L’esodo raccontato ai giovani

Nella ricorrenza del Giorno del Ricordo, la SEI «Gelsi» ha realizzato un progetto volto a trasmettere agli alunni della VII e VIII classe questa triste pagina di storia

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L’esodo raccontato ai giovani
Un momento del toccante incontro alla SEI “Gelsi”. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Parlare dell’esodo è sempre complicato. Farlo davanti a un gruppo di ragazzini lo è ancora di più. Eppure, il progetto promosso dalla SEI “Gelsi” si pone proprio questo obiettivo e, pertanto, in occasione della Giornata del Ricordo l’istituto scolastico ha organizzato ieri una giornata di studio dedicata a una delle pagine più tristi della nostra storia. Il programma, portato avanti dalle insegnanti Katica Dessardo e Jenny Chinchella, si è svolto in varie fasi. La prima ha riguardato un lavoro di ricerca realizzato dagli alunni, per trovare vecchie foto di famiglia che possano ricordare la Fiume di quegli anni e gli eventi vissuti dai suoi cittadini. Con questo materiale si è poi allestita una mostra, che rimarrà in visione nei corridoi della scuola nelle prossime settimane. La seconda fase è iniziata alle ore 8.30 in punto, al suono della campanella, con una lezione di storia, che ha riassunto a grandi linee la Seconda guerra mondiale, un passaggio doveroso dato che gli alunni di VII e VIII classe a questo punto dell’anno scolastico non hanno ancora affrontato la materia.

Chinchella ha raccontato così anche una parte della storia dell’esodo, pur non essendo questa prevista nei programmi curricolari. L’insegnante ha illustrato il momento in cui nel 1943, con la capitolazione del Regno d’Italia, questi territori siano stati amministrati dalla Germania nazista, per vedersi poi invasi dall’Armata popolare jugoslava e dai partigiani, con Fiume che ha così di fatto visto per due volte la sostituzione di un regime con un altro. Dopodiché sono iniziate le partenze.

Un tema complesso
Come spiegato dalla prof.ssa Dessardo, è molto difficile parlare di queste cose, sia perché si parla a dei ragazzi, che non si vuole esporre direttamente alle atrocità dell’epoca, sia perché chiedendo loro nozioni riguardo alla loro storia familiare, si viene a scoprire che quasi tutti hanno nonni o bisnonni giunti a Fiume soltanto dopo la Seconda guerra mondiale.
Ciononostante, senza entrare troppo nei dettagli, alla “Gelsi” si è parlato anche dei motivi delle partenze, citando la strage di Vergarolla e spiegando come questa abbia influito pesantemente sulla decisione di molte famiglie. In questo modo è iniziata una terza fase del progetto, dove gli alunni hanno ascoltato la canzone “1947”, di Sergio Endrigo, facendo un’analisi del testo e rispondendo poi ad alcune domande in merito.

Testimonianze
Il passaggio più innovativo è stato però quello di invitare a scuola, in qualità di testimoni, Claudia Kostadina, Fulvia Bontempo e Mariella Velenderić, tre distinte signore che hanno frequentato la “Gelsi” nel dopoguerra è che hanno offerto una loro testimonianza dell’epoca. Anche in questo frangente si è deciso di affrontare la questione con delicatezza, ma si è parlato comunque di come, a partire dal ‘47, le classi abbiano iniziato a svuotarsi e di come questo processo sia durato per anni. Due delle gradite ospiti, Velenderić e Bontempo, vivevano nell’edificio accanto all’attuale sede della Scuola, nell’allora via Trieste (oggi Vukovar), scuola che all’epoca era sita però qualche centinaio di metri più in basso, dove oggi c’è la SE Podmurvice. Hanno raccontato di come loro parlassero tutte sempre in fiumano tra di loro e di come, a mano a mano che se ne andava una famiglia dal palazzo, una nuova vi arrivava e i bambini che venivano, se volevano giocare con loro, dovevano per forza imparare il fiumano, anche perché loro il croato non lo parlavano.

Un altro mondo
Si è discusso, poi, a lungo del modo in cui si viveva, delle gite improvvisate, dei rioni di Fiume di una volta e di come in varie occasioni ci si ritrovasse tutti dai nonni dell’insegnante Jenny, che tenevano un’osteria a Montegrappa. Kostadina ha cercato di spiegare ai ragazzi come all’epoca si andasse in giro sempre a piedi, sia perché lungo via Trieste non passavano autobus, sia perché il tram che collegava il centro agli stabilimenti della Torpedo costava e la nonna del giornalista e reporter radio Andrea Marsanich, che lavorava come bigliettaia sul tram, non faceva sconti a nessuno.
Un altro luogo di ritrovo era l’appartamento di Bontempo, che era uno i primi a possedere una radio, vinta a un concorso a premi del quotidiano “La Voce del popolo”. Le tre ospiti hanno, inoltre, raccontato che quando c’era in tv il Festival di Sanremo, amici e parenti venivano in casa loro per poter ascoltare le canzoni, portandosi ciascuno uno sgabello, perché altrimenti non ci sarebbero state abbastanza sedie per tutti.
Il racconto di un mondo del tutto diverso da quello di oggi, che ha incuriosito tantissimo i ragazzi. Si dimentica troppo in fretta, ad esempio, di come il golfo del Quarnero un tempo fosse popolato da molti squali, un fatto emerso durante una delle tante storie raccontate, e che ha lasciato completamente sbalorditi gli alunni, che non avevano idea di questo fatto.

Ricordi dolorosi
“Finora ci eravamo concentrati sempre sul Giorno della Memoria, trattando argomenti che i bambini bene o male conoscevano, anche grazie ai tanti film sul tema. Quest’anno, invece, abbiamo iniziato a lavorare nel dettaglio anche sulla storia dei nostri connazionali che hanno abbandonato la città: alcuni per loro scelta, altri costretti; mentre alcuni sono rimasti per scelta e altri, tanti, sono dovuti rimanere perché non hanno ottenuto la documentazione necessaria. Un tema del quale si è parlato sempre poco, anche in famiglia tra connazionali. Parlando anche con le nostre ospiti, che alla loro età, conservano ancora il ricordo di come da un giorno all’altro ci fosse qualcuno che non veniva più a scuola e poi scoprire che la famiglia ere fuggita di notte, è emerso come ancora oggi sia talmente angosciante ricordare questo brutto e triste capitolo della storia recente, oltre che inopportuno raccontarlo ai propri nipoti. Ciononostante, tutte le fotografie che vedete esposte sui pannelli sono state raccolte proprio dai loro nonni, che evidentemente conservano ancora questo forte ricordo”, ha affermato la direttrice Gloria Tijan.

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