Per Scoglio Olivi arriva l’ennesima fumata nera

L’asta di ieri per la cessione della quota societaria statale nell’Uljanik Brodogradnja 1856 si è rivelata un buco: nessuno si è fatto avanti

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Per Scoglio Olivi arriva l’ennesima fumata nera
Nubi sempre più scure su Scoglio Olivi. Foto: Srecko Niketic/PIXSELL

Costretta a vivere in eterno, la Speranza, a quest’ora, di certo sarà stanca di… sperare. Come darle torto?! L’ultima asta in ordine di tempo per la cessione della quota societaria statale nell’Uljanik Brodogradnja 1856 si è rivelata essere un (ulteriore) buco in acqua. Nessuno, ma proprio nessuno si è fatto avanti versando il dovuto per poter anche solo accedere alla vendita all’incanto. La manovra, oltre a pulire (nel senso buono del termine) il portafogli statale, avrebbe tenuto a galla lo stabilimento superstite, nato sulle ceneri dello storico scoglio Olivi, l’Uljanik Brodogradnja 1856, che si ritrova a nuotare nell’insolvenza e con il conto zavorrato nell’ordine di 1,64 milioni di euro. Un nuovo partner avrebbe dato qualche garanzia di sopravvivenza e impiego. Ieri si è constatato il mancato interesse e quindi niente vendita. Sarà il Consiglio dei creditori, convocato per lunedì prossimo a decidere il da farsi, ovvero a stabilire nuove condizioni di vendita e monetizzazione di questa quota azionaria che finora ha interessato parecchi finché non si era trattato di tirare fuori del denaro. Alla fine di gennaio, al Tribunale commerciale di Pisino, avevano manifestato interesse all’acquisto la fiumana Adria Mont, di nermin Graca, che si era detto pronto a versare 6.450.770,90 euro per il 57,44 p.c. della quota azionaria. Il giudice fallimentare, Loris Rak, in precedenza si era detto favorevole alla vendita diretta, ma anche le partite più belle possono ribaltarsi al 90.esimo. Si erano fatte avanti la slovena Eko Bor di Nova Gorica, di proprietà di Patrik Jarc, che si occupa di vendita all’ingrosso e mediazione (con un’offerta pari a 3,5 milioni di euro) e infine (e di nuovo) la rumena GSP offshore, di Gabriel Comanescu. Ieri si sarebbe dovuti partire da una base d’asta di 6,91 milioni di euro. Al di sopra, quindi, di quello che era l’iniziale intento di questi potenziali interessati.

A questo punto, piangere sul latte versato sarà anche inutile, come vuole la saggezza popolare, ma forse sarebbe il caso di tirare fuori di tasca il fazzoletto e lasciar correre lacrime. Certo, dal di fuori è facile sbagliare nel giudicare, ma se tutto si risolve in una questione di carta filigranata, il proprietario del 54,77 p.c. della quota societaria che poco più di un anno fa avrebbe potuto trasformarla in oltre 20 milioni di euro avrebbe di che mordersi le unghie. Perché adesso si ritrova con semplici quanto ingombranti coriandoli. Lunedì si scenderà alla disperata vendita a 1 euro?

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