Pesca in crisi. Tutta colpa delle lobby?

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Pesca in crisi. Tutta colpa delle lobby?

UMAGO | In Croazia ci sono 25mila persone che vivono direttamente o indirettamente della pesca. Gente che è legata al mare e al suo destino.

In Europa questo numero è di 5 milioni, cifra che aumenterà a 10 milioni nei prossimi dieci anni. L’Adriatico è un mare piccolo, soggetto alle variazioni climatiche e i pescatori si lamentano perché rende sempre di meno.

Pescato dimezzato

Il pescato in pochi anni si è dimezzato, il che preoccupa le associazioni che operano nel settore, come il Gruppo d’azione locale per lo sviluppo della pesca “Pinna Nobilis”. Con il mare sempre più povero, che cosa si può fare se non potenziare gli allevamenti del pesce e dei molluschi? Orate, branzini, perfino rombi e tonni, quasi sempre sono d’allevamento, anche perché la stagione dura appena pochi mesi: il branzino da ottobre a gennaio, l’orata da settembre a novembre e la sogliola da ottobre a febbraio. Dunque, ordinare un piatto di queste specie in estate significa trovare quasi sempre pesce d’allevamento, spesso trattato anche con antibiotici e mangimi che cambiano il sapore del pesce.

Regolamenti europei

L’Unione europea, che ha apportato nuove disposizioni legislative e regolamenti, spostando la pesca a strascico sopra alla fascia delle 3 miglia e la pesca dei molluschi con i “ramponi” sottocosta, ha messo in grosse difficoltà un po’ tutti i pescatori con la conseguenza che il pescato è fortemente diminuito. E non di poco; il che preoccupa anche il Gruppo di sviluppo della pesca “Pinna Nobilis” con sede a Cittanova e presieduto dal pescatore salvorino Danilo Latin, il quale è anche membro della Commissione nazionale per la pesca a strascico.
Si tratta di problemi che stanno diventando molto seri, perché riducono i guadagni e impediscono l’assunzione di nuovi operai. Spostando le famose “cocie” sopra le 3 miglia, molti pescatori hanno cambiato pesca, dedicandosi a quella dei molluschi, in primis capesante e canestrelli sotto alle 3 miglia, dove è permessa, ripulendo in pochi anni il fondale e mettendo in difficoltà il comparto.
L’Ue, dunque, ha fatto più male che bene, provocando uno squilibrio molto grave, fra entrate e uscite, fra pescato e sopravvivenza della pesca.
Secondo Latin, attualmente, si stanno favorendo le lobby ittiche, cioè quelle degli allevamenti, spesso legate alla politica e non solo in Croazia.

Sempre meno polpi

Il pescato dei polpi è poi diminuito drasticamente; quello di moli è stato quasi annullato perché si pesca al largo. Latin, ci ha anche detto che sono diminuite le giornate di pesca.
“Sotto alle 3 miglia, le giornate di pesca erano di gran lunga superiori, soprattutto con il mare mosso dalla bora, perché verso Umago e Cittanova si operava con meno vento. Pescando al largo, inoltre, è aumentato il consumo del gasolio e, di conseguenza, le spese.
Guardando le ‘bollette’ del pescato che dobbiamo spedire al Ministero dell’Agricoltura e della Pesca, appena rientrati in porto, vediamo che prima si pescavano anche 400-500 chili di pesce, pensando, in quanto allo strascico, soprattutto a polpi, moscardini, calamari, moli e seppie, mentre ora si lavora soltanto con qualche decina di chili. Prima si pescavano 40-50 chili di calamari, ora se va bene sono 4- 5 chili, tanto per fare un esempio. L’Unione europea, dunque, non ci ha portato molta fortuna”.
E lo affermano anche i 15mila pescatori che si sono visti negare le licenze annuali per la piccola pesca, quella che veniva praticata con 200 metri di rete semplice (barracuda) e non a 3 miglia.

Il problema della generalizzazione

L’Unione europea, dunque, quando parliamo di pesca, non ha portato molti giovamenti, ma anzi si è comportata da matrigna.
Non tutti i Paesi sono uguali (l’Italia ha una flotta di gran lunga superiore a quella croata) e non tutte le zone sono ugualmente pescose. Generalizzare e imporre divieti, stando a Bruxelles, è cosa facile, ma farlo significa spesso danneggiare chi fino a ieri operava bene.
C’è poi da considerare la burocrazia, come quando, appena rientrati in porto, il capo barca deve accendere il computer per fare l’elenco di tutto il pescato e spedirlo al Ministero (per capire meglio di cosa si tratta bisogna dire che abbiamo seguito quest’operazione, lunga e seccante visto che bisogna specificare, per ogni pesce, la quantità). Se poi ci sono 20-30 qualità di pesce diverso, la lista è lunga anche quando parliamo di pochissimi chilogrammi o di un solo esemplare. L’Ue, dunque, vuole sapere tutto, ma forse non sa ancora quanto si pesca di meno, dopo le norme apportate e ora in vigore.
​Difficile sopravvivere nel settore
Va anche detto che, come a Salvore che si trova praticamente a ridosso del confine, in Istria la rete internet non funziona sempre e, di conseguenza, i pescatori hanno difficoltà a trasmettere dalla barca i dati del pescato al Ministero di Zagabria.
Tanta burocrazia dunque, per sapere tutto, anche l’esatta posizione della barca, in qualsiasi momento con il “BlueTraker”, ma alla fine del mese, per chi lavora nel rispetto della tradizione, i soldi guadagnati sono pochi.

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