UI-UPT Rapporti e sinergie da riconsiderare

0
UI-UPT Rapporti e sinergie da riconsiderare

TRIESTE | Caso UPT: nell’aggiornamento sull’evoluzione della situazione all’interno dell’ente morale triestino che da cinquant’anni si occupa della collaborazione con l’Unione Italiana per conto del governo italiano, è d’obbligo usare il condizionale, o almeno così è stato fino a questo momento. Potrebbe esserci un commissariamento, si prevede che l’attuale direttore Fabrizio Somma debba lasciare… il nuovo presidente dovrebbe essere… lo sfasamento di bilancio sembra non sia così consistente…
Ne sapremo di più martedì, 9 ottobre, quando il delegato del Comune nel CdA dell’UPT, Piero Colavitti, informerà il Consiglio comunale di Trieste sugli sviluppi della situazione.

Un grande disagio

Rimane il grande disagio dei soggetti coinvolti e lo spazio per riconsiderare un rapporto, tra UI e UPT, che dimostra in questo momento tutta la sua inconsistenza, perché i tempi sono cambiati da quando l’Italia aveva bisogno di un soggetto che risolvesse tutte le pratiche burocratiche per l’esportazione di qualsiasi mezzo necessario, da quelli finanziari agli strumenti didattici per le scuole, ai libri, ai contratti con gli insegnanti, alla presentazione delle pubblicazioni, al Concorso Istria Nobilissima, alle tabelle che ricordassero il contributo del governo nei restauri delle Comunità degli Italiani e di sedi varie.
Con l’allargamento dell’UE, Slovenia e Croazia fanno parte di questa nuova Europa, che piaccia o meno, e quindi ci vogliono nuove regole che, se non si procede in corso d’opera, muteranno comunque, secondo percorsi imprevisti e imprevedibili. Ed è ciò che sta succedendo. Tutto quanto poteva funzionare nel passato, oggi ha bisogno di una rilettura, in versione rivista e corretta, che tenga conto delle prospettive di sviluppo di un mondo, quello comunitario, che sta segnando il passo.

Una riflessione a tutto campo

Come giustificare quindi il contributo all’UPT per il suo “servizio” se non ha più ragione di esistere, o almeno non in questa forma?
Se lo chiedono in molti in questi giorni e la risposta sarà frutto di una riflessione a tutto campo nonché di opportunità politica, se leggiamo con attenzione la visita del presidente dell’UI e del presidente della Giunta esecutiva UI, Maurizio Tremul e Marin Corva, a Roma. La politica triestina, da tempo, contesta una continuità elettorale nelle strutture dell’UI che non giustifica un discorso di annunciata volontà di rinnovamento che a vviene solo alla base, in qualche comunità, mentre il vertice rimane, inossidabile, da quasi trent’anni. Non si comprende però, perché una questione che riguarda la Comunità debba essere contestata altrove. In effetti ci siamo abituati: non facevano così anche il Partito comunista e poi l’ASPL nell’ex Jugoslavia, quando i funzionari presentavano studi e relazioni sul migliore modello di ‘minoranza’? Allora come ora, ciò che preoccupa è la mancanza di una soluzione, se non consideriamo legittimo l’azzeramento totale (come molti vorrebbero), per ricominciare. Se nel mondo virtuale il reset funziona, non è così nella realtà, in particolare in quella comunitaria, sensibile e delicata. La spinta deve partire dagli stessi appartenenti al gruppo nazionale, con il coraggio di ragionare su ciò che vogliono diventare… da grandi. Ma questo c’entra con l’UPT?
L’atteggiamento polemico della politica triestina nei confronti dell’UI negli ultimi anni, ha prodotto una condotta irrispettosa nei confronti dei desiderata del gruppo nazionale, che era uno dei principi della collaborazione, voluta caldamente dal presidente dell’UI, Antonio Borme, e dal segretario generale dell’UPT, Luciano Rossit, più di mezzo secolo fa e sempre osservati con serietà.

