Il Maestro Bellucci con «Marsia» conclude l’omaggio a Dallapiccola

Oggi, 20 giugno, alle ore 20, al Teatro popolare istriano di Pola, tappa finale di un percorso musicale di grande successo articolatosi tra il Friuli Venezia Giulia e l’Istria

0
Il Maestro Bellucci con «Marsia»  conclude l’omaggio a Dallapiccola
Il Maestro Giovanni Bellucci durante uno dei suoi concerti. Foto di Gordan Ukić gentilmente concessa da Rovinj Art&More

È in programma oggi, 20 giugno, alle ore 20, al Teatro popolare istriano di Pola, un concerto omaggio a Luigi Dallapiccola, affidato al pianista di fama internazionale, Maestro Giovanni Bellucci. Sarà la tappa finale di un percorso di grande successo nel Friuli Venezia Giulia e in Istria che ha coinvolto musicologi, musicisti, il Conservatorio di Trieste, le Comunità degli Italiani e un pubblico sempre entusiasta e quasi sbalordito dal programma proposto.
“Sì, noi due siamo diversi nel panorama musicale italiano: lui è un giuliano come me”. Così Quirino Principe, musicologo di chiara fama ha riassunto un aspetto del legame con Luigi Dallapiccola. Il termine “diverso” diventa un universo intero, parla di provenienza, ma anche di capacità di cogliere le grandi sfide del proprio tempo, poggiando su solide basi di passione, conoscenza, ragionamento e forza di osare. È stato bello assistere all’intervista realizzata da Giovanni Bellucci, pianista e direttore artistico del progetto “Crocevia Dallapiccola” articolato in un convegno e in cinque talk recital a Pirano, Trieste, Pisino, Rovigno e Pola. Voluto e organizzato dal Circolo di cultura istro-veneta “Istria”, presieduto dal giornalista Ezio Giuricin, grazie ai mezzi concessi grazie alla Legge 2001 e successive modifiche.
Un progetto con tre momenti come le tre opere per pianoforte che Dallapiccola ha lasciato in eredità al mondo: “Il quaderno musicale di Annalibera”; “Sonatina canonica sui capricci di Paganini” e ora, a Pola, “Tre episodi dal balletto Marsia”.
Quando si affronta il discorso sulla nostra eccellenza istriano-fiumano-dalmata, è proprio questo lo spirito che si tenta di sottolineare. Che cosa vorremmo che il pubblico cogliesse? Il senso di una cultura, le caratteristiche di una società plurilingue e pluriculturale che spesso produce bellezza grazie a chi sa elevarsi al di sopra di una dimensione locale per misurarsi con il mondo. È questo che affascina di Dallapiccola, è stato grande senza dimenticare la provenienza da una terra che la storia non ha risparmiato, infliggendo sofferenza, perpetrando tentativi di separazione e creando traumi difficili da superare. Ma lui ha scelto il bello di questo contesto regalando pagine particolari, riservando alla dodecafonia i suoi messaggi più convinti.
Il pubblico ha avuto modo di ragionare su questi percorsi seguendo le spiegazioni di vasto respiro e studio profondo del Maestro Bellucci, che nell’esecuzione dei vari brani, da virtuoso, ha esaltato tutto l’importanza dei collegamenti insiti in questo percorso.
L’intervista a Quirino Principe è stata trasmessa durante il convegno al Conservatorio di Trieste e online per i tanti fortunati che hanno avuto modo di ascoltarne le considerazioni e le valutazioni sul mondo della musica, stimolato dalle domande incalzanti del pianista Bellucci, che ritroveremo negli atti del convegno che il Circolo pubblicherà a breve.
A Pola, al Teatro popolare istriano, si chiuderanno i tre momenti del “Crocevia” dedicato a Mente, Anima e Corpo.L’ultimo ha come soggetto la Danza. Il balletto Marsia non ha avuto tante rappresentazioni, ma tra queste rimane senz’altro memorabile quella realizzata da un coreografo straordinario come l’ungherese Aurel MiholyMilloss, amico di Dallapiccola, che volle affidare il ruolo del Silone a Amedeo Amodio. Del suo Marsia rimangono delle foto scattate all’Opera di Roma alla fine degli anni Sessanta. Spettacolo di grande impatto, sul quale sono stati scritti saggi e considerazioni, così come il ballerino stesso ricorda.
Appare sul grande schermo del Conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste, che ha ospitato il convegno. C’è emozione per quel volto aperto e cordiale incorniciato da una massa di riccioli, ora come allora.

