Esperienza, innovazione e impegno sono le chiavi del successo

A colloquio con la dott.ssa Vladimira Vuletić, primario della Clinica di neurologia del CCO di Fiume, diventata di recente Centro di referenza per i disturbi gravi del movimento

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Esperienza, innovazione e impegno sono le chiavi del successo

Recentemente la Clinica di neurologia del Centro clinico-ospedaliero di Fiume è stata nominata Centro di referenza del Ministero della Sanità per i disturbi gravi del movimento. Si tratta soprattutto di malattie neurologiche che non possono venire curate con i farmaci, bensì usando terapie e metodi sofisticati. Ne abbiamo parlato con il primario della Clinica, dott.ssa Vladimira Vuletić.

 

Che cosa significa questo titolo per la Clinica?

“È la conferma e il riconoscimento dell’esperienza, del successo e delle innovazioni che ormai da anni vengono svolte nel nostro Centro, ma anche l’onere di dovere proseguire in questa direzione e a questi livelli di qualità. Il Centro si occupa di disturbi del movimento pregressi e farmacoresistenti, inclusi il Parkinson e la distonia. Comprende, inoltre, la valutazione della scelta del metodo invasivo da applicare, la preparazione all’intervento e la riabilitazione. La procedura per ottenere lo status di Centro di referenza è molto duratura in quanto devono essere soddisfatti dei criteri molto esigenti. La proposta viene presentata dal Consiglio sanitario nazionale e approvata dal ministro della Sanità”.

Quali metodi di cura vengono applicati nel Centro? Si tratta di terapie innovative che non venivano applicate finora? Che cosa significano per i pazienti?

“Il nostro Centro ha una grande esperienza con i metodi invasivi quando si tratta di disturbi del movimento. Curiamo anche pazienti di altre Regioni e Paesi. Mi riferisco soprattutto alla stimolazione cerebrale profonda, ma anche alla somministrazione sottocutanea di farmaci e ad altri metodi di questo tipo. Siamo stati i primi ad applicare con successo alcuni metodi di cure invasive influenzando in seguito le nuove metodologie di cura. I disturbi del movimento sono molto invalidanti e grazie a questi nuovi metodi, che vengono considerati una rivoluzione nella cura di queste patologie, la qualità di vita dei pazienti è migliorata. Loro stessi sostengono di ‘avere ricevuto una seconda opportunità’. Non tutti i disturbi motori possono venire curati con questi metodi ed è molto importante distinguere le differenze. Nella maggior parte dei casi la stimolazione viene applicata ai pazienti affetti da Parkinson, affetti da distonia oppure da tremore essenziale. Dopo il posizionamento ipotalamico dell’impianto stimolatore è necessario modificare i parametri dello stimolatore, la titolazione dei farmaci e procedere con la neuroriabilitazione dei pazienti per riportarli quanto prima alla normalità. Una parte molto importante della nostra attività è rappresentata dalla ricerca scientifica e dalla formazione. Attualmente sono attivi due progetti scientifici focalizzati sulla malattia di Parkinson e soprattutto sulla genetica, che sarà alla base della futura ricerca sull’efficacia dei metodi invasivi nelle malattie genetiche. L’istruzione e la formazione dei membri del team si svolge nelle maggiori istituzioni internazionali per la cura dei disturbi del movimento (L’Aia, Londra, New York, Cologna Veneta, Monaco di Baviera, Kiel, Wüzburg, Utrecht, Oslo, Stoccolma). Inoltre, siamo gli organizzatori di corsi, tra cui ‘Tips and Tricks’, nell’ambito dell’Associazione mondiale per i disturbi del movimento, con 700 partecipanti provenienti da 75 Paesi. Ogni anno, a Fiume, organizziamo il Forum delle malattie neurodegenerative. Quest’anno verrà organizzato per la sesta volta, con eminenti esperti nazionali e internazionali.

Tramite l’Associazione Parkinson si svolge l’educazione dei pazienti. Regolarmente si svolgono conferenze e laboratori a Fiume, Zagabria, Spalato, Zara e Varaždin. In questo modo mettiamo a conoscenza i pazienti sui nuovi metodi di cura. Inoltre, c’è un’ottima collaborazione con i medici di famiglia e le infermiere, con i quali siamo costantemente in contatto. Importante pure la collaborazione con le istituzioni straniere, ma anche con l’Istituto di neurochirurgia dell’ospedale Dubrava di Zagabria, con l’Istituto clinico per la medicina genetica di Lubiana, con il Karolinska Institutet svedese e con l’Università di Göteborg”.

La Clinica ha ricevuto questo riconoscimento grazie alla pluriennale attività volta al progresso, a numerosi progetti scientifici e al successo nelle terapie curative. Quali sono questi successi?