Equilibri sfaldati

Equilibri che si sono sfaldati nell’ultimo decennio, convincendo l’UPT, che gestisce i mezzi della collaborazione, di poter avere voce in capitolo, a volte con tracotanza, sullo sviluppo del gruppo nazionale, preferendo alcune Comunità, promettendo un rapporto privilegiato al altre, escludendo le riottose. Alimentando il giudizio di molti sul fatto che alla Comunità vengano elargiti “troppi mezzi” in modo improprio. Voci, illazioni, cattiverie, mescolate a indubbie verità, hanno fatto in modo che il rapporto UI-UPT si avvolgesse su sé stesso. Complice una mala gestione che sta emergendo e che dovrebbe (il condizionale è d’obbligo un’altra volta…) fare chiarezza sulle responsabilità collettive. A meno che non si voglia risolvere il tutto individuando un singolo capro espiatorio, per chiudere una vicenda scomoda (anche antipatica e fastidiosa), per molti.

Le riflessioni dei connazionali

Che cosa ne dicono i connazionali?
Paradossalmente qualcuno torna a considerazioni quali: “E se non ci saranno più finanziamenti, dovremo smuoverci e rimboccarci le maniche”.
Consola che non ci sia rassegnazione, spaventa un futuro incerto, rassicura la forza della nostra gente di ragionare su una possibile rinascita, fa paura un atteggiamento di supponenza nei confronti del gruppo nazionale che viene giudicato e spesso fatto a pezzi.
Non saremmo abbastanza italiani perché in molte nostre scuole i ragazzi tra di loro parlano il croato. A volte anche gli insegnanti che partecipano alle gite o ai seminari. Il giudizio vuole giustificare una specie di punizione: se non parlate l’italiano, non vi servono questi soldi che il governo italiano investe in voi; se continuate a eleggere Tremul, non vi diamo i mezzi della collaborazione, li gestiremo noi per voi, con grandi eventi o mandando avanti gli amici, o gli amici degli amici.
Siamo arrivati alla frutta! Il gruppo nazionale, istituzionalmente, rifugge lo scontro, ma ai connazionali, alle Comunità degli Italiani, alle scuole, agli enti, sta bene essere analizzati in ogni loro forma per dover ribadire in ogni momento la propria legittimità, quella dell’autoctonia, quella dell’inevitabile “bastardaggine” che è convivenza, osmosi, regionalismo, visto che l’Istria non è l’Umbria o la Toscana, visto che la purezza non è di questo mondo di frontiera?

Oltre le divisioni

Comunque vada la questione UPT, è la nostra realtà che deve cambiare, anche se poi il finanziamento dovesse trovare altri canali o essere addirittura diretto. Il gruppo nazionale che cosa vuole? Dove lo stanno portando l’inerzia e le divisioni manifestatesi negli ultimi tempi?
Troppe domande, ieri come oggi, troppe ‘pratiche’ inevase, troppi malumori, indifferenze, intemperanze, dubbi, sospetti, decisioni in enclave, politici da accontentare, anche Consolati ed Ambasciate. Troppe realtà che attingono da un fondo che è mirato e tale dovrebbe essere considerato, indipendentemente dal gradimento dei vertici.

Richieste di trasparenza

Che cosa ne dicono i dipendenti dell’UPT?
Spesso apprendono le notizie che li riguardano, dai mass media. Tanto che hanno voluto mandare una lettera ai diretti responsabili che, per loro stessa ammissione, non comprendono perché sia finita sulla stampa. Resta ferma la loro giustificata preoccupazione generale.
Anni fa il compianto direttore finanziario dell’UPT, Giordano Sattler, tuonò: “Basta con i compromessi, la nostra gestione deve essere trasparente!” Lasciò poco dopo, per questioni anagrafiche, ma le sue parole rimaste inascoltate, oggi tornano di incredibile attualità.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display