Pola. Pescheria, prezzi per tasche profonde

Con il fermo pesca in atto gli acquirenti non hanno troppa scelta e allora devono virare sui cefalopodi

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Pola. Pescheria, prezzi per tasche profonde
Cappesante a 22 euro. Foto Daria Deghenghi

Ieri, martedì 16 gennaio, è stato l’ultimo giorno di fermo pesca e non c’è nemmeno il bisogno di spiegarsi: in questo caso i banchi aperti sono pochi, la pescheria praticamente deserta. Già mancano gli stagionali, e cioè tutti quelli che vendono pesce fresco solo tra Pasqua e Natale, settimana più, settimana meno, ma quando mancano i rivenditori di pesce azzurro la situazione è poco più che disperata. Per certi versi, il fermo pesca si riflette anche sul ceto degli acquirenti: quando manca il pesce economico, mancano anche gli operai, le famiglie meno agiate. Tra gli acquirenti si vedono solo clienti che non devono badare a un euro o due di in più o in meno di spesa giorno per giorno. Ingegneri, ex deputati in pensione, funzionari, ecco chi può permettersi il pesce pregiato. Non certo i pensionati con 400 euro di introiti, ma neanche chi lavora e vive di lavori umili o precari (il più delle volte entrambi).

Gamberoni e scampi in vendita da 20 a 40 euro. Foto Daria Deghenghi

Insomma, ieri mattina nessuna speranza di spendere meno di 7 o 8 euro per chilogrammo di pesce, il prezzo minimo delle triglie (le più minuscole), pesce altrimenti pregiato che costa dai 15 ai 20 euro se la taglia è superiore. In generale, maggiore la pezzatura, maggiore il prezzo, con qualche eccezione alla regola.

Calamari di tutte le taglie a un prezzo uniformato: 20 euro al chilo. Foto Daria Deghenghi

I calamari nostrani, a patto che non siano piccoli piccoli, costano sempre 20 euro, anche quando in pescheria compaiono (ma è raro) esemplari da due chili e due etti, lunghi mezzo metro, mostruosi. A momenti sembrano quei bestioni dell’Oceano pacifico. Suvvia, non esageriamo. Sono sempre i calamari di casa nostra, solo che sono riusciti a sopravvivere alle retate dei pescatori. A proposito di cefalopodi.

Seppie a 10 e a 13 euro. Foto Daria Deghenghi

Un’ottima alternativa al calamaro è la seppia, che costa la metà (10 euro, con punte di 13 euro) anche se c’è più scarto da buttare e più sporco da pulire. In compenso però ci si fa un risotto da leccarsi i baffi. E sempre in tema di cefalopodi, il polipo si vende a 10 ma vale oro nelle ricette degli antipasti freddi o insalate di mare. Poi abbiamo le sogliole a 18 e 20 euro, il sarago pizzuto sempre a 18. Il dentice costa 27 euro, lo scorfano e gli scampi 40, capesante e salmone 22, i gamberoni 15, tanto quanto i tentacoli di calamaro gigante precotti. Roba che arriva da chissà dove. Andiamo invece sul sicuro col merluzzo (a 8 e a 10 euro), le orate selvatiche (8-10), altre orate a 12, branzini a 10 e 15, tonno a 20, razze a 9 e vongole a 11 euro.

Poco pesce, pochi clienti.
Foto: Daria Deghenghi

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