Un ricordo che scatena polemiche

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Un ricordo che scatena polemiche

Come purtroppo già troppe volte successo nel passato, evidentemente non poteva mancare nemmeno quest’anno la coda polemica relativa alle celebrazioni del Giorno del Ricordo. In situazioni del genere, piaccia o no, le antenne in Croazia e Slovenia, non soltanto tra le file del centrosinistra, sono puntate su ogni manifestazione che si svolge oltreconfine per captare qualche segnale negativo o presunto tale, che permetta di gridare allo scandalo. Fra le tante frasi emotive pronunciate in particolare alla cerimonia di domenica alla Foiba di Basovizza, era pressoché inevitabile che qualcuna finisse sotto i riflettori, con il conseguente corollario di sospetti di revisionismo, revanscismo e via discorrendo.

A finire al centro dell’attenzione si è ritrovato a sorpresa, potremmo dire, l’intervento di Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo ed esponente di primo piano di Forza Italia e del Partito popolare europeo, una formazione di cui tutto si può dire, ma non che non sia moderata e accorta nelle sue posizioni.
Ebbene nel corso del suo intervento a Basovizza, Tajani ha affermato che “Trieste è una città simbolo dell’identità nazionale. Nel dopoguerra era ben viva la sofferenza dei triestini, del popolo di queste zone dei dei tanti che sono stati costretti da un giorno all’altro a lasciare le proprie case e le proprie Terre. Alla fine, grazie ala verità e la giustizia hanno vinto, in quanto oggi siamo in grado di celebrare il ricordo di quegli anni orribili, affinché questo non accada più. Siamo riusciti ad evitare che si spegnesse per sempre la luce su quanto avvenuto in queste Terre. Siamo qui a rendere giusto tributo ai caduti, affinché il loro sacrificio non sia vano”.
“Da italiano – ha sottolineato Tajani –, da patriota, da presidente del Parlamento Europeo, farò in tutti i modi affinché a Bruxelles non si spengano i riflettori su quanto avvenuto in questa parte d’Italia. Nel corso della prossima sessione al Parlamento Europeo ricorderò le tragedia di queste terra e la Foiba di Basovizza, così tutta sapranno ciò che è qui accaduto”.
“Non possiamo permettere – ha rilevato ancora Tajani – che in Venezuela, dove vivono numerosi italiani e persone con il cognome italiani possa ripetersi una dittatura efferata comunista come quella di Tito, evitando che succedano tragedia, come quelle accadute in questi territori”. “Viva Trieste – ha concluso il presidente del Parlamento europeo –, viva l’Istria Italiana, viva la Dalmazia Italiana, viva gli Esuli, evviva i valori della nostra Patria”.
Ed è proprio su quest’ultima frase, ovvero su parte di essa – interpretata chiaramente in senso stretto, assolutamente letterale, e non in senso estensivo, ossia dall’ottica culturale – che si sono abbattuti gli strali di gran parte degli esponenti del mondo politico sloveno e croato, incluse le diplomazie.

«Falsificazioni e revisionismo»

La prima a reagire è stata Lubiana. In un tweet premier sloveno Marjan Šarec ha parlato di falsificazioni e revisionismo storico senza precedenti, messo in atto da alti politici e persino da funzionari dell’Unione europea. Šarec ha anche aggiunto che il fascismo aveva come obiettivo quello di distruggere il popolo sloveno. In una nota il Ministero degli Esteri sloveno ha parlato di un’interpretazione unilaterale e selettiva della storia, non in linea con lo spirito europeo. Il Capo dello Stato Borut Pahor ha scritto all’omologo italiano Sergio Mattarella esprimendo profonda preoccupazione per le dichiarazioni a Basovizza interpretate in Slovenia come una forma di revisionismo. Pahor ha rilevato che questa non è la prima volta che in Italia fanno la loro apparizione pubblicamente tesi del genere.

