Giorno del ricordo. Qualcuno chieda scusa

Celebrazione alla Foiba di Basovizza. Interventi dai toni fermi. Gli animi accesi. Presenti anche diversi leader politici e i rappresentanti dell’Unione Italiana

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Giorno del ricordo. Qualcuno chieda scusa

“Ad oggi, da oltre confine, sembra che la memoria continui ad avere una sola faccia, ma manteniamo accesa la speranza, anzi continuiamo a chiedere che qualcuno, dall’altra parte del confine, nel rispetto della sofferenza arrecata, venga su questo terreno sacro alla patria e si inginocchi davanti a questo monumento per chiedere scusa”. Le parole del sindaco di Trieste Roberto Dipiazza arrivano decise alle centinaia di persone che nello spiazzo antistante la Foiba di Basovizza sono accorse ieri mattina per assistere alla cerimonia del Giorno del Ricordo. Tante le rappresentanze d’arma, tanti i ragazzi provenienti da molte scuole d’Italia, da Caltanissetta a Novara, passando da Orvieto da dove hanno portato anche delle poesie lette durante la cerimonia. Non c’è però serenità, gli animi sono accesi, come se qualcosa dovesse succedere…. Quando prende la parola il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri in rappresentanza del Senato, la deputata Debora Serracchiani e i senatori Luigi Zanda e Tatjana Rojc lasciano la foiba di Basovizza in segno di protesta. Per la prima volta è intervenuto prima di lui un presidente di Regione, il leghista Massimiliano Fedriga, e ciò ha suscitato qualche mugugno.
Sapere e andare oltre
Anche Massimiliano Fedriga si agita, ha preparato un discorso che non terrà, vuole andare a braccio. Prima di lui e di Gasparri aveva preso la parola Paolo Sardos Albertini, con parole che tagliano come un rasoio perché affondano nella conoscenza della storia di queste terre. Si rivolge ai giovani perché sappiano, ma anche perché riescano ad andare oltre. La sera e notte precedenti sono apparsi striscioni contro i partigiani di Tito e contro chi sostiene la loro storia. Non c’è pace nell’animo degli uomini. Una tragedia come quella delle foibe che dovrebbe servire da monito, diventa motivo di contrapposizione. Alla cerimonia Salvini e la Meloni che non vengono salutati, si dice solo della presenza di esponenti dei partiti. Ma la gente lo sa, il loro arrivo era stato annunciato con grande anticipo dai media e sui social.
Vengono posate le corone, l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi ha tenuto la messa e benedetto la foiba, gli alpini hanno cantato Signore delle cime… con tutti i labari issati verso il cielo. Atti simbolici che dovrebbero avere un significato non solo formale, dovrebbero far riflettere. Ma i pensieri sono congelati, anche per il freddo insopportabile e la pioggia che sferza i volti.
La cerimonia di Basovizza è l’evento centrale di un ampio programma di manifestazioni e iniziative commemorative, culturali e di approfondimento storico, curato dal Comune di Trieste e dal Comitato per i Martiri delle Foibe in occasione del Giorno del Ricordo, che continuerà anche nei prossimi giorni.
Un giorno triste
In precedenza, nella stessa mattinata, come ogni anno, si è tenuta la collegata e più breve commemorazione alla Foiba di Monrupino. Tra le autorità a lato del palco altri importanti esponenti del governo, della politica nazionale, tra i quali il ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, il Prefetto di Trieste Valerio Valenti; ci sono anche in rappresentanza dell’Unione Italiana: Marin Corva e Paolo Demarin, e tanti rappresentanti delle associazioni degli esuli in Italia e nel mondo. Il presidente dell’Assemblea UI Demarin ha dichiarato a proposito della ricorrenza: “Un giorno talmente triste che anche il cielo ha pianto le vittime delle foibe”.
Abbiamo visto aggirarsi tra il pubblico anche Claudio Antonelli dal Canada e Niki Giuricich dal Sudafrica. Tutti hanno seguito con rispetto l’ingresso sulla spianata della Foiba, dei Medaglieri delle Associazioni d’Arma e dai Gonfaloni dei Comuni, in primis quelli di Trieste e Muggia. Ai giovani il compito di leggere la preghiera di mons. Antonio Santin ai Martiti delle foibe.
Su tutto cala il monito del sindaco Dipiazza: “La retorica dell’’affinché non accada mai più’ non ha senso se non ricordiamo e comprendiamo fino in fondo ciò che è accaduto su queste terre tra il settembre del 1943 e il febbraio del 1947 e a guerra finita. In quegli anni, Stati, governi, politici, con la propria inerzia, sono stati complici dei carnefici”.
Tutti i relatori hanno voluto sottolineare l’indignazione per la presenza di un negazionismo che avvelena questi momenti di ricordo e riflessioni. Fedriga ha annunciato tagli dei mezzi a quelle associazioni che lo perpetuano da tempo. Capire o punire? Forse chiarire. La scelta non è facile.
Ancora una volta si chiude un 10 febbraio che da Roma e altrove parte con la forza degli argomenti e si svilisce in altri luoghi con le gesta ed il pensiero di chi sfrutta la memoria per ribadire ancora una volta frustrazioni mai sopite.

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