«Aurelio Visalli». Coraggio e senso del dovere

I soci di alcune CI in visita alla nave della Guardia Costiera italiana

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«Aurelio Visalli». Coraggio e senso del dovere
Vittorio Mura illustra le peculiarità nell’unità navale “Andrea Visalli”. Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

“ANIMO ANIMO VITAM MARI DEDIT”: si legge dalla nave che opera “con il coraggio di chi dedica la vita al mare”, forte di questo motto ufficiale conferito all’Unità, per esprimere, con l’autorevolezza della lingua latina, il senso d’orgogliosa appartenenza al Corpo, della Guardia Costiera italiana. Basta questa scritta per comprendere che l’imbarcazione attraccata su molo Fiume, davanti all’Arena di Pola non è eguagliabile, né paragonabile ad alcun altra di quelle infinite che ebbero ormeggiato su queste storiche banchine portuali. L’“Aurelio Visalli”, terza di una classe di unità navali denominata “Angeli del mare”, varata a Messina soltanto sei mesi fa, reca il nome dell’eroe del Corpo che perse la vita durante il servizio e accoglie a bordo un equipaggio indubbiamente attrezzato di altissima professionalità e straordinario senso del dovere. La regola è semplice: cercare di aiutare e portare al sicuro, su terraferma, chi è in pericolo, possibilmente salvando anche la propria pelle. Ma a volte, nonostante le condizioni ambientali marittime terrificanti, l’unico dettame da seguire una volta indossati i panni di veri professionisti del mare è: non si abbandona nessuno in mare a rischio di tradurre in sacrificio estremo la generosità già radicata nell’animo.

Esperienza toccante e autentica
È un’autentica e toccante esperienza quella che il Consolato generale d’Italia a Fiume ha regalato agli appartenenti della Comunità Nazionale Italiana di Croazia, e, tutta poteva essere vissuta attraverso il prisma di due dimensioni: lasciarsi sedurre dall’incredibile aspetto della modernità tecnologica o piuttosto coinvolgere da quello umano, della straordinaria missione di ricerca e soccorso marittimo affidata a un altrettanto stupefacente equipaggio. Connazionali provenienti dalle Comunità degli Italiani di Pola, Dignano, Sissano, Visinada sono saliti sull’“Aurelio Visalli”, sotto il sole cocente, per toccare con mano un’eccellenza della cantieristica italiana, una tipologia di nave progettata per assolvere al compito più importante affidato alla Guardia Costiera, anche in condizioni di mare forza sette. Vanto delle capacità marinaresche d’Italia, struttura in alluminio autoraddrizzante, praticamente inaffondabile, abile di diventare criptata (invisibile) e riconoscibile soltanto alla centrale operativa d’appartenenza: questa realtà galleggiante nel nostro porto ha davvero generato meraviglia, a cominciare dalla visita guidata nella cabina di comando. Tutti (in gruppi di 10) per osservare il posto dell’ufficiale di guardia in plancia, la postazione del radarista, il pannello di controllo della sala macchine, quello della gestione dei motori in grado di segnalare qualsiasi tipo d’avaria (bassi livelli d’acqua, temperature, allagamenti dei compartimenti).

Una nave all’avanguardia
Un’occasione questa per scoprire l’esistenza della propulsione a idrogetto, i sistemi d’ormeggio e disormeggio, le apparecchiature anche ausiliari di supporto, i radar, le telecamere che permettono di seguire l’obiettivo da salvare anche con ottica notturna e possibilità di passaggio a infrarossi capaci d’individuare il numero di persone in difficoltà anche in sottocoperta nelle imbarcazioni, poi il sistema cartografico, GPS, la bussola satellitare, i sistemi di cartografia della Guardia Costiera. Meraviglia delle meraviglie. Ma più che le capacità nautiche e il meglio della tecnologia navale, colpisce la nobiltà della missione assegnata, in tempi quando il progresso privilegia troppo spesso il perfezionamento della tecnologia bellica. L’equipaggio dell’“Aurelio Visalli”, è nato per fare opera contraria alla guerra, salvare la gente. Nel caso nostro, si è cercato di rendere l’idea di quello che significa trovarsi in condizioni meteo-marittime estreme, fortemente spinti dallo spirito di sacrificio pur di recuperare quante più persone in pericolo di vita. La dimensione essenziale dell’unità navale non sono le sue lamiere bollenti, ma si traduce nelle sembianze come quelle di Giovanni telecomunicatore radarista, di Vittorio Mura addetto ai servizi elettrici ed energetici, di Salvatore Interdonato che il pubblico ha gratificato con un applauso spontaneo per le sue emozioni esternate, forte di 25 anni d’esperienza acquisita sfidando la forze del mare e circostanze drammatiche vissute.

