Il Teatro dei burattini di Fiume sta diventando sempre più noto sia a livello nazionale, che internazionale, per i progetti prodotti e i numerosi premi vinti ai festival e rassegne per l’infanzia. Anche se ciò indica un’indubbia qualità della produzione, ma anche professionalità degli attori e direzione del Teatro dei burattini, ciò non vuol dire che le condizioni di lavoro siano delle migliori. Anzi, in una città che cresce e che vanta ingenti investimenti nella cultura, la sede del Teatro dei burattini, nel rione di Braida, è la più piccola in Croazia. A parlare di questo e altri problemi è stata la direttrice del Teatro dei burattini, Magdalena Lupi Alvir, la quale ha lamentato i problemi più impellenti e ha proposto come risolverli.
Com’è nato il Teatro dei burattini di Fiume?
“Il Teatro dei burattini, all’indirizzo Blaž Polić 6, esiste dal 1960. Il Teatro delle marionette si è sviluppato a Fiume tra le due guerre mondiali su entrambe le sponde della Rječina, ovvero parallelamente sia a Fiume che a Sušak. Abbiamo delle testimonianze scritte di queste attività per entrambi i casi. Dalla parte di Sušak è interessante notare che il responsabile del Teatro dei falchi (Sokolsko kazalište) era Viktor Car Emin, mentre a Fiume c’era un Teatro delle marionette. Dopo la Seconda guerra mondiale il Teatro dei burattini di Fiume fu attivo in diversi spazi, ma la prima sede stabile è proprio quella nella quale ci troviamo tuttora. Tra qualche anno, dunque, celebreremo 65 anni di produzione teatrale in via Blaž Polić 6. In questi spazi, prima che subentrassimo noi, c’era la mensa della polizia e prima ancora il Teatro Apollo (1912, all’epoca in via Alessandro Volta 6), il Teatro Alhambra (1922), un club intitolato dancing bonbonniere Varietè (1925) e il cinema Odeon (1933). Non sappiamo la storia delle decisioni che hanno portato a questo tipo di utilizzo di questi ambienti, perché in realtà noi ci troviamo in un complesso residenziale e abbiamo pochissime o nessuna foto di questi teatri e cinema. Sappiamo, però, che fino al 1995 dal cortile interno del complesso residenziale si entrava direttamente nella sala teatrale, mentre successivamente è stato costruito l’atrio con la cupola che si vede oggi”.
Quali interventi sono stati fatti in tempi più recenti?
“Ho iniziato a lavorare in questo Teatro nel 1989, prima della grande ristrutturazione degli anni Novanta, ma devo dire che ho completamente rimosso i ricordi di com’era il palazzo prima dei lavori. L’unico e più grande intervento della seconda metà del XX secolo risale al 1995, quando il palazzo è stato ristrutturato e ha preso la forma che ha oggi. I lavori più importanti sono stati fatti nella sala dove vanno in scena gli spettacoli, ma in realtà tutta la superficie del Teatro, compresi gli uffici, i servizi sanitari e l’officina, per un totale di 500 metri quadrati, ha subito un makeover una trentina d’anni fa. Per quanto riguarda la sala teatrale, è stato rifatto il palcoscenico e sono state cambiate le poltrone della platea”.
Dopo la ristrutturazione del 1995 le dimensioni del Teatro corrispondevano ai bisogni della città di Fiume?
“In realtà l’opera di ristrutturazione ha puntato alla soluzione di alcuni problemi di base di questi spazi, però l’intervento è stato efficace solo in parte. Il problema chiave è il livello di visibilità della platea, che è rimasto problematico. Già all’epoca gli architetti non hanno potuto ottenere una pendenza sufficiente per posizionare le poltrone su un piano inclinato o a gradoni per permettere a tutte le file di vedere il palcoscenico. Purtroppo abbiamo solo due livelli, o gradini. Il primo è quello base con due file, poi c’è il primo con altre due file e il terzo con il resto dei posti. Non solo i bambini non riescono a vedere bene gli spettacoli, ma spesso lo stesso problema viene lamentato pure dai genitori! Il problema non è di facile soluzione perché nel retro della sala c’è la cabina audio-tecnica, che deve poter avere una buona visuale della scena per poter coordinare luci e suoni, mentre al piano superiore ci sono gli uffici e una sala prove che purtroppo non si può usare durante gli spettacoli perché non è insonorizzata. Anche questo è un grosso problema, perché in pratica possiamo fare solo una prova alla volta e ciò ci limita tantissimo. Ultimamente cerchiamo di usare anche gli spazi della Casa dell’infanzia, cioè il container sul tetto, ma è difficile se le prove si devono tenere sulla scena. Quindi volendo tirare le somme abbiamo due tipi di problemi: il problema dello spazio per le prove e il secondo, a mio parere più grande, della visibilità della scena”.
Quindi questi sono problemi che esistono da sempre?
