“Ti rivolsi un sorriso, ma ciò non ti diede il diritto di violentarmi”. “Ieri mi hai picchiato a morte. Oggi mi hai portato fiori… in cimitero”. “Basta violenza sulle donne”: sono soltanto pochi dei tanti slogan pronunciati ieri in piazza Foro, lungo via Sergia e fino in piazza Port’Aurea dai performer che hanno partecipato al corteo collettivo di protesta contro la violenza in famiglia e sulle donne. Messaggi toccanti e utili per riflettere sulla Giornata nazionale contro gli abusi e i femminicidi che ricorre il 22 settembre, e per dire basta al triste fenomeno che vede morire sempre più donne in Croazia. A Pola è ormai volontà di riconfermare la tradizione dei recital e dei moniti in costume nero e maschera bianca, e di liberare nell’aria i palloncini neri, simbolo di lutto, per conferire giusta drammaticità al fenomeno della violenza e alla necessità di combatterla.
Rabbia e disapprovazione
Rappresentanti della Casa rifugio per donne maltrattate e altre associazioni impegnate nella loro protezione, numerosi studenti e cittadini hanno sfilato nel centro di Pola con l’obiettivo di dire basta ai soprusi e richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’argomento della violenza perpetrata a danno di numerose donne indifese. Tra i manifestanti, hanno fatto soltanto atto di presenza il presidente della Regione, Boris Miletić, il sindaco Filip Zoričić e rispettivi collaboratori, autorità della Questura istriana e altre unità di pronto intervento che hanno assistito in silenzio a questo simbolico riversamento di rabbia e disapprovazione in strada, per non dire frustrazione generata da una realtà troppo spesso costituita da mancati equilibri nei rapporti tra donne e uomini, mancata efficacia contro i violenti sul piano normativo e tanta scarsità di risorse da investire nella prevenzione.
Numeri preoccupanti
Jadranka Černjul, coordinatrice della Casa rifugio, ha rifatto presente che in ricordo delle tre donne uccise al Tribunale di Zagabria durante la pratica di divorzio del 22 settembre 1999, la Repubblica di Croazia ha proclamato la Giornata nazionale della lotta alla violenza contro le donne. “Oggi – ha però detto – dopo 24 anni siamo purtroppo testimoni di un’escalation della violenza in famiglia, e di omicidi orripilanti commessi da persone vicine alle vittime, quali mariti, ex mariti, partner, figli e nipoti. Preoccupa il solo fatto che il nostro Paese detenga una vergognosa medaglia di bronzo, quale terza in classifica per quantità di femminicidi. Parliamo di 400 donne uccise negli ultimi 20 anni. Altrimenti detto di 20 femminicidi all’anno di donne che purtroppo non sono riuscite a trovare il coraggio e la determinazione di abbandonare il proprio boia. In Istria, la media del crimine, è una donna all’anno. In tutto 22 negli ultimi 20 anni”.
Applauso all’UE
La medesima statistica dell’orrore rivela che l’anno scorso in Croazia sono state uccise 13 donne nell’arco di soli 7 mesi. Quest’anno “soltanto” quattro, almeno finora. Nessuna in Istria. D’altra parte, però, sono cresciuti i casi nei nuclei famigliari: 362 in soli 8 mesi. Per la Regione, ciò rappresenta una preoccupante crescita del 9 per cento rispetto all’anno passato. “La Casa rifugio e le associazioni che vogliono tutelare le donne, i bambini e le vittime della violenza in famiglia – così Jadranka Černjul – dicono basta e gridano: Non una di meno!” Ma di chi è la responsabilità? A parte la mentalità ancestrale e atavica, ieri il dito è stato puntato in direzione dello Stato. Applauso, invece all’Europa, nello specifico al Consiglio UE, che ha esercitato pressione sul governo croato, che finalmente si è deciso d’inserire il femminicidio nella categoria dei “delitti gravi”: minimo di 10 anni di reclusione o lunga pena carceraria. Benvenuto rivolto alle nuove norme di legge tese ad assicurare una migliore tutela delle donne, vittime della violenza in famiglia, quali le modifiche alla legge sui tribunali nei quali si introduce la specializzazione professionale per le pratiche riguardanti la violenza entro i muri di casa. Come specificato, una novità è rappresentata dall’introduzione del carcere istruttorio per coloro che infrangono le misure di sicurezza, nonché l’obbligo di preavviso della vittima o potenziale vittima, circa l’avvenuta scarcerazione del soggetto pericoloso.
Servono punizioni severe
“La modifica di più leggi a favore di una punizione più severa dei violenti e – come concluso da Jadranka Černjul – una maggiore protezione delle vittime, nonché una maggiore efficacia nella prevenzione di questo fenomeno sociale, non devono rimanere lettera morta sulla carta, bensì incontrare una reale applicazione nella vita quotidiana. Soltanto allora potremmo dire che la nostra voce di appello e protesta avrà raggiunto le orecchie chi di dovere”. È un fatto risaputo che la Casa rifugio istriana insiste ormai da decenni sull’importanza della prevenzione ed ogni anno organizza laboratori alle elementari e alle medie-superiori sul tema della violenza tra le coppie giovanili insegnando che la violenza, inclusa quella in famiglia, non è un problema privato bensì sociale. Si è ribadito che finora la politica di persecuzione penale, troppo blanda nei confronti dei violenti, lo abbia eccome aggravato. Le sentenze di pena detentiva senza il beneficio della condizionale, per i casi di violenza familiare si sono assestati al di sotto del 10 per cento, il che avrebbe contribuito alla crescita del numero delle vittime, ma anche della sfiducia cronica nei confronti del sistema giudiziario. A scanso di pronostici neri per il periodo autunno-inverno 2023/24, si lancia quindi un appello ai cittadini a fare leva sulla propria coscienza, per segnalare alla polizia (al numero 192) o alla Casa sicura (tel.500-148), qualsiasi sospetto di violenza in famiglia. Una donna potrebbe essere salvata dalla morte o dall’inferno familiare.
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