Vito Marot: «Tiro due calci a un pallone e poi chissà»

Il 18.enne connazionale fiumano sta bruciando le tappe con la maglia dell’Orijent, dove ha già esordito in prima squadra

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Vito Marot: «Tiro due calci a un pallone e poi chissà»

Le vie dello sport sono infinite. Per trovare un posto al sole non c’è una regola scritta, ma sicuramente quello che serve sono talento, tenacia, sacrifici, tanti sacrifici, ma anche la fortuna nell’incontrare le persone giuste al momento giusto. E non è detto che basti, non esistono garanzie di successo. È un po’ la storia di Vito Marot, il 18.enne connazionale di Fiume, un “mulo de Cosala” e studente della quarte classe-indirizzo turistico della SMSI, il quale in pratica dall’oggi al domani si è ritrovato nella prima squadra dell’Orijent, formazione che milita nella Seconda Lega croata. Verrebbe da dire un calciatore per caso, visto che la famiglia Marot è tradizionalmente legata al mondo del tennis. Il padre Claudio è un apprezzato maestro, il nonno Renato era un buon giocatore, ma soprattutto c’è uno stretto legame di parentela con il grande Gianni Cucelli, uno dei maggiori interpreti della racchetta italiana alla fine degli anni Quaranta e a inizio di quelli Cinquanta, sia nel singolare che nel doppio (con Marcello Del Bello), che vinse innumerevoli titoli nazionali e si fece valere anche a livello internazionale (tre volte nei quarti del Roland Garros). Si dice che fu anche uno tra i primi, se non il primo, a indossare i pantaloncini corti, suscitando all’epoca grande scalpore. Ma questa è un’altra storia e dalla pallina da tennis torniamo al pallone da calcio, anche se Vito ci tiene a precisare che da bambino aveva pure lui impugnato la racchetta.

“Un’esperienza durata tre settimane e finita con una sonora caduta dopo una corsa all’indietro. A quel punto ho infilato la racchetta nella custodia. La mia passione è stata sempre il calcio e già a 5 anni volevo giocare e allenarmi”. Un desiderio rimandato di due anni, anche perché mamma Tamara aveva preferito iscrivere il figlio al corso di nuoto e quindi a uno di ginnastica. “In piscina ci sono stato un anno e in palestra un mese e mezzo e poi finalmente è arrivato il momento di calciare il pallone”. La classica trafila nelle giovanili, iniziata a 7 anni nelle minori squadre locali, partendo dalla Rikard Benčić. Poi la parentesi al Rijeka, che lasciò 14.enne perché “l’allenatore mi disse che ero troppo piccolo per giocare”. Chissà cosa ne penserebbe Messi, non esattamente un gigante in quanto a struttura fisica… Quindi altri due anni di “apprendistato” alla Lokomotiva e poi, da allievo, l’approdo a Crimea. È stata la svolta. “Il 2021 è stato il mio primo anno da juniores e fino a circa cinque mesi fa militavo in seconda squadra – racconta Vito –. Poi è arrivata la chiamata dell’allenatore Đoni Tafra (ex portiere del Rijeka, nda) per entrare a far parte dei juniores ‘veri’ per i quali ho disputato 5-6 partite prima della sosta invernale”. E qui accade l’impensabile, almeno all’apparenza. Inizia la preparazione della prima squadra in vista della ripresa del campionato e arriva a sorpresa la chiamata del tecnico Edo Flego. La reazione è un sentimento di incredulità ed emozioni: finalmente la grande occasione, l’ingresso nel calcio dei grandi e una data cerchiata in rosso, quella di sabato 19 febbraio 2022 e l’esordio in campionato da titolare a Crimea contro il Rudeš. Una splendida giornata… canterebbe Vasco Rossi. “Non riesco a esprimere a parole le emozioni che provai in quel momento e non finirò mai di ringraziare l’allenatore Flego per quell’occasione”. Poi arrivò anche il bis con il Dugopolje e la sostituzione dopo il primo tempo. “Di ruolo sono centrocampista arretrato, ma per necessità il tecnico mi schiera da terzino destro. In quella partita sostituì entrambi i laterali inserendo due attaccanti per recuperare lo svantaggio”. Il numero di maglia che indossa è il 26. “Nessun significato particolare, era uno di quelli rimasti a disposizione”.

Rijeka e Milan sono le squadre del cuore di Vito Marot, pure una tradizione di famiglia, ma questa volta rispettata. Per sua stessa ammissione la posizione in campo che predilige è quella di centrocampista arretrato e quindi il pensiero corre subito a un illustre interprete del ruolo che non necessita di troppe presentazioni: l’ex rossonero Gennaro Gattuso. “Sì mi riconosco un po’ in Ringhio anche se il paragone è un pochino scomodo e poi non sono un randellatore come lo era lui”. Ma i giocatori preferiti e a cui s’ispira sono altri. “N’Golo Kanté del Chelsea e Marco Verratti del Paris SG sono i miei modelli – ammette Vito –. La loro lettura e visione del gioco sono impressionanti, quando li ammiri in campo il calcio sembra così facile”. Quindi il pensiero di un tifoso. “Il campionato del Rijeka è andato, ma sono convinto che conquisterà la Coppa. Serie A? Spero ovviamente Milan, ma sarà un bel duello con l’Inter perché non credo che il Napoli possa farcela”.

E l’Orijent, crollato alla ripresa del campionato, dopo che si era parlato anche di promozione? “Come ha più volte detto l’allenatore Flego, rispetto alla prima parte della stagione la squadra è radicalmente cambiata. A Crimea sono arrivati una decina di giocatori nuovi, ma soprattutto se ne sono andati tre pilastri, che facevano la differenza: Fućak si è trasferito all’Osijek, mentre Frigan e Hodža al Dragovoljac”.

A 18 anni si sogna a occhi aperti, il futuro si riempie di progetti e di buoni propositi. “Non nascondo le mie ambizioni, ma tutto dipenderà dal campo, dove bisognerà essere all’altezza. Certo che il Rijeka è un sogno, ci mancherebbe”. Per concludere, Vito riesce perfettamente a conciliare gli obblighi scolastici con l’attività sportiva. “Il club e la SMSI sono in continuo contatto e c’è la massima disponibilità per permettermi di allenarmi con regolarità”.

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