Pola. A giudicare dall’offerta in piazza è già Quaresima

Una passeggiata al Mercato ortofrutticolo cittadino a febbraio inoltrato tra cavoli, rape e poc’altro

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Pola. A giudicare dall’offerta in piazza è già Quaresima
La pescheria è (quasi) deserta. Foto: DARIA DEGHENGHI

Se non fosse per le mimose, piazza del Popolo in febbraio sarebbe il volto della tristezza. Una bancarella su cinque lavora, quattro sono chiuse e in attesa di tempi migliori, che nel caso nostro si fanno attendere almeno fino a Pasqua. Febbraio è veramente uno dei mesi più tristi dell’anno: lo dice anche la terra, che porta in tavola solo cavoli e rape, a parte qualche ciuffo di radicchio rosso, d’indivia e di bietole. Già gli spinaci sono un lusso fugace che appare e scompare come le meteore, a intervalli più o meno regolari, ma senza la certezza della prevedibilità assoluta. Quindi non ci resta che fare provvista di cavoli e rape. Un altro motivo per cui i clienti d’un tempo disertano piazza del Popolo è il parcheggio inaccessibile, caro o lontano (una delle due ragioni vale l’altra), tanto è vero che un’ortolana è pronta ad esclamare: “Chi ha voglia di parcheggiare al Rojc e fare il resto della strada a piedi?”. Mah. La verità è che è difficile competere contro la supremazia dei centri commerciali. I prezzi sono generalmente inferiori nei supermercati, anche per la frutta e figurarsi per le verdure. L’unica differenza è la freschezza e la qualità della merce, ma questo è un altro paio di maniche. La comodità di trovare tutto l’occorrente sotto lo stesso tetto, parcheggio compreso, sconti e vantaggi vari assicurati, è un fattore d’attrazione contro cui è quasi impossibile misurarsi. Senza contare che al mercato si compra solo al mattino e in negozio praticamente sempre, eccezion fatta (da poco) la domenica.
Niente di più normale che vedere le bancarelle deserte, in febbraio. L’offerta? Scarsa e tipicamente invernale. Il radicchio rosso nelle varietà commerciali più richieste (Gorizia e Verona) costa dai 5 ai 10 euro al chilogrammo ed è l’ortaggio più caro in assoluto della stagione. Tutto il resto è più conveniente: le patate costano un euro e mezzo, la cipolla, il cavolo cappuccio e la verza due euro, bietole, barbabietole, porri, carote e broccoli vengono tre euro al chilogrammo, esattamente come il cavolfiore, il ravanello nero. Quattro euro è il prezzo delle coste di sedano, dell’orzo delle lenticchie e dei semi di sesamo, i fagioli costano dai 4,65 ai 6,5 euro a seconda della varietà, fermo restando il costo minore per i borlotti e quello maggiore per i cannellini. I ceci secchi vengono 4,65, mentre sedano e cavolo rapa, indispensabili nei brodi di carne e nelle zuppe di verdure, vengono cinque euro il chilogrammo. Le mele costano da due a due euro e mezzo, le melagrane quattro euro, come l’uva nera della varietà Vranac tipica dei vigneti montenegrini e macedoni, i mandarini costano 1,80, le clementine tre euro.
E la pescheria? Più deserta ancora dello stesso mercato ortofrutticolo, complice il fermo pesca per il pesce azzurro, le mareggiate, il maltempo, le vacanze, insomma, è proprio una tristezza. Tuttavia qualche pesciolino è possibile rimediarlo anche in questa stagione di vacche magre: ieri mattina abbiamo trovato delle occhiate a 3 euro niente male, qualche bel pezzo di salpa e naturalmente delle orate selvatiche a 5, 8 e 10 euro al chilogrammo, branzini e orate di allevamento a 10, una discreta quantità di saraghi pizzuti a 12 euro, dei gronghi a partire dai 10 ai 13 euro, seppie a 13, e infine gamberi e calamari a 20 euro. Se poi il cielo è tetro e ci deprime più del solito, un ramoscello di mimosa precoce in fiore può fare la differenza, sempre che si possano sottrarre quattro euro dal bilancio di casa riservato per il pranzo e la cena. Caspita! Non sono pochi quattro euro. Complimenti alla mimosa, bellissima, ma con quattro euro si mangia.

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