“Il lavoro del nostro team è adeguato agli standard mondiali per la cura delle malattie. Sappiamo, per esempio, che in alcune malattie, tra cui quella di Parkinson, la terapia farmacologica si dimostra molto efficace nei primi anni, ma in seguito nella maggior parte dei pazienti si rivela molto debole e provoca una serie di effetti collaterali quali la discinesia e fluttuazioni motorie. Un ruolo di grande importanza in questo segmento lo avrà la farmacogenomica. Le ricerche effettuate e finanziate dalla Fondazione croata per la scienza, hanno reso possibile il sequenziamento completo dell’esoma a una buona parte dei nostri pazienti. I metodi diagnostici che vengono usati permettono di effettuare una diagnosi precoce ed esatta, fondamentale per procedere con le terapie curative e la riabilitazione. Abbiamo introdotto alcuni metodi innovativi inerenti alla riabilitazione, che includono la partecipazione del team multidisciplinare (neurologo, neuropsicologo e neurochirurgo), come pure analisi radiologiche mirate e l’elaborazione cognitiva (CPT). Figuriamo in vetta alle classifiche mondiali per quanto concerne la stimolazione cerebrale profonda (DBS). Considerata la quantità di lavori pubblicati e le conferenze a livello mondiale alle quali abbiamo partecipato, l’Organizzazione mondiale per i disturbi del movimento e l’Accademia neurologica europea ci considerano come un Centro di successo e con una grande esperienza”.

Lei è alla guida del team multidisciplinare, che come ha dichiarato, è meritevole del titolo assegnato. Quali profili professionali vi sono inclusi?

“Oltre ai medici neurologi, sub-specialisti per le malattie neurodegenerative, specializzandi in neurologia, come pure specialisti in neurochirurgia, gastroenterologia, fisiatria, psichiatria, neuroradiologia, ci sono i fisioterapisti, le infermiere, gli psicologi, i logopedisti e ancora tanti altri profili fondamentali per il funzionamento del team”.

Qual è la situazione con le malattie neurologiche in Regione e quali prevalgono?

“Per quanto concerne i casi urgenti, prevale l’ictus cerebrale. Grazie a un’ottima collaborazione con gli ambulatori d’urgenza e a una diagnosi tempestiva, cerchiamo di ridurre al minimo le conseguenze degli ictus cerebrali. Infatti, in questi casi il fattore tempo è determinante. La maggior parte dei casi di sclerosi multipla riguarda il Gorski kotar. Sono molto frequenti le demenze, che vengono considerate come la pandemia cronica e progressiva del futuro. In questo senso dobbiamo prepararci molto bene ad affrontarla. Per il momento è possibile effettuare una diagnosi precoce, riconoscere i cambiamenti cognitivi e definire una terapia adeguata quanto prima. Tra le malattie più frequenti ci sono l’epilessia e l’emicrania”.

La pandemia di Covid-19 ha influenzato le malattie e la cura delle malattie del movimento?

“A causa della situazione provocata dalla pandemia, tutta l’attenzione è rivolta alla lotta contro il virus. Molte attività si sono dovute adeguare all’epidemia, tra cui anche la neurologia. In molte istituzioni i posti letto nelle Cliniche sono stati ridotti per potere mettere in funzione i reparti Covid e il personale sanitario è stato trasferito negli stessi. Nel corso della prima ondata di contagi venivano trattati soltanto i casi urgenti. I pazienti, per paura dell’infezione, evitavano i controlli dal neurologo nonostante lamentassero un peggioramento delle proprie condizioni di salute. Addirittura in casi d’urgenza, come l’ictus cerebrale, ci siamo accorti che il 25 per cento dei pazienti non si è rivolto all’ambulatorio neurologici d’urgenza, nonostante i sintomi. Al termine della prima ondata della pandemia abbiamo rilevato un netto peggioramento delle condizioni di salute dei pazienti. Il Covid ha influito negativamente sui pazienti con malattie neurodegenerative, indipendentemente se contagiati o meno. L’isolamento e il distanziamento sociale, misure che vanno rispettate per contrastare la pandemia, non fanno bene a queste persone e tantomeno ai malati di Parkinson, in quanto viene ridotta l’attività fisica. Queste patologie non aumentano il rischio del contagio, ma è bene sottolineare che nella maggior parte dei casi si tratta di persone anziane, con comorbidità. Pertanto, la migliore prevenzione è la vaccinazione.

La nuova sfida della neurologia è la sindrome neurologica postCovid, rilevata nel 30-40 per cento dei pazienti anche sei mesi dopo la guarigione dal virus. È caratterizzata da una prolungata depressione, stanchezza cronica, disturbi di memoria/concentrazione, del sonno, dolori muscolari e ansia. Non si sa ancora con certezza, ma sembra che la sindrome neurologica postCovid sia una risposta anomala del sistema nervoso, metabolico e immunitario al virus”.

Le malattie neurologiche sono in aumento?

“Diverse malattie neurologiche sono in aumento. La causa maggiore è dovuto al fatto che la speranza di vita è raddoppiata nel secolo scorso. Un aumento allarmante riguarda le malattie neurodegenerative collegate all’età, inclusi l’Alzheimer e il Parkinson. I fattori a rischio per le malattie cerebrovascolari, anche queste in aumento, sono lo stile di vita e l’alimentazione. Diventano più frequenti i casi di sclerosi multipla e di tumori cerebrali. Da non sottovalutare la crescita del numero di emicranie e di attacchi di emicrania. La buona notizia è che la neurologia non è più una branca che non è in grado di fare molto per i pazienti, che a causa delle malattie debilitanti, dipendono da altre persone. Oggi è possibile prevenire il 40 per cento delle demenze seguendo uno stile di vita sano ed eliminando le brutte abitudini. Lo stesso vale per l’ictus cerebrale. La neuroscienza, i nuovi metodi di cura, la tecnologia d’avanguardia dimostrano che è possibile prevenire e migliorare di gran lunga le cure e la riabilitazione della malattie neurologiche”.

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