Trump colpevole, il verdetto del processo Stormy Daniels

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Trump colpevole, il verdetto del processo Stormy Daniels

Donald Trump è stato giudicato colpevole nel processo legato ai 130.000 dollari versati all’attrice porno Stormy Daniels e alla falsificazione di documenti per occultare il pagamento effettuato nel 2016 e destinato a garantire il silenzio sulla relazione tra l’ex presidente degli Stati Uniti e la donna. Trump è il primo presidente nella storia degli Usa ad essere condannato per un crimine.

L’udienza per la sentenza è fissata per l’11 luglio dal giudice Juan Merchan, pochi giorni prima della convention repubblicana che si apre il 15 luglio e che dovrebbe incoronare Trump come candidato alle elezioni di novembre.

I 12 giurati a Manhattan si sono espressi sui 34 capi d’accusa. Alla domanda se avessero giudicato colpevole l’imputato su tutti i capi d’accusa, i giurati hanno risposto “sì” all’unisono. Trump, secondo le news diffuse dai network americani, inizialmente è rimasto impassibile con lo sguardo fisso davanti a sé. Quindi, si è girato verso la giuria mentre i singoli giurati confermavano il verdetto.

Trump ha ribadito che si è trattato di un “processo truccato” e ha definito il verdetto “una vergogna”. “In questo momento tutto il nostro paese viene truffato. Questa è opera dell’amministrazione Biden che cerca di ferire o danneggiare un avversario politico. Continueremo a combattere fino alla fine e vinceremo perché la nostra nazione è finita all’inferno. Non abbiamo più lo stesso paese, abbiamo un caos diviso”, ha aggiunto. “Il vero verdetto verrà il 5 novembre dal popolo – ha detto ancora – Sa cosa è successo qui, tutti sanno cosa è successo qui”.

Trump è stato giudicato colpevole per reati che prevedono, al massimo, 4 anni di carcere. Il giudice, in realtà, non è tenuto a comminare una pena detentiva nella sentenza che arriverà tra circa 40 giorni. Lo scenario d’altra parte è giudicato improbabile dalla maggior parte degli esperti legali: l’imputato è un ex presidente e, dettaglio non trascurabile, un 77enne senza precedenti penali. Il giudice potrebbe emettere una sentenza con la condizionale o una scarcerazione condizionata. Nel primo caso, Trump avrebbe l’obbligo di sottoporsi a controlli periodici e sottostare alle regole, mentre nel secondo non avrebbe nessuna supervisione.

Queste condizioni – che prevedono che il condannato sia sottoposto a lunghi interrogatori da parte dei funzionari dell’ufficio per la libertà condizionale sulla sua storia personale, la sua salute mentale e le circostanze che hanno portato alla sua condanna – sarebbero considerate un insulto da un ex presidente che al momento dell’eventuale sentenza di Merchan – sarebbe a pochi mesi dalle elezioni per la Casa Bianca. Infine, Merchan potrebbe anche decidere di condannare il tycoon ai servizi sociali.

Le possibili implicazioni di una condanna, per non parlare di una pena detentiva, di un ex presidente degli Stati Uniti, di nuovo candidato alla Casa, sarebbero senza precedenti ed esplosive.

Si pensi soltanto che nel caso, comunque estremamente improbabile, di una pena detentiva, si dovrebbe capire se e come il Secret Service dovrebbe continuare a proteggerlo. Nei giorni scorsi, il sindaco newyorkese Eric Adams ha detto che la prigione di Rikers Island e il dipartimento carcerario saranno pronti se dovrà ‘ospitare’ il detenuto Trump. Bisogna ricordare che in caso di condanna, ed anche detenzione, Trump potrà continuare ad essere candidato alla Casa Bianca, se fosse quindi condannato ai domiciliari, per esempio nella sua residenza a Mar a Lago, potrebbe continuare con comizi a distanza e apparizioni tv, ovviamente con l’autorizzazione.

Come dovrebbero essere anche autorizzati dal ‘probation officer’ anche gli eventuali spostamenti per comizi e ricevimenti elettorali nel caso di libertà condizionale. “Questo sarebbe super imbarazzante per qualcuno impegnato in una campagna elettorale, se dovesse andare ad un dibattito con Biden, potrebbe farlo, chiedendo l’autorizzazione in anticipo”, spiega al Washington Post Matthew Galluzzo, ex procuratore newyorkese, riferendosi ai dibattiti del 27 giugno – data in cui probabilmente Merchan ancora non avrà reso nota la sentenza – e del 10 settembre.

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