“Sì, purtroppo siamo abituati alle lamentele dei genitori o alle richieste di biglietti per le prime due file, perché i bambini che siedono in terza fila vedono poco o niente. Abbiamo tentato di risolvere almeno in parte questo annoso problema con cuscini di spugna che rialzano gli spettatori più piccoli, ma non è una soluzione. Solitamente, se abbiamo produzioni nostre, chiediamo ai registi di preparare spettacoli scenograficamente più alti, ovvero nei quali l’azione si svolge al minimo a 50 centimetri di altezza. Non possiamo fare spettacoli ad altezza zero, ovvero sul palcoscenico, perché è impossibile vedere, ma cerchiamo di ridurre al minimo le scene nelle zone più basse e di spostare tutto su strutture portanti elevate, come tavoli o altro. Una soluzione è anche quella di fare pupazzi molto grandi o di tenerli in aria”.
Quando si è fatto più impellente il bisogno di una nuova sede?
“Nel 1995, all’epoca dei lavori, il direttore del Teatro dei burattini era Srećko Šestan. Mi ricordo che alla cerimonia di apertura l’allora sindaco Slavko Linić aveva dichiarato che il Teatro dei burattini rimesso a nuovo avrebbe soddisfatto i bisogni della città per i successivi vent’anni. Ebbene, sono passati quasi trent’anni e siamo ancora qui. In questo momento la capienza del Teatro è veramente troppo piccola. Gli uffici sono minuscoli, per non parlare dell’officina, e inoltre gli attori hanno il problema dei camerini perché abbiamo solo due piccole stanzette con gli armadietti di cui una è senza finestra. Nel cortile abbiamo una piccola officina per i lavori di falegnameria e un piccolo magazzino per gli elementi scenografici delle produzioni in programma, ma se dobbiamo verniciare gli elementi più grandi, ciò viene fatto all’aperto, nel cortile del palazzo. Si lavora, dunque, nel passaggio e non abbiamo uno spazio protetto dalla pioggia. Però, diciamo che potremmo tollerare di stare scomodi se i nostri spettatori avessero uno spazio adatto ai loro bisogni. Di tutti i Teatri per l’infanzia in Croazia la nostra scena è in assoluto la più piccola e per questo motivo quando organizziamo la Rassegna dei teatri dei burattini cerchiamo di sfruttare gli altri spazi messi a nostra disposizione, come ad esempio la Casa croata di Cultura (HKD) di Sušak o la Casa dell’infanzia. Però la sala della Casa dell’infanzia può venire usata soltanto per produzioni veramente ridotte, perché non è pensata come una scena teatrale ma un cinema e quindi anche in questo caso lo spazio per gli elementi scenografici e la tecnica è quasi nullo. Quest’anno non abbiamo allestito nemmeno uno spettacolo nella Casa dell’infanzia. Cerchiamo di adattare alcuni spettacoli della Rassegna in modo da farli stare sulla scena del nostro Teatro, ma spesso dobbiamo ridurre persino gli spettacoli di piccolo formato. Tutti i teatri dei burattini dei maggiori centri croati, ovvero il Teatro dei burattini di Spalato, il Teatro per l’infanzia Branko Mihaljević di Osijek, il Teatro dei burattini di Zara e il Teatro dei burattini di Zagabria, sono stati rinnovati e ampliati negli ultimi vent’anni. Ma anche se non fosse per le ristrutturazioni, le scene di partenza erano più ampie e si tratta di strutture a sé stanti, quindi non vincolate da spazi di uso comune e da palazzi residenziali”.
Quando sono iniziate le trattative per una nuova sede?
“Da quanto ne so, l’ex direttrice, Zrinka Kolak Fabijan, lanciò diversi appelli pubblici nei quali lamentava le difficili condizioni di lavoro in questi spazi. In un’intervista nel 2014 parlò senza mezzi termini dell’impellente bisogno di prendere dei provvedimenti in questo senso. In quell’intervista Kolak Fabijan ventilò per la prima volta la proposta di trasferire il Teatro dei burattini nel Padiglione del mercato di Braida.
David Lušičić, specializzato in architettura degli spazi teatrali e uno degli autori del progetto di quello che oggi è l’Histrionski dom di Zagabria, che doveva essere un Teatro per la scena alternativa, nonché del Centro di danza sempre di Zagabria, è stato il primo a pensare a questa soluzione. Si tratta sicuramente di una persona che ha applicato il suo sapere e conosce bene le problematiche di questo tipo di edifici teatrali perché si è occupato non solo di progettazione di teatri, ma anche di adattamento di spazi preesistenti. La sua tesi di laurea, del 2004, alla Facoltà di Architettura di Lubiana, ha riguardato proprio un intervento di adattamento del Padiglione del mercato di Braida per farne la nuova sede del Teatro dei burattini. Successivamente Lušičić si è specializzato anche in scenografia e persino regia di film. Non dubito, quindi, nelle sue doti e nel suo talento perché si tratta di un professionista e artista fiumano estremamente versatile. La sua proposta è rimasta per noi un modello al quale guardiamo con estremo interesse, ma per realizzarlo è necessaria una chiara volontà politica perché il progetto è estremamente complesso e dispendioso”.
