Protezione dei diritti delle minoranze: l’Unione europea fissi norme comuni

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Protezione dei diritti delle minoranze: l’Unione europea fissi norme comuni

STRASBURGO | In risposta alle persistenti discriminazioni, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione per chiedere norme comuni a tutela dei diritti di tutte le minoranze nazionali nell’UE. Nella risoluzione non legislativa adottata con 489 voti in favore, 112 voti contrari e 73 astensioni, i deputati chiedono una definizione giuridica comune di “minoranza” e raccomandano l’adozione della definizione contenuta nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Il Parlamento di Strasburgo, di fatto, invita la Commissione europea a elaborare una direttiva che introduca standard minimi di tutela delle minoranze nell’Unione europea, includendo parametri e norme per impedire agli Stati membri di discriminare le minoranze.

Il Parlamento sottolinea che i Paesi membri devono garantire pari diritti culturali, linguistici ed educativi all’8% dei cittadini dell’UE che appartengono a minoranze nazionali nell’Unione europea. Inoltre, mette in rilievo la necessità di un sistema comunitario di protezione delle minoranze che dovrebbe essere accompagnato da una valutazione delle politiche degli Stati membri in questo campo.

Profonda preoccupazione

La risoluzione esprime profonda preoccupazione per il numero di rom apolidi in Europa, spesso spinti all’emarginazione. Di conseguenza, i deputati chiedono ai Paesi dell’Unione europea di porre fine all’apolidia e di garantire che questa minoranza goda pienamente dei diritti umani fondamentali.
I deputati sottolineano l’importanza di proteggere e promuovere le lingue regionali e minoritarie. Circa il 10% della popolazione dell’UE parla attualmente lingue minoritarie.
Il testo invita, infine, la Commissione europea e i Paesi membri ad adottare misure per garantire la presenza delle lingue regionali e minoritarie nei sistemi educativi e nei mezzi di comunicazione.

No all’incitamento all’odio

“Il nostro obiettivo più importante è ridurre l’incitamento all’odio e i problemi che ne derivano. Tutti i cittadini europei dovrebbero essere in grado di usare la propria lingua madre senza timore per strada e negli spazi pubblici. Vorremmo costruire ponti tra la maggioranza e le culture delle minoranze, in modo che possano accettarsi e sostenersi a vicenda. L’Ue deve rispettare la sua diversità linguistica e culturale”, ha spiegato il relatore del testo, l’eurodeputato slovacco del Partito popolare, Jozsef Nagy.
Il fatto che la risoluzione non legislativa sia stata approvata a larghissima maggioranza dimostra in maniera inequivocabile l’importanza che la maggior parte delle forze politiche continentali attribuisce alla tematica, che finora a livello dell’Unione europea è rimasta relegata ai margini, lasciando che fossero gli Stati membri a occuparsi del problema.

Lenta erosione dei diritti

L’eurodeputato Juan Fernando Lopez Aguilar, del Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento Europeo (S&D), ha sottolineato nel suo intervento che “il rispetto dei diritti minoritari sta subendo una lenta e inesorabile erosione nell’UE e porta a una politica basata sull’esclusione in buona parte dei Paesi membri. Proprio questo rappresenta una minaccia ai fondamentali valori europei. Per tale motivo l’approvazione della risoluzione assume un particolare significato in quanto è necessario creare un meccanismo efficace di tutela dei diritti delle minoranze”.
Le resistenze maggiori alle iniziative europee nel campo della protezione delle comunità nazionali paradossalmente sono insorte dopo l’ingresso in Europa a pieno titolo dei Paesi dell’est, nei quali la presenza delle minoranze e i nodi legati alla loro tutela sono molto marcati. Hanno avuto buon gioco i timori che da Strasburgo e Bruxelles arrivassero direttive in grado di imporre criteri precisi in materia di diritti minoritari. Si sono create in pratica alleanze trasversali che non solo hanno impedito migliorie in questo settore, ma hanno fatto fare anche passi indietro rispetto a quella che era la situazione a livello comunitario prima dell’allargamento dell’Unione a est.

Le resistenze dell’est

Che le preoccupazioni maggiori per una possibile ingerenza dell’UE in questa delicata materia provengano dagli ambienti conservatori dell’Europa centro-orientale lo hanno confermato anche diversi interventi durante il dibattito sulla risoluzione nell’Assemblea di Strasburgo. Così l’europarlamentare conservatrice croata, Ruža Tomašić, ha sostenuto che la sfida principale è rappresentata dalla ricerca della giusta misura quando si tratta di tutela delle peculiarità minoritarie, in quanto “il confine fra la protezione dei diritti etnici e la segregazione è molto labile”. “Temo che queste politiche progressiste ci facciano fare passi indietro. Le peculiarità minoritarie vanno curate, ma non a scapito dell’integrazione delle minoranze e del buon funzionamento della società”, ha affermano l’eurodeputata croata del Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (ECR).

L’europarlamentare polacco Marek Jurek, anch’egli dello stesso raggruppamento conservatore continentale, ha sostenuto, da parte sua, che la risoluzione rappresenta un tentativo neanche tanto velato di imporre un “meccanismo ingiustificato permanente di controllo sugli Stati membri”. Come dire, all’est evidentemente si teme che tutto quanto si riferisce alla tutela dei diritti minoritari porti a ingerenze che mettano a repentaglio la sovranità nazionale così a caro prezzo conquistata. Nulla di nuovo sotto il sole.

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