Il coraggio che si oppone alla vulnerabilità

Dopo Zagabria, grazie all’organizzazione e promozione del Consolato Generale d’Italia a Fiume, è stato presentato nel capoluogo quarnerino lo spettacolo «L’ultima estate. Falcone e Borsellino 30 anni dopo» del Teatro Metastasio di Prato

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Il coraggio che si oppone alla vulnerabilità
La regista Chiara Callegari ha voluto raccontare il bisogno della società di non cedere di fronte al male. Foto: RONI BRMALJ

Nemmeno trent’anni sono sufficienti per cancellare dalla memoria delle persone le stragi che nell’arco di due mesi misero in risalto la fragilità della giustizia nei confronti della criminalità organizzata. Raccontare, al giorno d’oggi, la storia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non solamente significa rendere omaggio al coraggio e alla colossale impresa dei due magistrati, bensì rappresenta un monito a non abbassare mai la guardia, a non cedere di fronte al male. Mettendo in scena gli sforzi dei due giudici antimafia portati avanti nonostante i timori che li oppressero fino agli ultimi mesi di vita, lo spettacolo “L’ultima estate. Falcone e Borsellino 30 anni dopo” del Teatro Metastasio di Prato, ospitato l’altra sera alla Casa croata di Cultura (HKD) di Fiume, riporta alla luce la scottante necessità di una vera fiducia nella possibilità di una società civile e di un senso di responsabilità condiviso dai membri che ne fanno parte.

Evitare un’immagine idealizzata
La messinscena diretta da Chiara Callegari, che vede in scena Simone Luglio e Giovanni Santangelo nei panni di Falcone e Borsellino, parte da un’idea ben definita e sicuramente degna di lode: rappresentare, in forma teatrale, le paure e le incertezze dei due protagonisti evitandone un’immagine idealizzata, ma senza sminuire la grandezza della loro battaglia. Interpretare il lato umano e vulnerabile dei magistrati resistendo all’inevitabile sensazione di inferiorità che si ha di fronte alla determinatezza con cui portarono avanti la lotta per la giustizia. Il tutto al fine di presentare allo spettatore contemporaneo un’immagine in cui riconoscersi, in cui ritrovare anche solo una piccola parte di un proprio personale senso di giustizia e la necessaria forza per difenderlo. Un obiettivo ambizioso e per niente facile da raggiungere, che indubbiamente distingue “L’ultima estate” da tante altre messinscene incentrate sulle tragiche sorti dei due magistrati. Ed è così che il Falcone e il Borsellino che ci vengono offerti dalla recitazione di Simone Luglio e Giovanni Santangelo diventano due figure la cui forza sembra provenire proprio dalla loro vulnerabilità – e, al contempo, nonostante a essa.

Un’ambientazione angusta
In questo senso, la drammaturgia firmata da Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana, mira a indagare i lati nascosti e i retroscena intimi delle vicende raccontate. Un intento, questo, certamente realizzato. A livello scenico, infatti, l’umanità e l’identità intima dei personaggi viene riflessa dall’angustia dell’ambientazione. Esattamente come i due magistrati segregati sull’isola dell’Asinara, anche le loro paure, tipicamente umane, sono nascoste all’occhio pubblico. Tuttavia, l’aspetto drammaturgico della messinscena non riesce a raggiungere un altro scopo prestabilito dall’ensemble, ovvero quello di offrire un’immagine del rapporto di amicizia instauratosi tra i due. La breve durata dello spettacolo (intorno ai sessanta minuti) fa sì che alcuni degli aspetti chiave della messinscena vengano solamente accennati, se non del tutto trascurati. Tra questi, appunto, il legame fra i due magistrati. Avremmo voluto, infatti, un approfondimento più concreto, più marcato, più personale, della loro interazione, una prova innegabile, tangibile e non scontata del loro rapporto di amicizia, che invece affiora tra le righe solo sporadicamente. Un’immagine più complessa, più stratificata, della relazione tra i due protagonisti avrebbe contribuito all’immedesimazione, da parte del pubblico, nel lato umano dei personaggi.

Buone interpretazioni attoriali
La schematicità della regia di Chiara Callegari, unita a un impianto scenografico ridotto all’essenziale e al funzionale – a firmare le scene e i costumi è Simone Luglio –, si presenta come una struttura rigida e inamovibile, ma pronta ad accogliere l’inaspettato. In altre parole, le scelte registiche di Callegari rispondono allo stesso principio drammaturgico che vuole in scena un’immagine diversa dei due magistrati, lontana da una qualsiasi idealizzazione delle loro personalità. Esattamente come i personaggi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che vengono rappresentati in una nuova luce, con le loro incertezze e debolezze, anche la regia di Callegari evita di porre l’accento su un qualsiasi aspetto della messinscena che non riguarda nello specifico l’interazione tra i protagonisti o i loro momenti di autoriflessione. Tutto sommato, lo spettacolo dimostra di possedere tutti i presupposti per offrire al pubblico un’esperienza memorabile, per lasciare un segno sullo spettatore e stuzzicarne il senso di responsabilità. Al contempo, purtroppo, è innegabile un senso d’inappagamento di fronte a tanti degli aspetti che avvicinano le magnifiche e leggendarie figure di Falcone e Borsellino al cittadino comune. Aspetti che, siamo sicuri, si sarebbero inseriti perfettamente nell’interpretazione attoriale di Luglio e Santangelo, entrambi dotati di buone capacità recitative e di una forte presenza scenica. Grazie all’organizzazione e la promozione del Consolato Generale d’Italia a Fiume, dopo la replica fiumana lo spettacolo è stato ieri ospite del Teatro “Antonio Coslovich” di Umago.

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