Francesco Cuoccio. Vacanze in città: «Qui abbiamo tutto»

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Francesco Cuoccio. Vacanze in città: «Qui abbiamo tutto»
Francesco Cuoccio. Foto: DENIS VISINTIN

In questi giorni a Parenzo stanno soggiornando molti turisti italiani. Dopo che erano quasi scomparsi dalle graduatorie, la presenza turistica dal Bel Paese sta riprendendo quota a Parenzo. Tra i soggiornanti, alla Comunità degli Italiani locale abbiamo incontrato Francesco Cuoccio, ex carabiniere e ora poliziotto in servizio a Torino, che da quasi vent’anni trascorre le vacanze estive in città insieme a sua moglie.

Vivendo in Piemonte, le spiagge liguri le sono molto più vicine. Che cosa l’ha portata a scegliere Parenzo come meta per le vacanze estive?
“Noi siamo giunti qui nel 2005 per caso, tramite dei colleghi che lavorano a Trieste e venivano qui a farsi le ferie. Ho fatto questa bella avventura arrivando a Parenzo, che ho trovato subito molto accogliente”.

Quest’estate si possono sentire parecchi commenti in merito al caroprezzi e alla qualità del soggiorno. Lei cosa ne pensa?
“Qui c’è un’atmosfera assillante, si gira molto intorno al turista, si offre di tutto. Io soggiorno a un prezzo modico. Ma la cosa più bella, a differenza di quando andavo in Puglia, nella zona garganica, è che lì ci dovevamo portare televisore, coperte, pentole, cucchiai… tutto insomma. Non c’erano condizionatori, ti arrangiavi con temperature giornaliere di 34-35 gradi. Per cui abbiamo abbandonato il Gargano e siamo arrivati qua, dove abbiamo trovato tutto e non ci portiamo dietro uno spillo. Premetto che facciamo la spesa: andare a mangiare in ristorante costa di più, ma anche con gli aumenti i prezzi sono contenuti. In Italia, una pizza e una birra, costano 25 euro. La birra qua è molto buona, mi appassiona e mi piace. Il servizio è pulito, i prodotti offerti sono freschi. In Italia non è così. A parità di prezzo, io mi faccio qua un mese di ferie e non spendo più di 3.000 euro anche mangiando saltuariamente fuori. Io ho il mare a 120 km da Torino, in Liguria, dove spendo 6.000 euro. Ecco perché invito gli italiani a venire qui, ma non dicendo loro di non andare in Liguria, oppure a Rimini, Riccione, dove regna il caos, con spiagge che sono perle per i bambini, ma non per gli adulti, se uno vuole stare molto sereno. La Liguria è carissima; una settimana di vacanza costa 1.000 euro. E in un alloggio a posti letto per due persone, tu paghi due persone. Se ti raggiunge un amico, non lo puoi ospitare, lo devi dichiarare subito alla famiglia e paghi anche per lui, perché ti danno due posate, due piatti e due tazze in più. Qua se ti arriva un amico di passaggio per una nottata ti permettono di ospitarlo senza pagare nulla d’aggiuntivo. Come servizio ci offrono tutto e noi non dobbiamo occuparci di niente. L’ospitalità è stupenda, siamo trattati come se alloggiassimo in albergo. Ovunque tu vada, al mercato o nei vari centri commerciali, non c’è nessuna difficoltà a trovare del personale che parli l’italiano. Si riesce a comunicare, a fare tutto alla luce del sole. Io spero che qui si continui ancora così, anche se la Croazia è entrata nell’eurozona. Mi dispiace che gli stipendi siano molto bassi e l’Europa questo deve capirlo, perché la Croazia non è l’Italia, o la Germania, l’Olanda, l’Austria o la Svizzera. Gli stipendi dovrebbero essere uguali per tutti”.

Un giudizio bello e positivo il suo. Qualche cosa che non va ci sarà pure?
“Noi andiamo al mare alla pineta verso Brulo e lì l’unica cosa che manca sono i posacenere. Noi ci portiamo dietro un portacenere e puliamo la spiaggia, tra l’altro tenuta in ordine dagli operatori ecologici che vanno elogiati per il loro servizio. Ma c’è anche gente maleducata, non tra i croati, gli istriani o i parentini, ma tra gli ospiti. Poi ci sono i vandali che spaccano tutto. Non mancano i cestini, c’è di tutto e di più, però ci vuole anche un po’ di cultura”.

Il lavoro e l’impegno sociale
Di che cosa si occupa nel suo lavoro?
“Io svolgo un lavoro molto particolare a livello internazionale. Mi permettono di rimanere in servizio fino ai 65 anni d’età: fra tre anni andrò in pensione. Potevo andarci già, con l’abbuono di cinque anni. In Polizia raggiunti i 35 anni di contributi lo Stato te ne regala altri cinque e arrivi a quarant’anni di contributi. Nel 2017, con la Legge Fornero, gli abbuoni sono stati aboliti, per cui le nuove leve non li percepiscono più”.

È impegnato anche nel sociale. Ci racconti quest’esperienza.
“Nel 1986 conobbi un bambino colpito da leucemia e ho fatto quanto ho potuto per farlo ricoverare per i trattamenti all’Ospedale Regina Margherita di Torino. Allora quest’Ospedale infantile non aveva molte entrate economiche e le condizioni di degenza avevano qualche lacuna. Allora io e i miei colleghi ci siamo proposti di aiutare i bambini. Un collega che aveva una conoscenza nel Torino calcio chiese se si poteva fare una partita per la vita. Così abbiamo iniziato con un’associazione di papà, genitori dei figli che erano ricoverati, che avevano creato l’associazione ‘Unione genitori italiani’ (UGI), andando magari a sostituire le mamme o a fare qualcos’altro per intrattenere i bambini. Abbiamo iniziato a fare queste partite di calcio, 10 in tutto, con dei ricavati fruttuosi, senza che nessuno intascasse un centesimo. Tutto l’incasso fatto sul campo, girando per vari Comuni del Piemonte, dove ci aiutavano pure i sindaci e le famiglie dei colleghi, mettendo ognuno qualcosa, lo devolvevamo all’Ospedale. Regalavamo il nostro logo, un cuore con due bambini che si danno la mano e la scritta ‘Unione genitori italiani – una partita per la vita’. Con i soldi raccolti, consegnati all’Ospedale, sono stati fatti i lavori di ristrutturazione e abbiamo costruito l’annessa Casa UGI. In più, e questa è la cosa più bella, a Natale ognuno di noi portava ai bambini un regalo. Tutti, parenti e non, si travestivano da Babbo Natale, raggiungendo in moto l’Ospedale”.

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