L’Unione si fa in… “quattro”

Il punto sulla riforma statutaria dell'UI con il presidente della Giunta esecutiva, Marin Corva

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L’Unione si fa in… “quattro”
Marin Corva. Foto Željko Jerneić

Quante Unioni italiane ci sono; una, due (l’Ui di Fiume e l’Associazione degli appartenenti alla Comunità nazionale italiana Unione italiana, ovvero l’Ui di Capodistria) o tre (l’Ui di Fiume, l’Ufficio dell’Ui di Fiume a Capodistria e l’Ui di Capodistria)? Il dilemma esiste e i consiglieri dell’Assemblea spesso ne discutono con “brio” durante le sedute del massimo organo deliberativo dell’associazione apicale e unitaria della Comunità nazionale italiana. Di recente, qualcuno ha addirittura suggerito d’istituire in Slovenia l’ennesima Unione italiana, la quarta (una filiale dell’Ui di Fiume in Slovenia). Se ne parla anche in altre sedi. L’argomento è complesso e delicato. Nel tentativo di fare chiarezza ci siamo rivolti al presidente della Giunta esecutiva dell’Ui Marin Corva nella speranza che possa aiutare a fare un po’ di chiarezza in materia.
“La Comunità nazionale italiana è una sola. I nostri connazionali risiedono sul Litorale sloveno, in Istria, nel Quarnero, in parte in Dalmazia, in Slavonia e in Moslavina. Ai tempi dell’ex Jugoslavia tutti questi territori facevano parte dello stesso Paese e di conseguenza esisteva una sola associazione apicale, mi riferisco all’Unione degli italiani dell’Istria e di Fiume (la vecchia UIIF, ndr)”, ha esordito Corva. “In seguito alla proclamazione dell’indipendenza della Croazia e della Slovenia – ha proseguito –, ovvero con la nascita di due nuovi Stati, l’Ui è rimasta unica e unita con sede a Fiume. L’Ui di Fiume comprendeva le Comunità di tutto il territorio. Lo comprovano i verbali del tempo, dai quali emerge che a rappresentarla erano anche connazionali con il passaporto sloveno e a far parte di questa Unione italiana (l’Ui di Fiume, ndr) erano anche connazionali residenti in Slovenia”.
UN SISTEMA PER BYPASSARE GLI OSTACOLI. “Dalla lettura dei documenti dell’epoca, ma anche in base a quanto mi è stato raccontato, emerge che esistevano delle difficoltà a operare in Slovenia. La realtà del tempo era diversa rispetto a quella di oggi. Ora non abbiamo più difficoltà a pagare (da Fiume) qualsiasi cosa in Slovenia, mi riferisco sia ai versamenti che facciamo su base quotidiana alle istituzioni, ad esempio alle Comunità degli Italiani e alle scuole, che alle persone fisiche”.
LA CNI È UNA SOLA. “Però in quel periodo – ha ricordato – hanno reputato necessario che ci fosse un’entità in Slovenia, tra l’altro prevista dallo Statuto dell’UI di Fiume. Si trattava dell’Ufficio dell’Unione italiana in Slovenia. Un Ufficio che per poter operare doveva avere una formalizzazione. Questo criterio è stato soddisfatto con la registrazione dell’Associazione degli appartenenti alla Comunità nazionale italiana Unione italiana con sede a Capodistria”, ha puntualizzato Corva, ribadendo che “di fatto e de iure esiste una Cni ed esistono due Ui, una storica con sede a Fiume e un’Ui/Ufficio con sede a Capodistria, con l’Ufficio previsto dallo Statuto Ui che in pratica non esiste da quando è stata creata l’Ui di Capodistria”.
“Molto schiettamente – ha proseguito il presidente della Giunta esecutiva – quando vado a Roma, a Lubiana e a Zagabria io rappresento esclusivamente l’Ui di Fiume, quella storica, per intenderci. E lo faccio anche quando mi reco a Lubiana, quando vengo invitato a partecipare alle commissioni minoritarie in Slovenia. Anche quando sottoscrivo il contratto con l’Ufficio per le minoranze della Repubblica di Slovenia”.
