Donne. Fermo NO ai maltrattamenti

A Fiume tavola rotonda volta a individuare soluzioni per un fenomeno che non tende a scemare. Si è parlato delle modalità di tutela nei casi di violenza domestica

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Donne. Fermo NO ai maltrattamenti
La tavola rotonda tenutasi ieri nel Centro per la prevenzione di via Dolac. Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Il 25 novembre si celebra la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne da un’idea dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 17 dicembre 1999. Con questa ricorrenza l’ONU si è posta come obiettivo sensibilizzare l’opinione pubblica a livello internazionale su quest’argomento cercando di dare un supporto concreto a tutte le donne e/o bambine colpite da atti di violenza psicologica o fisica. In Croazia la giornata viene celebrata dal 2004 in ricordo delle tre donne uccise al lavoro presso il Tribunale comunale di Zagabria nel 2004.

Ingrid Mavrić.
Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Tra le numerose iniziative svoltesi ieri anche a Fiume (come in altre città croate), c’è stata un’interessante tavola rotonda sul tema “Cosa ci dicono i numeri sulla violenza in famiglia?”. L’evento si è tenuto negli ambienti del Centro informativo per la prevenzione della criminalità in via Dolac. All’incontro hanno preso parte i rappresentanti dell’Istituto nazionale per il lavoro sociale di Fiume, del Centro famiglia di Fiume, del reparto per il supporto alle vittime e ai testimoni del Tribunale regionale, del Centro Tić, della Facoltà di giurisprudenza, alla presenza del difensore civico per i minori. Ha partecipato anche Karla Mušković, capodipartimento cittadino per la sanità e la previdenza sociale.
I casi di violenza di ogni tipo, da quelli familiari a quelli tra coetanei, è in costante aumento. Quello che più preoccupa, come affermato da Ingrid Mavrić del Reparto per la prevenzione della Questura litoraneo-montana, è la violenza in Rete e sui social, che si sta espandendo molto velocemente e provocando grossi danni e disagi alle vittime di questo tipo di bullismo. “Parlando di violenza in famiglia, notiamo che rispetto al 2022, dove ci sono state 78 denunce classificate come atti criminali, nel 2023 il loro numero è salito a 109. D’altra parte, abbiamo un lieve calo, da 264 a 262, delle violazioni della Legge sulla tutela da violenze in famiglia. Che cosa significa tutto ciò? Anche se a primo impatto potrebbe sembrare un dato negativo, in realtà non lo è. Infatti, negli ultimi anni ci sono stati vari aggiornamenti professionali dedicati agli agenti di Polizia per quanto riguarda la tutela delle vittime, che permette loro di classificare le denunce come atti criminali e non solo come violazioni, il tutto in armonia con la nuova Legge che dovrebbe entrare in vigore all’inizio del 2024 e che ha come obiettivo tutelare le vittime e ridurre i casi di violenza. Quando parliamo di violenza domestica prendiamo in considerazione tutti i tipi di violenza, da quella fisica a quella verbale e psichica. Lo scopo di quest’incontro è lanciare un messaggio chiaro: tolleranza zero nei confronti di qualsiasi tipo di maltrattamenti”, ha sottolineato Mavrić. L’Associazione per la tutela della famiglia Uzor, la cui presidente Paula Bogović ha preso parte alla tavola rotonda, è stata fondata nel 2007 e tutti i servizi forniti sono gratuiti. Abbiamo voluto sentire qual è la situazione in Regione e come vengono tutelate le vittime. “I progetti più importanti realizzati dalla nostra associazione, sono il rifugio e il consultorio per le donne e i bambini vittime di violenza in famiglia, l’attività con i giovani che hanno problemi con la giustizia, nonché la terapia psicosociale per gli aggressori, ovvero gli autori di atti violenti. Siamo una delle organizzazione che vengono interpellate per prime dalle vittime. Vediamo, purtroppo, che il numero delle donne che ci contattano è in aumento. Alcune di queste hanno già denunciato la violenza, altre invece vengono prima da noi a chiedere consiglio. Quello che vorrei sottolineare è che tutti noi che siamo parte di questo sistema dobbiamo offrire il massimo supporto nella protezione delle vittime perché purtroppo vediamo che le donne che decidono di denunciare la violenza, spesso attraversano dei momenti molto brutti dove quello che dicono viene messo in dubbio. La cosa più importante è credere, credere fermamente a quello che le donne raccontano, dare loro il massimo supporto e trovare delle soluzioni”, ha spiegato Bogović.

Paula Bogović.
Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Quante donne vi hanno contattato dall’inizio di quest’anno?
“In media abbiamo circa 200 donne che ci contattano all’anno e che hanno poi bisogno di supporto psicologico o giuridico o che devono venir trasferite nella Casa sicura assieme ai loro bambini, che hanno altrettanto bisogno di supporto. Il nostro compito è farle allontanare dal loro nucleo domestico, tutelarle e aiutarle a comunicare con gli altri settori inclusi nell’intero iter e che devono venir contattati a rigor di legge, tra i quali la Polizia, il Centro per la previdenza sociale e altri”.

In che percentuale le donne riescono veramente a uscire dal loro inferno e quante invece tornano dal loro carnefice?
“I dati a proposito sono molteplici. Dal punto di vista dell’UZOR, posso dire che circa l’85 p.c. delle donne che erano sistemate nel nostro rifugio, sono riuscite a diventare autonome e ad abbandonare la loro casa, grazie a tutto il supporto offerto. Penso che sia la percentuale maggiore in assoluto rispetto alle altre Regioni che offrono un rifugio sicuro. Inoltre, dallo scorso anno abbiamo anche il progetto che supporta il pagamento dell’affitto dell’alloggio per i primi 6 mesi. Questo è un fattore molto importante perché spesso le donne decidono di tornare da chi le maltratta, perché non hanno possibilità finanziarie per vivere da sole con i loro bambini e arrivare a fine mese”, ha concluso la nostra interlocutrice.

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