Il vostro desiderio è rimanere nel rione di Braida?
“Per noi sarebbe l’ideale perché siamo affezionati a questa parte della città e perché credo sia importante per un teatro dell’infanzia essere vicino al centro. Era stato proposto di adattare il Teatrino che si trova in seno al Benčić, ma purtroppo si tratta di una struttura inadeguata. Non possiede l’altezza necessaria a un teatro e lo spazio all’interno è troppo esiguo. Attualmente abbiamo 124 posti, se si tratta di bambini accompagnati da adulti, mentre se si tratta di scolaresche, possiamo ospitare fino a 180 spettatori. Penso che il Teatrino abbia una settantina di posti, quindi meno della metà di quelli a disposizione ora. Dovremmo avere al minimo 150 o 200 posti per poter soddisfare l’interesse del nostro pubblico. Noi non desideriamo avere una sala o una scena enormi, perché penso che anche il contatto diretto col pubblico e la vicinanza fisica sia importante, ma dobbiamo assolutamente risolvere il problema della visuale e avere una scena almeno un po’ più larga di quella di adesso, che misura 4 metri e 20 nel punto più ampio”.
Quali novità prevedeva il progetto di Lušičić per il Padiglione del mercato di Braida?
“Non posso divulgare il progetto perché si tratta comunque di un’opera d’autore, ma posso descrivere a grandi linee i cambiamenti che prevede. Il progetto mantiene intatto l’aspetto esteriore del Padiglione con tutti i suoi dettagli architettonici, ma all’interno viene costruita la sala teatrale, un piccolo caffè bar, un’officina, un guardaroba, i servizi sanitari adeguati anche alle persone disabili e gli ascensori. L’architetto aveva previsto anche una serie di lavori di scavo per rafforzare le fondamenta, ma anche per ottenere un piano seminterrato. Questa è la parte che fa saltare alle stelle i costi di realizzazione del progetto e rende tutto molto complicato anche a causa delle sorgenti sotterranee che si sono dimostrate particolarmente insidiose anche nel complesso del Benčić e in tutti i lavori che si sono tenuti nella zona di Potok e Braida. Quello che ci è piaciuto del progetto è pure l’organizzazione dello spazio esteriore, che verrebbe trasformato in un vero e proprio rione per l’infanzia. Anche se all’epoca della realizzazione del progetto non esisteva la Casa dell’infanzia, penso che anche nella prospettiva odierna non sarebbe eccessivo fare del nostro rione una sorta di aggiunta al rione artistico Benčić”.
Vorreste insediarvi nel Padiglione o usare entrambi gli spazi contemporaneamente?
“Noi abbiamo comunque bisogno di più spazio, anche per l’immagazzinamento delle scenografie e altri elementi, quindi il Padiglione in sé non basterebbe a soddisfare tutte le nostre necessità. In questo momento stiamo usando un magazzino a Pehlin, perché ci servono quei mille metri quadrati in più per la conservazione delle scenografie e dei pupazzi. La mia idea era di realizzare, in seno al Teatro dei burattini di Fiume, anche un Museo dei burattini, nel quale sarebbero esposti i pupazzi più preziosi. In Croazia non esistono musei di questo tipo, ma all’estero è una pratica abbastanza comune, pensiamo soltanto al Teatro dei burattini di Lubiana, che possiede un grande palazzo con numerose scene e persino uno spazio espositivo”.
Questo progetto è fattibile?
“Lo spero proprio e spero che anche questa intervista, come anche altri interventi e articoli nei media, contribuiscano a creare un po’ di pressione in questo senso. Penso che per molti anni siamo stati anche troppo modesti e pazienti. Continuiamo a essere ragionevoli e a fare il meglio con ciò di cui disponiamo, però visto il nostro successo e i risultati, credo proprio che ci siamo meritati un teatro nuovo. È questo il motivo delle nostre sempre più numerose richieste. Dovete sapere che se sommiamo gli spettacoli e i laboratori, noi realizziamo annualmente più di 400 programmi. Si tratta di una cifra enorme, non sostenibile. Era ancora peggio durante la pandemia quando il numero di rappresentazioni era aumentato a causa della riduzione del numero di spettatori per messinscena. Attualmente la Città di Fiume richiede un minimo di 250 programmi all’anno. Ci siamo dati da fare negli ultimi anni non solo in vista del progetto Fiume Capitale europea della Cultura 2020, ma anche a causa della pandemia. Ora credo che dovremo rallentare un po’, almeno finché siamo in questa sede”.
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