Stando a quanto raccontato finora da Corva, emerge che quella della Cni è una realtà articolata per non dire complessa o addirittura “complicata”, come l’hanno definita gli studenti del Dipartimento d’Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Fiume al termine di una lezione tenuta loro nei mesi scorsi proprio da Corva sull’“Universo Cni”.
Tuttavia, i tentativi fatti finora nell’intento di semplificare il sistema sono naufragati. Le soluzioni proposte non hanno ispirato fiducia e puntualmente o sono state scartate senza neppure essere prese veramente in considerazione o sono finite con l’essere respinte alla prova del voto in sede di Assembla. È successo alla fine del mandato 2018-2022, con la bocciatura della bozza del nuovo Statuto dell’Ui e nel marzo scorso con il respingimento della mozione tesa a modificare l’articolo 9 del Regolamento di procedura dell’Assemblea. Dell’articolo 9, a quanto pare, si tornerà a parlare.
MODIFICHE INDISPENSABILI. “Forse non sono stato sufficientemente chiaro nello spiegare la mia posizione e la posizione della Giunta esecutiva. Puntualizzo che non è stata la Giunta esecutiva a proporre la mozione dibattuta e messa ai voti a Verteneglio. Non è successo perché ritengo che si debba procedere a una modifica che non si limiti all’articolo 9. L’articolo 9 effettivamente è inattuabile e in quanto tale va rivisto. Ma non solo lui. Per poter operare sono necessari documenti chiari, leggibili e coerenti. In questo momento non li abbiamo”, ha rilevato.
“Il cambiamento – ha proseguito – è indispensabile. Lo è perché il mondo è drasticamente cambiato dagli anni ’90 a oggi. Dobbiamo adeguare tutta la nostra documentazione, gli atti interni, affinché possano dare sostegno fattibile e una struttura adeguata alla società di oggi. Va fatta chiarezza. Anche a me alcune cose sono diventate limpide soltanto una volta che mi sono insediato in questo ufficio, dopo che sono diventato presidente della Giunta esecutiva e considerate che prima ero dipendente dell’Ui e segretario di Giunta”.
FARE CHIAREZZA, PENSANDO AL FUTURO. “Alcune parti dello Statuto – ancora Corva – risalgono agli anni ’90 quando avevamo una strutturazione diversa. Tornando al caso dell’Unione Italiana di Capodistria, forse non è sufficientemente chiaro che si tratta di un’istituzione a sé stante, che deve sottostare all’ordinamento giuridico sloveno. C’è, insomma, uno Statuto che va completamente rivisto in modo che in futuro ci sia una struttura che ci consenta di promuovere in modo chiaro la lingua, la cultura e l’identità italiana”. “In questo momento – ha aggiunto – alcuni articoli dei nostri atti interni sono molto interpretabili. Quando li interpreta qualcuno che come me che ha la fortuna di essere all’Ui da vent’anni è una cosa, ma cosa succederà quando lo dovrà fare qualcuno che magari proverrà da un altro ambiente (scuola, imprenditoria…), con esperienze diverse rispetto alla mia? A queste persone dobbiamo assicurare una documentazione chiara nella quale sarà definito quali sono ad esempio i compiti del presidente della Giunta. Deve essere sancito in modo inequivocabile che il presidente della Giunta fa ‘A’, ‘B’ e ‘C’. Non può essere che il presidente deve fare ‘A’ se gli astri si allineano in un modo e ‘B’ e ‘C’ se invece le stelle sono posizionate diversamente”.
“Dobbiamo capire chi fa cosa, chi ha che responsabilità e garantire alle persone le condizioni per poter operare. In caso contrario il sistema sarà ingestibile”, ha sottolineato Corva, annunciando che la Giunta ha intenzione di eseguire un’analisi degli atti interni. “Ho detto più volte, anche in campagna elettorale e in sede di Assemblea, che come Giunta esecutiva, disponendo della documentazione e dell’esperienza necessaria, intendiamo fornire al Comitato per lo Statuto e il Regolamento una serie d’informazioni affinché questo possa fare il suo dovere nei confronti dell’Assemblea. Lo considero un dovere”, ha concluso.

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