Uljanik. Lo sciopero si riversa in strada

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Uljanik. Lo sciopero si riversa in strada

Amarezza e ribellione hanno pesato come macigni sul cielo terso sopra il cantiere navale Uljanik, le cui maestranze, ieri, sono scese in sciopero. Dopo il breve comizio davanti alla sede della Direzione, buona parte degli operai è scesa in strada per rivendicare il mancato versamento dello stipendio di luglio e la totale assenza di garanzie per il futuro. La polizia, che ha presidiato la zona, non si è opposta all’uscita in strada dei lavoratori, chiudendo al traffico per oltre 4 ore via Flaccio da ogni direzione.

Edificato in un passato veramente lontano – era il 1856 –, soppravissuto a due guerre mondiali, gestito da quattro ordinamenti statali, Scoglio Olivi si ritrova oggi, nel 2018, a confrontarsi con qualcuno che è più forte di lui. Anzi, pare che i nemici siano più di uno, quindi non è solamente la crisi della cantieristica a corroderlo da tempo, né soltanto il corpo manageriale che lo ha in gestione (una piramide complicata, che premia con degli extra-stipendio non soltanto gli amministratori principali, ma anche una classe media di manager). Bensì, è giunto al punto di offrirsi al primo arrivato; a chi ha voluto entrarci perché gli è piaciuto il posto; perché il cantiere è sulla costa, tutto gli è vicino, urbe e mare nostrum. Uguale quattrini. Denaro facile. È sempre così dalle nostre parti.

I dubbi sul futuro

Interessante la domanda sul domani, su quello che farà il partner strategico dell’Uljanik, “Kermas energija”, nel tratto di costa che dalla Direzione porta verso Molo Carbone, che si è posto Đino Šverko, leader dei Metalmeccanici del cantiere, alla conferenza stampa del Comitato di sciopero dei Sindacati di Scoglio Olivi, nell’ora più calda della giornata. Da premettere che la riunione con i media è servita per fare il punto sull’astensione: uno sciopero ad oltranza indetto dalle tre forze sindacali per il mancato versamento dei salari di luglio. “Come pensano di farci stare, e noi di poter essere in grado di produrre navi, assiepati nello spazio dell’arsenale (chiamato “otok” in croato)?” è la domanda che si è posto Šverko, rileggendo in chiave reale quanto è già stato presentato dal Gruppo di Danko Končar nei momenti in cui l’Assemblea straordinaria del cantiere aveva votato a fine inverno l’entrata della “Kermas energija” nel cantiere come partner strategico.

Lo Stato ci vuole o no?

Infatti, il Programma di ristrutturazione e diversificazione dell’attività dovrebbe interessare eccome il governo, accanto alla strategia di finanziamento delle paghe dei lavoratori dei cantieri di Pola e di Fiume. “Per costruire 3, o 3 navi e mezzo all’anno, che sarebbero unità navali tecnologicamente sofisticate, l’arsenale non potrà bastare”. “Non è possibile che un giorno all’Uljanik – ha continuato Šverko –, convivano tranquillamente cantieristica ed edilizia abitativa. Scherziamo? Già la cantieristica e il turismo non è sicuro che assieme se la cavino” (in riferimento al Marina in costruzione a Vallelunga). “Lo Stato dica a chiare lettere se vuole la cantieristica su questo territorio – hanno continuato in due, Šverko e Rajko Kutlača (Sindacato dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia) – perché quando c’è da elevare il PIL nazionale gli sta bene l’ordinativo di una nave a Pola. Gli è sempre stato bene. Però ora che stiamo affondando gli appetiti potrebbero non essere più quelli di una volta”.

Emorragia della forza lavoro

Boris Cerovac, presidente del Sindacato dell’Adriatico-Jadranski Sindikat, la terza forza sindacale nel cantiere, intervenuto in conferenza stampa assieme a nove altri colleghi, membri del Comitato di sciopero, ha detto che se i lavoratori sono usciti in strada è perché sono stufi marci di giochi e sotterfugi; stanchi di vedersela con pendenze per mutui, spese di casa e altre cose da pagare per arrivare a stento alla fine del mese; sconfortati dai brutti pensieri su un domani incerto. “Ma cos’è tutto questo? Un trucco della politica demografica statale? Se hanno deciso che non ci vogliono che ce lo dicano. Tanto abbiamo già perso 400 validi lavoratori da gennaio in qua” (sette mesi fa ci fu la prima astensione davanti alla Direzione per il ritardo della paga di dicembre). Questa la stima fatta dalle forze sindacali del cantiere. Lo stesso Cerovac ha continuato affermando che l’astensione vuole essere un doppio messaggio, alla Direzione del Gruppo Uljanik e al governo.

Direzione incapace

Una parentesi per dire che nessuno dei direttori (Gruppo Uljanik, Brodogradiliste Uljanik) si è fatto vedere, e sono stati loro i più fischiati dalla folla; qualche facinoroso ha insultato ripetutamente management, sindacati e anche i mass media, ma per il resto gli scioperanti si sono comportati con decoro e “nella legalità”.

“La Direzione si prenda le responsabilità che ha, prima fra tutte quella di essere stata incapace di gestire come si deve l’impianto”, ha proseguito Cerovac, ribadendo come il governo stia temporeggiando perché non ha capito bene se vuole salvare o no la barca che va a fondo. I Sindacati al cantiere, ha detto ancora Kutlača, non stanno certamente dalla parte dei direttori: “Non siamo stati noi a nominarli, non saremo noi a destituirli”, un tanto in risposta a chi ha insinuato che le organizzazioni sindacali fossero alla mercè degli amministratori di Scoglio Olivi. Gli ha dato man forte Šverko,”Veniamo pagati dal datore di lavoro, un tanto è vero, però è così in ogni cantiere”, ha voluto precisare, invitando ancora una volta il governo a occuparsi intensamente del finanziamento della produzione e degli stipendi ai lavoratori del Gruppo Uljanik.

Lo sciopero prosegue ad oltranza.

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