L’ultimo pastore del Monte Maggiore

Chiacchierata con l’allevatore Resul Maliki, proprietario di un gregge di 550 pecore, il quale racconta le difficoltà di questo mestiere che sta scomparendo

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L’ultimo pastore del Monte Maggiore
Uno dei pochi pastori ancora reperibili nei dintorni di Fiume. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Il Monte Maggiore con la sua natura incontaminata ospita una flora e una fauna ricca, variegata e prosperosa, ecosistema ideale per una miriade di animali selvatici. Questa montagna a noi tanto cara però accoglie anche un gregge di 550 pecore che, lungo i suoi pendii, pascola immerso in una vegetazione incontaminata. L’allevatore, Resul Maliki, ci ha raccontato la sua quotidianità e le sfide che si trova ad affrontare intraprendendo un mestiere che sembra stia scomparendo.

Resul Maliki, proprietario dell’Attività a conduzione familiare Maliki, è originario del Montenegro, ma la sua famiglia si è trasferita in questa zona nel 1974, quando suo padre, portando con sé un gregge di pecore, decise di partire in cerca di fortuna lontano da casa. La pastorizia è un mestiere di famiglia che è stato tramandato ai figli, che a loro volta hanno coinvolto i nipoti e hanno aperto una loro produzione di formaggio casereccio con la certificazione di prodotto ecologico. Rispetto agli anni passati il numero delle pecore è diminuito, oggi la famiglia Maliki ne possiede 550, mentre anni fa ne aveva oltre 1.500.
Vediamo innanzitutto che cosa deve fare un pastore: “Un pastore deve portare le pecore al pascolo, saperle mungere e se una pecora zoppica pulirle la zampa o la ferita e somministrarle la cura adeguata. Non si tratta di una cosa seria per cui sia necessario il veterinario, con un po’ di esperienza lo può fare chiunque – spiega Resul Maliki –. Anch’io potrei controllare le zampe alle pecore al mattino, ma non ha senso che lo faccia in tutta fretta se il pastore sta un’intera giornata con loro e ha delle ore a disposizione per farlo con calma”.

Resul Maliki. Foto Ivor Hreljanović

Anche se con gli anni le dimensioni del gregge sono diminuite, le pecore sono tante ed è necessaria manodopera volonterosa. “Attualmente noi abbiamo due pastori che si prendono cura delle pecore, ma il numero può variare. Un pastore bravo ed esperto può occuparsi da solo di tutti questi animali, ma a volte, per lo stesso lavoro, è necessario assumere anche quattro persone, dipende dalla bravura e dalla voglia di lavorare”, spiega.
Di giorno non ci sono grandi pericoli, come ci spiega l’allevatore, le pecore tendono a non disperdersi e a non separarsi dal gruppo, inoltre ci sono i cani che danno una mano ai pastori. Di notte invece gli ovini sono sistemati in due recinti nel villaggio di Monte Maggiore Piccolo (Mala Učka), circondati dal bosco e la presenza di animali selvatici è cospicua. “In questa zona si parla sempre della presenza di un orso, ma negli ultimi cinque anni non ci sono stati danni. Giorni fa, invece, un orso deve essersi avvicinato ai recinti più del solito perché al mattino ho trovato la rete che li divide rotta”.

Animali feroci in agguato
Nella zona non ci sono altri animali feroci che possano attaccare le pecore: “Qui non ci sono mai stati lupi, non è il loro habitat naturale – Resul Maliki si sofferma a raccontare un aneddoto di anni fa –. L’unica volta in cui un branco di lupi si era fermato nella zona fu nel 2012, probabilmente un branco proveniente dalla Slovenia, e in una sola notte uccise cinquanta pecore. Dopo quel periodo se ne sono andati e non si sono più visti”.
Da maggio a novembre le pecore brucano l’erba sulle pendici del Monte Maggiore e stanziano all’aperto, sono per la maggior parte terreni che Resul Maliki prende in affitto per utilizzarli come pascolo per il suo gregge. Quando arriva il freddo le pecore scendono a valle e il proprietario le tiene in una stalla al coperto a Barbana. “A inizio novembre condurremo gli ovini in Istria. La transumanza autunnale dura due giorni, le pecore sono più grosse e ci vuole più tempo, in primavera invece basta un giorno”.

