Com’era la scuola d’inizio Novecento

Al TNC «Ivan de Zajc» di Fiume è stato presentato dinanzi a un pubblico di alunni della CNI lo spettacolo del Teatro Rossetti «Quell'anno di scuola» con la regia e la drammaturgia di Alessandro Marinuzzi

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Com’era la scuola d’inizio Novecento
La pièce ha inizio con gli attori già presenti sul palco. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

È andato in scena al Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume, in un doppio appuntamento, lo spettacolo “Quell’anno di scuola”, un adattamento del romanzo di Giani Stuparich, con la regia e la drammaturgia di Alessandro Marinuzzi, mentre assistente alla regia è Davide Rossi. A interpretare i numerosi personaggi del romanzo sono stati gli attori del Teatro Rossetti, Ester Galazzi e Riccardo Maranzana, e della Compagnia Giovani del progetto TeSeO dello Stabile del Veneto. Tra il pubblico, invece, numerosi ragazzi delle scuole elementari e medie superiori italiane di Fiume e dell’Istria.

Una città d’altri tempi
La scena è ambientata nel 1910, in una Trieste austroungarica che vede in Vienna un modello di cultura e libertà d’espressione. Questo vale soprattutto per la protagonista, Edda Marty, una ragazza adolescente che sente il bisogno impellente di affermarsi nel mondo abbattendo le barriere imposte alle donne da una società patriarcale. Un’opportunità da non perdere le viene offerta quando a Trieste l’iscrizione alla scuola pubblica viene aperta anche alle ragazze ed Edda ha, quindi, la possibilità di frequentare l’ultimo anno di liceo classico dell’Ottavo Ginnasio Comunale Superiore, dopo il quale potrà continuare con gli studi universitari. La presenza di una ragazza tra i banchi di scuola, però, crea scompiglio tra gli studenti e quella che all’inizio è un’amicizia all’insegna del cameratismo, si trasforma in alcuni casi in amore e attrazione fisica. Il tema universale degli amori tra i banchi di scuola, dei sentimenti non corrisposti e delle difficoltà di concentrazione dovute a occhiate sfuggenti, sono sicuramente attuali anche oggi, ma lo spettacolo ci permette di fare un salto nel passato e (ri)vivere il clima di segregazione tra i sessi.

Una forma teatrale fuori dai canoni
Abbiamo tutti presente il clima che si respira nelle aule scolastiche, il brusio, le battute lanciate qua e là, i suggerimenti agli interrogati, le frecciatine e tutti quei discorsi, più o meno seri, che avvengono tra i ragazzi. “Quell’anno di scuola” ripropone proprio quest’atmosfera scolastica, iniziando molto prima dell’arrivo del pubblico, con il sipario aperto e gli attori che passeggiano sulla scena e chiacchierano tra di loro, rivolgendo delle domande agli spettatori che man mano entrano in sala e cercano il proprio posto a sedere. L’inizio dello spettacolo avviene sempre su questa scia e ci porta in un liceo nel quale gli studenti si fanno conoscere dai loro discorsi. Si potrebbe definirlo uno spettacolo corale un po’ particolare, perché anche se i personaggi sono quasi sempre attivi sulla scena e le battute vengono intercalate al discorso indiretto, una parte sicuramente inusuale è l’utilizzo della terza persona da parte degli attori. Per fare un esempio, potremmo dire che in un’unica battuta l’attore dà voce sia al narratore che al personaggio.

Un triangolo amoroso
Al centro della vicenda c’è, come già menzionato, Edda Marty, una studentessa che vuole dedicarsi allo studio per raggiungere la libertà e l’indipendenza e “rispondere solo a sé stessa della propria vita”, ma viene messa in guardia dalla sorella Edvige, che le dice di non credere agli uomini, a meno che non diano una grande prova d’amore. Protagonista maschile è Giorgio Antero, con il quale Edda vive una tenera storia d’amore, troncata sul nascere non solo dalla madre possessiva di lui, ma anche dal tentato suicidio per amore di un compagno di classe, che ribalta gli equilibri tra i protagonisti. Edda deve scegliere tra il senso del dovere che le impone di essere vicina a Saletti, che si sta riprendendo in ospedale, e il desiderio di stare con Antero. Una parte di lei, però, vorrebbe uscire da quella situazione per dedicarsi esclusivamente allo studio, com’era suo desiderio dal buon inizio. La difficile situazione viene resa ancor più pesante dalle critiche della società, che non comprende come la protagonista possa occuparsi di temi frivoli e andare in gita con i compagni, quando la sorella sta per morire. Parte delle critiche viene rivolta anche al suo modo di vestirsi, evidentemente non conforme ai canoni dell’epoca.

Calo di concentrazione
Per seguire la trama e per poter cogliere le sfumature dei rapporti tra i personaggi in scena è necessario seguire con attenzione lo spettacolo. Anche se il tema dovrebbe essere vicino agli interessi dei ragazzi delle scuole medie superiori, purtroppo il pubblico fiumano di alunni e studenti, dopo la prima metà dello spettacolo, ha dimostrato impazienza e calo di concentrazione, infastidendo anche gli altri spettatori presenti alla messinscena. Potremmo dare la colpa alla giovane età, alla complessità dello spettacolo, al fatto che le nuove generazioni non sono abituate al teatro e preferiscono il divertimento facile dei telefonini, fatto sta che il mormorio derivante dalla platea ha detratto il piacere di una visione indisturbata dello spettacolo e ha sicuramente infastidito anche gli attori sulla scena, che però hanno svolto il loro lavoro in maniera impeccabile. Gli interpreti di questa messinscena sono Giulia Ester Galazzi, Riccardo Maranzana, Airò Farulla, Riccardo Bucci, Davide Falbo, Chiara Pellegrin, Emilia Piz, Gregorio Righetti, Andrea Sadocco e Daniele Tessaro.

Pochi riferimenti storici
Chi conosce la storia delle nostre terre riesce a cogliere le sottili sfumature dei discorsi dei ragazzi, che aiutano lo spettatore a collocare la vicenda in un contesto storico. È chiaro sin dall’inizio che la storia raccontata avviene all’inizio del XX secolo e a confermarlo c’è, alla fine della messinscena, il riferimento alla Prima guerra mondiale. Questa conclusione è tratta, però, da una persona che conosce la storia, la cultura e la letteratura di Fiume, dell’Istria e di Trieste degli ultimi due secoli. Gli spettatori adolescenti, però, hanno ammesso di non aver capito bene le dinamiche tra i personaggi e i motivi delle loro azioni. Forse sarebbe stato preferibile dare agli alunni un’infarinatura sul periodo storico e sul romanzo di Stuparich al quale si ispira la messinscena. Gli abiti dei personaggi rimandano alla seconda metà del XIX secolo o all’inizio del secolo scorso, ma la scenografia, curata da Andrea Stanisci, è scarna e composta in pratica solamente da banchi di scuola e una lavagna.

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