Concordi sinistra e destra

In Croazia, il mondo politico da sinistra a destra ha fatto pure quadrato nell’attaccare il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, per le sue esclamazioni. Il vicepresidente del Sabor e sostituto del presidente dell’Accadizeta, Milijan Brkić, ha affermato che “il popolo croato sa bene la storia e le vicende che ci hanno colpito nella Seconda guerra mondiale. Non voglia Iddio che gli italiani si prendano cura della Dalmazia e dell’Istria così come i fascisti si prendevano cura del popolo croato in Dalmazia e Istria”. Tajani “venda le sue idee da qualche altra parte, perché in Croazia non passeranno di certo”, è stato il messaggio di Milijan Brkić che ha concluso: “Questo lo Stato croato per il quale è stato versato molto sangue. È nato nella Guerra patriottica e i difensori e il popolo croato di sicuro non gli permetteranno di piazzare in Croazia le sue idee. Le venda al Parlamento europeo, se ci riesce, perché in Croazia non passeranno”.
L’ex ministro degli Esteri ed attuale europarlamentare socialdemocratico, Tonino Picula, ha usato anche parole di fuoco: “L’Istria e la Dalmazia sono storicamente regioni croate e nessun revisionismo della destra italiana, di Tajani e dei suoi alleati del Partito popolare europeo al quale appartiene anche l’Accadizeta, può cambiare questo dato di fatto. La Dalmazia e l’Istria hanno sofferto sotto il tallone del fascismo italiano e hanno conquistato la loro libertà e l’annessione alla Madrepatria con la Lotta popolare di liberazione, alla quale assieme ai croati e gli sloveni hanno partecipato pure gli antifascisti italiani”.
L’europarlamentare della Dieta democratica istriana, Ivan Jakovčić, ha pure condannato la dichiarazione “poco accorta” di Tajani, rilevando che il presidente del Parlamento europeo ha deciso di sfruttare “una santa cerimonia a fini elettorali. Le sue parole non si addicono alla funzione che ricopre”. L’eurodeputato, ricordando che Tajani ha visitato l’Istria e Fiume assieme al premier Andrej Plenković durante l’ultima campagna elettorale, ha sottolineato che il presidente del Parlamento europeo ha potuto rendersi conto di persona che abbiamo tutelato nel modo migliore i diritti della minoranza italiana. Da oggi, ha concluso Jakovčić, Tajani non ha più la mia fiducia quale presidente del Parlamento europeo.

Rimasti sorpresi

Era pressoché inevitabile che a prendere posizione formalmente fosse anche la diplomazia di Zagabria. Il ministro degli Esteri, Marija Pejčinović Burić ha definito le dichiarazioni di Tajani una “forma inaccettabile di revisionismo storico, specie quando arriva da un alto funzionario che rappresenta il Parlamento europeo, un’istituzione nata appunto per evitare che in Europa faccia di nuovo la sua comparsa la guerra”. Ora, ha aggiunto Marija Pejčinović Burić, spetta al Parlamento europeo prendere posizione. In ogni caso, ha rilevato il ministro, non è un bene che accadano cose del genere, in particolare in vista delle elezioni europee. Simili messaggi, ha concluso, non sono in linea con i valori di civiltà sui quali è stata edificata l’Unione europea e nemmeno con i principi della rappacificazione e della convivenza.

Inaccettabile l’irrendentismo

Ferma la posizione assunta anche dal premier Andrej Plenković. “Rigetto e condanno energicamente la sua dichiarazioni che contiene elementi di revisionismo e pretese territoriali. Il governo e l’HDZ si oppongono fermamente a una cosa del genere”, ha rilevato il premier, ammettendo che non si sarebbe aspettato una cosa del genere da Tajani. “Ho parlato con lui e gli ho espresso la mia insoddisfazione per la sua dichiarazione, chiedendo spiegazioni”, ha affermato ancora il premier. Alla domanda dei giornalisti se Tajani sia ancora suo amico, Plenković ha risposto con accortezza diplomatica, rilevando di non voler fornire interpretazioni ulteriori su un tema così delicato. “Ho ascoltato il suo discorso. Ha detto di parlare quale presidente del Parlamento europeo riferendosi alla questione delle vittime. Non desidero giustificarlo. Il pubblico al quale si rivolgeva non basta a giustificarlo. Noi siamo colleghi, egli è un uomo chiave di un nostro partito amico. Quello che ha detto è sbagliato e glielo ho fatto chiaramente sapere”, ha rilevato il premier. Sulla stessa lunghezza d’onda il Presidente Kolinda Grabar-Kitarović: “Il revisionismo e l’irrendentismo sono inaccettabili”.
Cauto, ma fermo nelle sue dichiarazioni anche il vicepresidente del Sabor Furio Radin che al Večernji list ha espresso sorpresa per le parole di Tajani. “Non è questo il Tajani che conosco. Mi attendo che rettifichi quanto dichiarato. Simili parole appartengono alla retorica del dopoguerra, degli anni Cinquanta e Sessanta”, ha sottolineato Radin, esprimendo la convinzione che questo incidente isolato non dovrebbe avere serie conseguenze.

Interpretazioni errate

I mass media croati e in particolare il portale Index hanno ripreso intanto le puntualizzazioni dell’Ufficio di Tajani in cui si rileva che le parole del presidente del Parlamento europeo sono state interpretate erroneamente e che lui non ha mai detto che l’Istria e la Dalmazia sono parte dell’Italia e che. Sarebbe assurdo affermare una cosa del genere, hanno rilevato ancora dall’Ufficio, ribadendo che l’Istria e la Dalmazia sono chiaramente parte della Croazia. Il presidente del Parlamento europeo, in altri termini, ha parlato riferendosi a un contesto storico: “Egli ha commemorato le vittime italiane, ma anche tutte le vittime di quel tragico periodo. Tajani esprime rammarico per tutte le vittime. La vittime non hanno colore partitico o politico e le parole di Tajani sono rivolte a tutte, senza distinzioni”. Spiegazioni chiare queste. Basteranno a evitare dannose e inutili code polemiche che fanno male a tutti alla lunga? Di tragedie queste terre ne hanno conosciute abbastanza, quanto basta pertanto per soppesare sempre e comunque le parole in questi casi.

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