Senato. Casellati: «Non dimenticare è un imperativo morale»

Cerimonia nell’Aula di Palazzo Madama in occasione della ricorrenza del 10 febbraio. Sono intervenuti i presidenti del Senato e della Camera, Elisabetta Casellati e Roberto Fico, il premier Giuseppe Conte e gli esponenti degli esuli. Presenti anche i rappresentanti della CNI

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Senato. Casellati: «Non dimenticare è un imperativo morale»

“Ricordare le Foibe, ricordare le decine di migliaia di vittime, ricordare l’esodo e la tragedia di centinaia di migliaia di italiani cacciati dalle proprie terre, è un imperativo morale e un insegnamento fondamentale da trasmettere alle nuove generazioni. Per troppi anni su questo dramma c’è stata una sorta di guerra civile culturale che ha dato vita ad un negazionismo antistorico, anti-italiano e anti-umano”. Lo afferma il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, che oggi 10 febbraio  nell’Aula di Palazzo Madama ha aperto con il suo intervento la celebrazione del Giorno del ricordo in memoria di tutte le vittime delle foibe, organizzata assieme al presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico. Tra i presenti anche il vicepresidente del Sabor e deptato CNI Furio Radin e il presidente dell’Unione Italian Maurizio Tremul, nonché il parlamentare al seggio specifico della CNI alla Camera di Stato del Parlamento di Lubiana, Felice Žiža.
“È proprio sulla memoria delle tragedie dello scorso secolo che si basano e trovano forza e legittimazione le nostre Istituzioni repubblicane, vero baluardo democratico rispetto al rischio che l’odio o le discriminazioni razziali possano tornare”, ha aggiunto il presidente Casellati, che in aula ha parlato delle foibe come di un dramma che ha “i contorni di un genocidio di ferocia inaudita, inaccettabile, ingiustificabile”. “Ricordare – ha aggiunto – è un imperativo morale. Ricordare sempre, ricordare tutto. È solo dalla conoscenza storica che può nascere e irrobustirsi il dialogo tra i popoli europei; quel dialogo che negli ultimi anni ha sancito importanti momenti di condivisione e di reciproca amicizia con le autorità croate e slovene”. “Il Novecento è stato, purtroppo – ha sottolineato Casellati – il secolo delle atrocità, delle guerre, dell’odio razziale, degli stermini di massa. Gli uomini si sono macchiati di violenze che mai avrebbero potuto essere immaginate, accecati dalle diversità, dalle ideologie, dalle differenti appartenenze etniche, sociali, culturali o nazionali.”.
Soffermandosi poi sui drammi che stravolsero le vite delle persone ha proseguito: “Dopo le prime esecuzioni, risalenti ai giorni immediatamente successivi all’otto settembre del 1943, si susseguirono gli eccidi, le deportazioni, i soprusi. Episodi che proseguirono anche dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, potendo quindi essere considerate le più gravi stragi di italiani compiute in tempo di pace. La storiografia è ormai concorde nel giudicare tali fatti parte integrante di una strategia pianificata, che aveva come elemento principale l’eliminazione degli italiani.” “Per decenni il peso della memoria ricadde quasi esclusivamente sugli esuli, le loro famiglie, le loro benemerite associazioni. Ci fu, ritengo doveroso sottolinearlo, un silenzio assordante da troppe parti: istituzioni, società civile, intellettuali, organi di informazione”, ha detto ancora Elisabetta Casellati, osservando che “per troppi anni c’è stata una sorta di guerra civile culturale, combattuta per le stesse ragioni ideologiche che oggi fortunatamente si riscontrano in pochi e isolati casi. Una guerra che, con la scusa di tener testa ad una non meglio identificata propaganda reazionaria, diede vita ad un negazionismo antistorico, anti-italiano e anti-umano. Sulle vicende del confine orientale cadde un vero e proprio oblio che solo in anni recenti, anche grazie al coraggio e alla lungimiranza dei presidenti della Repubblica succedutisi, è stato spazzato via dalla verità, dalla storia, dalla memoria”.