Scarsa documentazione

“Il pubblico deve sapere che esiste poca documentazione in circolazione – commenta Bellucci – di questa meravigliosa opera di Dallapiccola e della sua coreografia”. Da qui l’emozione di poterne parlare con l’interprete, il Maestro Amodio, grande étoile che ha interpretato Marsia sotto la guida di Dallapiccola e Milloss. L’emozione non è legata soltanto al fatto presente, all’intervista che stiamo per proporvi. C’è un legame, il filo rosso che unisce i protagonisti dell’incontro.
“Quand’ero adolescente – rivela Bellucci – ho conosciuto Milloss perché mi faceva studiare nel salone di casa sua, aveva saputo che non disponevo di un pianoforte. Praticamente ha assistito ai miei debutti di pianista imberbe e inesperto”. Lo racconta divertito, ma con una punta di orgoglio nella voce, comprensibile per chi ha avuto modo di conoscere una star senza quasi averne coscienza. Non soltanto, compreso il talento del ragazzo, Milloss gli ha fatto conoscere la musica di Dallapiccola, che diventerà la sua prova d’esame.
Quando il progetto del Circolo Istria ha portato Bellucci a Pisino, c’era una promessa nell’aria e un profondo senso di stupore. Ricordando quei giorni, il Maestro sussurrava: “Mai avrei pensato di eseguire la sua musica laddove è nato”. Spesso la vita riesce a sorprenderci e a regalare sorrisi, non di infantile compiacimento, ma di stupore adulto.
Così è la vita degli artisti.
Anche Amedeo Amodio quando ebbe modo di entrare al Teatro La Scala nel 1951 a studiare danza, “le nostre sale da ballo – racconta, rispondendo alle domande di Bellucci – si scambiavano con i professionisti ed è capitato che, mentre noi stavamo finendo, entrassero coloro che dovevano ballare Marsia. Mi ricordo che nel 1952 i primi balletti che ho visto alla Scala sono stati Il principe di legno di Bela Bartok, Marsia di Luigi Dallapiccola e Il cappello a tre punte di De Falla e per me è stata una cosa meravigliosa. E poi quando sono andato al Teatro dell’Opera di Roma come primo ballerino, lavorando con il Maestro Milloss, ho potuto godere di una ricchezza veramente incredibile. Milloss era un coreografo che spiegava. Prima ancora di parlare di passi, coreografia, movimento, egli doveva interpretare la situazione psicologica del personaggio, per cui i passi venivano modificati dipendentemente dallo stato interiore che il personaggio svelava”.
Ma chi è Marsia? “Un personaggio mitologico – spiega Bellucci – una figura tragica che finisce scuoiata da Apollo… perché perde una… sfida”.

Una collaborazione eccezionale

La mitologia ci propone spesso situazioni violente, emblematiche, di situazioni reali alle quali il mondo arcaico assegnava una spiegazione. Così il loro sentire arriva fino a noi, cariche di segni premonitori e di indizi che immaginano il futuro.
“Marsia è stato per me – spiega Amodio – una lezione di psicologia, di drammaturgia, di coreografia. Milloss mi spiegava il senso di questo Sileno che dentro di sé aveva uno spazio infinito e meraviglioso che vuole donare. Succede che iniziamo a lavorare, analizziamo i passi, poi subentra la musica e all’improvviso avverto una sensazione strana, ma leggibile, ho la pelle d’oca e il mio corpo segue le note, le asseconda, le veste, le fa sue. Il Maestro mi guarda e comprende, mi chiede di spiegare e io gli racconto questa sensazione così forte: il personaggio era entrato dentro di me, io ero lui in quel momento. Il Maestro, pur essendo molto preciso e rigido nelle sue considerazioni coreografiche, era aperto alle suggestioni individuali brillando per intelligenza e intuizione tanto che stimolava l’artista a completare ulteriormente il suo sentire. E tra noi c’era un’eccezionale collaborazione. Magnifico”.
Ormai siamo dentro al balletto. Interessa ogni particolare di questa musica che a Pola rivivrà nell’interpretazione del pianista che chiede ancora a Amodio: come avevate risolto il dato tecnico, non oso immaginare Marsia scuoiato sul palcoscenico…
Amodio sorride e ricorda: “La tragicità dell’evento era proprio nel movimento che narrava l’accadimento, nei miei gesti e di coloro che si impegnavano nello scuoiare il malcapitato strappando i drappi appositamente inseriti. Un altro elemento fondamentale erano le luci che diventavano protagoniste, eloquenti”.
Con Milloss, Amodio ha realizzato “La follia d’Orlando” di Petrassi e con le scene di Giacomo Manzù, altra esperienza straordinaria, poi “Deserti” di Edgar Varèse su questo giovane che vaga da solo in luoghi sconosciuti.
E con Luigi Dallapiccola? L’attenzione si fa materia in attesa della risposta.
“Era entrato in sala per seguire le prove, in una bellissima interazione con il coreografo. Allora a teatro vigevano tanta competenza e grande sensibilità. Oggi c’è molto movimento, ma non c’è drammaturgia, non esiste approfondimento, che fa la differenza, nel descrivere un sentimento”.
“Come Béjart – stimola ancora Bellucci –, molto competente in materia musicale, a differenza di noi pianisti che poco sappiamo del movimento nella danza”.
“Romeo e Giulietta e gli altri personaggi – spiega ancora Amodio – entrano ognuno con un diverso stato d’animo. Anche Strehler diceva, non mi interessa la dizione, ma il significato che tu attribuisci alla parola”.
È tempo di concludere e tutti vorremmo che non fosse così.
Quindi: il significato influenza la tecnica e non necessariamente viceversa. “Ciò è di fondamentale importanza anche per noi musicisti – sottolinea Bellucci –. Il pianoforte è uno strumento del nostro corpo, ma è l’abilità del sentire che dà un significato al gesto. Ognuno ha una sua creatività e deve saperla trasmettere. O per citare Mahler: “Sulla partitura è scritto tutto, tranne l’essenziale”.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display