A Pola un piacevole momento
Ci mostra che la nave può portare fino a 50 persone in sicurezza e che in realtà si cerca di farne stare molte molte di più. Quindi fa capire che la realtà che la TV racconta sugli immigrati che si spingono nel Mediterraneo è una, ma i fatti sono altri. Si fa vedere quanto è d’interesse pubblico e politico, non l’aspetto umano. “Stiamo a bordo di una bella nave ben attrezzata, ma quello che si va a fare in mare non è piacevole. La mia è una missione che comporta sacrificio di moglie, figli, genitori e spesso a rischio della vita. Si prendono i giusti accorgimenti, si cerca di lavorare in sicurezza, però di fronte a delle persone in pericolo si fa il possibile per dare una mano. Non guardiamo in faccia il pericolo-mare… Tutti quanti dovrebbero, invece, portargli rispetto, soprattutto sentire paura, io per primo. Se mi trovo lì, però, è perché ho scelto di aiutare e non posso tirarmi indietro”. Avanti ad apprendere quanto il problema di questo lavoro non sia fisico quanto mentale, della necessità di staccare in porto, per dimenticare le brutture viste, al cospetto di situazioni imprevedibili, problematiche, ogni volta differenti e sempre difficili da gestire, consci che tutte quelle imbarcazioni di fortuna a bassa galleggiabilità finiscono per sbandare e affondare con tutto il loro sovraccarico umano. “Basta una mossa sbagliata, un padre con un bimbo in braccio che alla vista della salvezza vuole scendere per primo, qualcuno che speranzoso si alza di scatto… ed ecco compiersi la tragedia. Ci sono colleghi che risentono tantissimo di quello che abbiamo vissuto in mare. Momenti di pausa? Ci sono più che altro d’inverno, quando il mare non permette ai migranti di prendere il largo. Questo, adesso, da voi a Pola, è per esempio un piacevole momento di riposo”.

«Un sogno inaffondabile»
I commenti di qualcuno dei nostri connazionali una volta scesi dalla nave. “Quanta umanità sta dimostrando quest’equipaggio”: dice Silvana Ignaz, seguita a ruota dal consorte Claudio: “Questo naviglio è un sogno inaffondabile. Da quello che hanno spiegato loro è vera fantascienza. Bella e interessante la presentazione. Mirella Benes (CI di Dignano): “Gentilissimi. Ci hanno mostrato e spiegato ogni loro mansione. Andrea Grubissa (CI Sissano): “Ho fatto il nautico, navigato per 20 anni, sono stato ufficiale di coperta, lavorato in ambito off shore su costruzioni marine e trivellazione dal mare del Nord, attorno ad Africa e Stati Uniti. E posso dire che questa, come imbarcazione di salvataggio su mare, è sicuramente tra le migliori e più tecnologicamente avanzate che esistono, per quanto concerne lo scafo e la stabilità, la manovrabilità dei motori a getto… Neda Šainčić Pilato (presidente CI di Visinada): “Sono molto contenta per questa visita. Prima di tutto grazie al Console Davide Bradanini che ha dato alle nostre Comunità l’occasione di fare questa bella esperienza. Mi ha commosso quello che fa questa gente e con quanto cuore e anima si dedicano alla missione del salvataggio. Non ci sono parole che potrebbero descriverlo. Sappiamo cos’è il mare. Auguri alla Capitaneria e a questi ragazzi per l’abnegazione dimostrata”.

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