“La legge che ha istituito questa giornata ha inteso conservare e rinnovare la memoria di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della vicenda del confine orientale. Oggi riaffermiamo che quelle pagine drammatiche di storia appartengono a tutti gli italiani e sono pertanto parte integrante della coscienza civile della intera comunità nazionale”, ha detto il presidente della Camera, Roberto Fico. “Celebrando il Giorno del ricordo – ha aggiunto – non diamo tuttavia solo attuazione ad una legge, ma compiamo un atto fondamentale di giustizia e di verità. Per lunghi decenni – ha sottolineato – è calato il silenzio sulle migliaia di italiani uccisi dalle autorità comuniste jugoslave e sul fatto che le vittime non erano soltanto i membri dell’apparato repressivo nazifascista ed elementi collaborazionisti, ma anche membri delle forze dell’ordine italiane, partigiani che non accettavano l’egemonia jugoslava, e soprattutto semplici cittadini inermi. Erano persone. Le istituzioni e tutti i cittadini – ha affermato Fico – hanno il compito di continuare a tenere vivo il ricordo di quanto avvenuto al confine orientale dell’Italia e di promuovere la ricostruzione e la divulgazione storica, in particolare tra le nuove generazioni. E di rigettare senza esitazioni le tesi negazioniste o giustificatorie, purtroppo ancora presenti”.
L’intervento del premier Conte
“Oggi siamo qui per risanare quella ferita, per chiedere ancora una volta scusa per l’oblio che ha inghiottito per decenni la vicenda delle foibe”, ha detto, nell’intervento conclusivo il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. “Oggi siamo qui per ricordare e per riannodare il filo di una memoria spezzata, ma soprattutto per conservarla e per trasmetterla alle nuove generazioni. Non si può infatti costruire una memoria condivisa e collettiva del passato senza il contributo delle diverse componenti della società. Il percorso che ha condotto all’istituzione del Giorno del ricordo è stato lungo, è stato faticoso, frutto dell’abnegazione con cui le associazioni degli esuli, i loro discendenti, letterati, storici e intellettuali hanno alzato per anni la loro voce contro l’indifferenza”, ha aggiunto per poi citare Enzo Bettiza – “Per un esule, quale sono stato, la parola era il solo modo per difendere l’identità” – e ricordare “le struggenti, bellissime pagine letterarie di Nelida Milani, di Guido Miglia, di Fulvio Tomizza, di Lina Galli, di Claudio Magris, e di tanti altri che hanno rivendicato il proprio diritto a testimoniare”.
“È segno di grande maturità, per un popolo, affrontare la comprensione di fatti e memorie anche conflittuali del proprio passato, attraverso un dibattitto pubblico serio, rigoroso, scevro da strumentalizzazioni, in cui storia, memoria e identità sono strettamente connesse”, ha aggiunto Conte, ricordando che la legge del 2004 fu “l’esito del confronto tra forze politiche contrapposte, che allora misero da parte le preclusioni ideologiche, le differenze valoriali, anche fortemente rivendicate, per impedire che quella dolorosissima vicenda continuasse a essere motivo di scontro e divisione, e perché al contrario divenisse fattore di unità del popolo italiano”.
Il messaggio ai giovani
“Oggi – ha rilevato – la comunità nazionale considera questa tragica memoria come patrimonio costitutivo della propria identità nazionale”. Il presidente del Consiglio si è poi voluto rivolgere ai giovani: “Voi potete oggi viaggiare in quelle terre orientali della Slovenia e della Croazia. Viaggiate per motivi di studio, lavoro, divertimento anche, senza più dover oltrepassare frontiere. In quelle terre, dove c’erano cortine e dove ci sono state – anche in un passato così recente – guerre etniche, oggi c’è uno spazio comune di integrazione, di scambio, anche di promozione di diritti. Ma è importante non dimenticare, non sottovalutare mai il rischio di nuovi nazionalismi, di nuovi odi, divisioni, di nuovi oblii. L’etica della responsabilità ci richiama tutti a tenere vivo quel ricordo, anche per arginare, per condannare qualsiasi forma o episodio, per quanto isolato, di riduzionismo o negazionismo o qualsiasi tentativo di bieca strumentalizzazione politica. È importante non dimenticare, non sottovalutare mai il rischio di nuovi nazionalismi, di nuovi odi e divisioni, di nuovi oblii”, ha detto il premier Giuseppe Conte, concludendo il suo discorso in Senato per le celebrazioni del Giorno del Ricordo.
Alla cerimonia, trasmessa in diretta su Rai2 a cura di Rai Parlamento, sono intervenuti anche il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, il presidente della Federazione delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, Antonio Ballarin, e il professor Davide Rossi dell’Università degli Studi di Trieste, che hanno portato la voce degli esuli. Al termine Isabel Russinova, attrice, modella e showgirl di origini istriane ha letto un brano tratto da “Una valigia di cartone” della scrittrice connazionale di Pola, Nelida Milani. È seguita la premiazione della IX edizione del concorso nazionale 10 febbraio “Arte, Scienze, Cultura, Sport: personaggi illustri del mondo giuliano-dalmata”, che ha visto impegnate le scuole.

 

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