El pan più bon xe quel dell’Istria

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El pan più bon xe quel dell’Istria

VISINADA | Le presentazioni del libro “El Pan de l’Istria. El pan più bon xe quel de casa”, di Roberto Stanich, tenutesi nelle CI di Pirano e Momiano, hanno scaturito interesse tra i soci degli altri sodalizi, tanto che anche quello visinadese ha ospitato nei giorni scorsi con grande piacere l’autore e il suo “capolavoro”, così definito dai connazionali istriani, riscuotendo ampio consenso da parte del pubblico presente in sala. Stanich, grande scrittore di racconti in dialetto istroveneto, oltre al famoso “El pan de l’Istria”, edito da Lampi nel 2015, ha scritto altre bellissime opere come “L’Imprinting dell’Istria”, “La vita xe ancora bela”, “Mr. Merlo De Graia” e “El roplan dei sogni”, che per l’occasione ha portato con sé e il pubblico ha avuto modo di sfogliare o di riceverne una copia. “El neverin” è stata la sua ultima opera letteraria. Sorta nel 2017, è stata scritta in un momento particolare della sua vita in cui Stanich non stava bene di salute. Di quel periodo ha raccontato: “El neverin xe quele robe che te capita, quel fenomeno dela natura e che anche nela vita te pol capitar da un momento al altro. E xe tanti modi de superarlo, xe quei che pianzi, quei che prega, quei che se meti al riparo, quei che combati, sperando che passi presto senza far troppi dani”. “El pan de mia nona in Istria” è il racconto bellissimo e nostalgico posto in apertura al volume e interamente dedicato alle tradizioni, profumi, odori e sapori che collegano l’autore alla sua terra, e che hanno accompagnato la sua infanzia, in quanto nel periodo dell’esodo si era trasferito in Italia con tutta la sua famiglia. Nativo di Pola, oggi vive a Milano. Nel corso della presentazione a Visinada, l’autore si è soffermato su due racconti in particolare, “El bacalà de Nadal” e “El confin”.

“EI pan bianco iera una roba che me sognavo de note, spetavo de andar dei noni in paese per magnar quel pan bon che fasseva la nona col frumento che i gaveva in campagna. Mia nona la fasseva el pan una volta ala setimana. De matina presto, la tirava fora la tavola del pan e la scominsiava a tamisar la farina. La farina la vigniva zo’ sula tavola come neve bianca e la semola la restava in tel tamiso. Dopo con la semola se fasseva paston per darghe ale galine e anche al porco. Quando che la nona gaveva tamisà tuta la farina, la la inpastava con l’acqua e col lievito e la scominsiava a lavorar la pasta. Iera una bela fadiga perché la pasta bisognava ‘domarla’, farla diventar bela tenera, ubidiente”, ha ricordato Stanich nel suo primo racconto, per poi aggiungere: “L’era come una lota, con le sue forti mani la nona la la tirava in lungo e in largo, la la rimeteva insieme, la fasseva come una bala, la ghe dava pugni e la la rodolava, la la plasmava, la la carezzava con la man infarinada. La pasta la resisteva, la pareva una roba viva che se ribeli, la fasseva dele bole, dei sbuffi de aria ma, ala fine, la doveva arenderse ala forza dela nona, la diventava tenera, morbida, plasmabile, la iera ‘domada’. Alora la nona la la coverseva con una coverta vecia, per tignirla in caldo e farla lievitar. Per mi veder ‘sta pasta che se gonfiava, che cresseva de volume quasi a vista de ocio iera come una magia”. Questa soltanto una piccola parte dei racconti sul pane che risvegliano emozioni da tempo dimenticate e riportano nell’antico mondo istriano.

Armonia e accordatura eccezionali

A fare gli onori di casa e ad accogliere il pubblico e l’autore, sono stati la presidente della CI ospitante, Neda Šainčić Pilato, il vicesindaco di Visinada, Oliver Arman e lo storico e critico d’arte, Marino Baldini, il quale ha illustrato il ruolo del pane nell’arte: “Quando si tratta di un dialetto, come quello istroveneto, si può, si riesce a riprodurre il profumo e il sapore del pane istriano di un tempo in quanto ha un’armonia e accordatura eccezionali, che non sono sintetici, come ad esempio le lingue standard che sono state accordate con delle convenzioni. Quando per millenni, per secoli un dialetto si sviluppa, ha un’autenticità, una musicalità, una poeticità come tutti i più grandi lavori, oggetti della cultura. Per questo i racconti hanno qualcosa di autentico, di veritiero. È una grande soddisfazione per noi avere conosciuto tutte queste storie sui cibi semplici di un tempo, che Stanich maestosamente racconta in dialetto”. In merito a ciò, l’autore ha detto: “È possibile far percepire il profumo del pane ai lettori se chi legge ha vissuto la stessa emozione, in quanto uno che non ha mai mangiato del pane o ha mangiato solo quello fatto in negozio, non apprezza. Chi invece, ha gustato il pane fatto in casa, gli ricorda le persone, i posti e la casa in cui è nato. Anche dopo settant’anni vedo gente che vive nelle grandi città e pur comprando il pane esclusivamente in negozio, si ricorda di quello fatto in casa, di quell’odore, di quel gusto molto più buono. Nel mio racconto sul baccalà, parlo della vigilia di Natale, ma in effetti in tutti i miei racconti parlo di tradizioni e delle usanze istriane in tutti i frangenti della vita”.
Quella a Visinada è stata una serata molto piacevole, inaugurata con i canti del coro misto “Armonia” operante presso il sodalizio locale, che, diretto dal maestro Davide Circota, ha proposto Syahamba e Sul ponte di Bassano. L’evento si è concluso con un momento conviviale, nel quale, come nel volume di Stanich, il pane è stato l’unico protagonista. Tanti tipi di pane preparato dalle connazionali visinadesi, accompagnato da rinomati vini locali e gustosi prodotti autoctoni.

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