La sede dell’azienda agricola. Foto Ivor Hreljanović

Per affrontare questo spostamento sono necessarie persone che sappiano guidare un gregge attraverso i boschi e i pascoli che si estendono dal Monte Maggiore lungo la penisola istriana: sarebbe impensabile seguire la strada asfaltata e affrontare il traffico. “Oggi trovare un pastore è molto difficile, c’è molto lavoro, ma nessuno vuole farlo. Qui in Croazia è quasi impossibile trovare qualcuno disposto a lavorare in quest’ambito. Tre mesi fa sono tornato in Macedonia e per un mese ho cercato qualcuno da assumere, senza successo” racconta Maliki. Il proprietario dell’azienda agricola a conduzione familiare “Maliki” (OPG) analizza nel dettaglio la problematica legata alla mancanza di manodopera: “Io offro 900€ netti al mese più vitto e alloggio gratis, altrove è difficile trovare delle condizioni lavorative più vantaggiose, però le persone rifiutano comunque. Alcune preferiscono fare lo stesso mestiere all’estero: in Italia un pastore guadagna circa 800€ al mese, ma riceve l’assegno per i figli a carico e quindi, nonostante la paga sia inferiore, a conti fatti gli conviene lavorare oltreconfine”. Benché ci sia mancanza di personale, l’attività riesce a fatturare grazie alla produzione di formaggio. “Senza gli incentivi dello Stato avrei rinunciato anni fa. Con il lavoro di pastorizia non guadagno niente, il profitto lo ricavo dalla vendita dei formaggi. La nostra è una produzione ecologica e in quanto tale abbiamo delle regole da seguire: nei miei formaggi non posso aggiungere additivi o conservanti, devo fare molta più attenzione perché il prodotto è delicato e potrebbe guastarsi facilmente. Inoltre, posso prendere solo pecore provenienti da allevamenti ecologici, come quelli di mio figlio e di mio fratello”.È difficile competere con l’industria alimentare, il modo migliore di farsi notare è quello di distinguersi: “Se rinunciassi alla denominazione di produzione ecologica faciliterei la produzione di formaggi e soprattutto la loro conservazione, ma i miei clienti, che sono soprattutto locali, vengono qui proprio per la qualità e per la garanzia di trovare un prodotto casereccio, genuino e biologico”.

I pendii del Monte Maggiore. Foto Ivor Hreljanović

Produzione
“Per produrre un chilogrammo di formaggio sono necessari circa sette litri di latte, poi dipende anche dal periodo. In aprile, quando nascono gli agnelli, il latte è meno denso quindi ne serve una maggiore quantità, mentre a giugno si addensa e possono bastare anche sei litri. Una pecora produce circa tre decilitri di latte. Noi mungiamo il gregge due volte al giorno, nel periodo di maggiore abbondanza, una pecora può produrre fino a sei decilitri in tutta la giornata”. L’azienda oltre a guadagnare dalla produzione di formaggi ha dei ricavi, anche se minori, dalla vendita degli agnelli. “Tendiamo a non vendere gli agnelli proprio per mantenere la certificazione ecologica. Ogni anno delle pecore muoiono di vecchiaia o per altre cause e di regola noi teniamo almeno il 10% dei nostri agnelli per non alterare il numero del gregge e non andare in perdita. Se dovessi comprare delle pecore, dovrei procurarle da un allevamento ecologico, tenendo i miei agnelli non ho questa preoccupazione in quanto provengono dal mio allevamento che possiede già questa certificazione”.
Oltre al latte ed eventualmente alla carne, le pecore producono anche la lana, un prodotto che potrebbe essere utilizzato nell’industria tessile e non solo: “Non guadagniamo assolutamente nulla dalla lana, non c’è alcun interesse per questo bene – afferma il produttore –, anche se la regali nessuno la viene a prendere, qui semplicemente non c’è un mercato sul quale piazzarla”.
Oggi fare l’allevatore e il pastore è diventato un lavoro impegnativo che comprende grandi sacrifici, ma i prodotti ricavati sono di alta qualità, la quale è amata dai clienti. “Non si può fare nessun lavoro senza sacrificio – Maliki ne è consapevole –. Nonostante tutto, quest’attività mi permette di vivere bene. Qualsiasi altro mestiere facessi dovrei impegnarmi e sacrificarmi, perciò continuo a portare avanti la tradizione di famiglia”. Una tradizione che ha portato Resul Maliki a essere tutt’oggi uno dei pochi allevatori di ovini nei dintorni di Fiume.

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