattori.
Ma veniamo alla prima serata al Teatro fiumano, dove Ivo Pogorelić si è esibito assieme all’Orchestra sinfonica di Fiume sotto la direzione del Mº Valentin Egel. Il pianista ha l’abitudine di rimanere al pianoforte fino a pochi minuti prima dell’inizio del concerto e così è stato anche alle due serate fiumane. Il pubblico, entrando in sala, ha potuto così vedere Pogorelić suonare il piano con berretto, sciarpa, giacca e mascherina. Veniamo ora al dunque.
In programma si è trovato il Concerto per pianoforte e orchestra n.2 in fa minore, op. 21 di Chopin, che il grande compositore polacco scrisse nel 1829, all’età di soli 19 anni, fra il 1829 e l’inizio del 1830. La composizione fa parte delle opere giovanili dell’autore ed è il primo concerto composto da Chopin anche se reca il n. 2, in quanto pubblicato per secondo rispetto a quello in Mi minore. Fu eseguito per la prima volta il 17 marzo 1830, con il compositore come solista.

Le gradazioni della dinamica
Dal primo all’ultimo movimento, si tratta di un Concerto che contiene tutto ciò che caratterizza la musica di Chopin: melodiosità, profonda espressività, ricchezza del tessuto armonico e di sfumature dinamiche. Tutti questi elementi sono stati portati in primo piano nell’interpretazione di Pogorelić in un’esecuzione cesellata e raffinata, coadiuvata da una straordinaria preparazione tecnica, per la quale è noto fin dagli inizi della sua carriera. Particolarmente incredibile è la gamma delle gradazioni della dinamica del piano che il pianista è capace di produrre controllando il tocco, il che si è potuto notare in particolar modo nel secondo movimento (Larghetto), un vero gioiello del repertorio pianistico, nel quale l’arte di Pogorelić ha avuto la sua massima espressione dando vita a una creazione musicale di rara bellezza e poesia. È stato ammirevole il modo in cui il Mº Egel e l’Orchestra hanno assecondato ogni idea musicale del pianista, lasciando così risuonare anche i pianissimi più impercettibili di Pogorelić. L’esuberante terzo movimento (Allegro vivace), con i suoi passaggi brillanti, ha coronato un’esecuzione curata nei particolari, che nel corso di tutti e tre i movimenti non sembrava superare la dinamica del forte, raramente toccando il fortissimo.
Il pubblico ha premiato il pianista con forti applausi, al che è stato eseguito ancora una volta lo splendido secondo movimento del Concerto.

Pubblico delle grandi occasioni
La platea era occupata in gran parte dal pubblico delle grandi occasioni accorso a Teatro attirato dalla fama di Ivo Pogorelić, ma che non ha l’abitudine di frequentare i concerti, per cui alla fine del primo movimento c’è stato un attimo di imbarazzo quando una parte degli spettatori ha iniziato ad applaudire. Osservando il lato positivo della vicenda, speriamo che ciò che hanno sentito l’altra sera possa indurre gli spettatori che finora non frequentavano i concerti a seguire di più gli appuntamenti di musica colta organizzati in città.
Nella seconda parte della serata l’Orchestra sinfonica di Fiume ha proposto la celeberrima Sinfonia n. 3 in Mi bemolle maggiore, op. 55 “Eroica” di Ludwig van Beethoven, composta fra il 1802 e il 1804. Fu eseguita privatamente per la prima volta il 9 giugno 1804 e pubblicamente il 7 aprile 1805 sotto la direzione del compositore. Stando al parere unanime di critici e musicologi, questa composizione riveste un ruolo decisivo non solo nella storia della sinfonia stessa, in quanto stravolge i paradigmi fondamentali di questa forma strumentale con movimenti di lunghezza fino a quel momento inedita, ma anche nell’intera storia della musica, dal momento che getta le prime basi di transizione tra il classicismo e il romanticismo, segnando inoltre l’inizio del periodo eroico/centrale della produzione di Beethoven. È noto che la sinfonia fu inizialmente scritta per Napoleone. Beethoven gli indirizzò una dedica sul frontespizio dell’opera, che in seguito strappò in un impeto di sdegno dopo l’incoronazione di Napoleone a imperatore. La sinfonia venne quindi definitivamente intitolata (in italiano) “Sinfonia Eroica composta per festeggiare il sovvenire di un grand’uomo” e Beethoven la dedicò al principe Lobkowicz, un aristocratico boemo appassionato di musica e buon violinista dilettante, che ospitò nel proprio palazzo la prima esecuzione.

Un’esecuzione vigorosa
L’Orchestra ha regalato al pubblico un’esecuzione vigorosa del primo movimento (Allegro con brio), in cui le varie sezioni dell’organico, sotto la direzione suggestiva del Mº Egel, hanno concorso a far emergere l’ottimismo esuberante di queste pagine. Lo struggente secondo movimento, Marcia funebre: Adagio assai, è stato eseguito dall’Orchestra con particolare cura dei dettagli, soprattutto nella costruzione dei “crescendo” e della tensione che cresce e diminuisce nel corso del brano, creando un insieme di grande potenza espressiva.
Dopo la cupa e dolorosa atmosfera della Marcia, la luce ritorna nello Scherzo: Allegro vivace, con i suoi veloci passaggi e l’atmosfera briosa, alla quale fa seguito il Finale: Allegro molto, nel quale emerge l’essenza dello spirito beethoveniano, sempre fiducioso nell’elevatezza delle aspirazioni dell’umanità. L’Orchestra ha eseguito queste nobili pagine con slancio e partecipazione. Il pubblico ha premiato con copiosi applausi i valenti musicisti.

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