Le linee guida per una città green

Nel documento vengono indicate anche una pianificazione e una gestione qualitativa dello sviluppo dell’infrastruttura, l’economia circolare, il recupero di edifici, l’efficienza energetica e l’adattamento ai cambiamenti climatici

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Le linee guida per una città green
Tra le idee anche la costruzione di un corridoio-passeggiata all’interno dello stabilimento di Scoglio Olivi. Foto: Srecko Niketic/PIXSELL

Dopo meno di una settimana dalla sua ultima seduta torna a riunirsi il Consiglio cittadino (appuntamento domani, 11 ottobre), con un mini ordine del giorno nel quale spicca come argomento tematico la Strategia urbana verde per Pola dal 2023 fino al 2030. Quello che i consiglieri si troveranno davanti sarà un vero e proprio “libro” da 163 pagine, zeppe di preamboli e analisi introduttive che, poi entrano nel nesso delle trasformazioni green pianificate per Pola al fine di renderla più salubre. Non si parla in termini di riduzione delle superfici asfaltate, ma di criteri e linee guida per aumentare la presenza del verde all’interno della città, fino ad adottare la creazione di arredi urbani verdi e zone silvestri cittadine come riferimento strutturale e funzionale del verde urbano. Nel contesto di sviluppo di questa strategia risultano inseriti oltre a una pianificazione e una gestione qualitativa dello sviluppo dell’infrastruttura verde, anche quello dell’economia circolare, il recupero di edifici e strutture integrate nel tessuto urbano, l’efficienza energetica, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la prevenzione dei rischi che ne derivano. Qui sono intesi l’ampliamento dei lembi di vegetazione e una loro maggiore integrazione con il tessuto urbano nonché la riqualifica delle zone e delle strutture architettoniche cittadine non utilizzate. La curiosità che tali propositi suscitano è insita nelle tabelle offerte con allegati i costi approssimativi di tutta una serie di pianificazioni che potrebbero trovare ampia applicazione con il supporto di fondi UE.

Castion come il Central park
Uno dei primi capitoli che illustrano la faccenda in termini più concreti parla di parchi cittadini centrali, per la prima volta al plurale. L’idea della trasformazione di Pragrande in piccolo Central Park, non è nuova al pubblico, anche perché già provvista di progetto di massima, però quella di organizzare il parco cittadino centrale di Castion (con una spesa di circa 1,2 milioni di euro), lo è sicuramente. L’inizio della sua creazione viene prevista per il venturo 2024. Da nessuna parte risulta specificata la sua esatta ubicazione, ma dalla denominazione si lascia dedurre che si potrebbe includere l’area che si ricollega a quella del Centro regionale di smaltimento rifiuti, tanto più che l’intenzione è quella di creare un collante tra “città e retrovia”. Ecco qui posto in risalto che “un’ambiente ben curato contribuisce alla salvaguardia della salute dei cittadini, dei turisti e di tutti i visitatori della città, al contenimento dei cambiamenti climatici e alla tutela della biodiversità…” ecc. ecc. Il Parco di Castion sottointende la creazione di un’ambiente verde, la messa a dimora di alberi, la collocazione di elementi decorativi, l’allestimento di ambienti per lo sport e la ricreazione all’aperto e il soggiorno in natura. Tutto questo, probabilmente nelle immediate vicinanze della zona smaltimento che esala cattivi odori in grado di raggiungere e infestare anche l’aria di Pomer. Un ottimismo forzato potrebbe indurre a credere che fino alla nascita di Parco Castion, sarà risolto il problema “fetore”, altrimenti i discorsi della salubrità potrebbero ridursi a una sonora presa per i fondelli nei confronti dei cittadini.

L’edificio della Facoltà di Filosofia.
Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

Le fortezze abbandonate
Dentro a una lista di ipotetici conti senza l’oste (leggi interventi di recupero per aree e strutture di competenza statale o privata), si trova persino la valorizzazione dell’edificio della Facoltà di Filosofia, patrimonio d’arte secessionistica, che sta andando letteralmente a catafascio, quindi il recupero energetico dell’edificio della Biblioteca universitaria, la ristrutturazione della storica specola, vale a dire l’Osservatorio, unica struttura superstite del grande Istituto idrografico austroungarico sul Colle di Monte Zaro, poi la rivitalizzazione della fortezza sul Colle di San Michele. La medesima è l’unica presenza da rudere, finito circondato dai nuovi, moderni edifici del campus studentesco, mentre i pii desideri dell’Università sono quelli di attivarlo quale spazio culturale-espositivo in funzione degli studenti. Quando la carta si lascia scrivere, viene iscritta persino la rinascita della struttura militare, sempre di eredità della K.u.K., sull’Isola di Sant’Andrea, ossia nientemeno che la fortezza dell’imperatore Francesco (Fort Kaiser Franz). Viene valutato che 3,7 milioni di euro, dovrebbero bastare al fine di ottenere un ambiente adatto ad ospitare programmi d’intrattenimento, seminari e contenuti da offerta turistica. Lo start per fare tutto questo viene “previsto” nel 2022, già dimenticato, mentre l’opera finita viene calendarizzata nel 2028… Periodo non sufficiente manco a disboscare i rovi che hanno inghiottito le mura e gli androni ubicati al centro dell’ormai trasandato isolotto portuale. Piccolo particolare: buona parte è ancora invasa dei resti mastodontici delle lamiere di Scoglio Olivi, qui abbandonati a mo’ di magazzino in natura per secoli e seculorum. Questo progetto urbano, si associa come impresa di Ercole, anche a quello di creare il corridoio-passeggiata lungo le rotaie portuali fino dentro e attraverso l’area del Cantiere Uljanik, un mondo industriale decaduto, tutto da sbaraccare. In detto caso si parla di un’enorme area industriale, purtroppo in buona parte dismessa, che come tale ha creato un vuoto urbano moltremodo problematico.

La fortezza sull’isola di Sant’Andrea.
Foto: Srecko Niketic/PIXSELL

Gli intereventi fattibili
Non è indispensabile essere ingegneri del recupero per capire i costi che comportano le questioni di sicurezza, di degrado sociale e ambientale. Investire in una riqualifica significa trasformare un problema in un punto di forza, restituire al territorio nuovi spazi di valore e qua manco si osa ventilare un preventivo. Ammesso che la Città riesca mai a penetrare dentro a questo feudo delle costruzioni navali, ecco l’accozzaglia dei materiali da risulta, i capannoni abbandonati dai vetri infranti e pieni di ferro ruggine, le strade ormai bucate a rischio di rompicollo, la produzione “sopravvissuta” che difficilmente potrebbe convivere con la liberalizzazione del percorso oltre alle mura storiche dell’Arsenale, e tutto con il rischio di offrire dimora notturna per tossicodipendenti come capitato (e che capita ancora) alle strutture dismesse dell’Ospedale Santorio Santorio. E per di qua che, stando alle ultime dichiarazioni uscite dal Palazzo municipale di Pola, si vorrebbero far passare anche le bici… L’elenco delle cose non fattibili prosegue con altre fattibili o quasi o in fase di decollo: un bosco urbano da 120 alberi da inserire tra Castagner e Monvidal (il piano è in cassetto); il tetto del Centro multimediale Rojc, tappezzato di giardini pensili, il suo circondario dotato di parco; le fermate per gli autobus in versione verdeggiante, il recupero dei Giardini per un futuro da traffico zero (progetto di massima pronto), ancora un orto urbano in zona Monteparadiso, tanti fusti e viali alberati nuovi e altri propositi green.

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