Fiume. La ristorazione è in ginocchio

Dopo la chiusura forzata per Covid, che verrà prorogata, il settore faticherà a riprendersi

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Fiume. La ristorazione è in ginocchio

Una delle categorie più colpite dalle misure antipandemiche messe in atto un mese fa e che verranno prorogate con tutta probabilità fino a metà febbraio, è quella dei ristoratori. In base ai dati forniti dalla Camera regionale d’artigianato risulta che nel 2020 hanno chiuso i battenti 57 locali. Infatti, all’inizio del 2020 ne erano registrati 1.317 e alla fine dell’anno 1.260. Si tratta perlopiù di esercizi operanti nelle città e quindi non collegati al turismo e al lavoro stagionale. Proprio questi hanno subito più di tutti le conseguenze della crisi provocata dalla pandemia. Bar e ristoranti rimarranno chiusi, dunque, per ancora almeno un mese, e sono in molti a pensare che si andrà anche oltre. Un duro colpo per il settore, nonostante le misure di sostegno varate dal governo. Queste non possono assolutamente bastare e comunque ci sarebbero gravi ritardi nel rimborso delle spese fisse. Per il momento la crisi non ha provocato la chiusura di massa dei locali di ristorazione, ma ormai il settore è in ginocchio. Una parte dei ristoratori ha chiuso i propri esercizi ancora prima dell’entrata in vigore delle misure restrittive. Non appena quest’ultime saranno rientrate, si potrà valutare la situazione con chiarezza e non è detto che anche altri locali vengano chiusi e che i gestori si ritrovino i conti bloccati. Il settore sta vivendo una situazione di totale incertezza. Rimane la speranza che la prossima stagione turistica sia migliore di quella del 2020, perché altrimenti sarà difficile sopravvivere. Uno dei problemi è rappresentato dal fatto che le misure restrittive vengono comunicate due o tre giorni prima della loro entrata in vigore, mentre l’attività e gli obblighi finanziari vanno pianificati con largo anticipo. Sono rari coloro che hanno riserve finanziarie per poter sopravvivere due anni di crisi. In media i ristoratori hanno avuto una riduzione dei guadagni dal 40 al 60 p.c., mentre le spese sono scese del 20 p.c. circa. È spettato loro pagare la differenza.

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