La multiculturalità ispira i modelli scolastici

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La multiculturalità ispira i modelli scolastici

ZAGABRIA | Multiculturalità e assimilazione, sono le due tendenze presenti in ogni società nella quale s’intrecciano maggioranza e minoranze. Ma quali sono gli atteggiamenti nei confronti delle stesse e, soprattutto, come influiscono sulle preferenze in materia di modelli educativo-istruttivi? A queste, e a tante altre, domande ha cercato di rispondere la ricerca fatta dal team guidato da Dinka Čorkalo Biruški, professoressa di psicologia sociale presso il Dipartimento di psicologia della Facoltà di Filosofia di Zagabria. Una ricerca realizzata nell’ambito del progetto Processi integrativi della maggioranza e delle minoranze nelle comunità etnicamente miste (IntegraNorm) che gode del sostegno finanziario della Fondazione croata per la ricerca che ha coinvolto 1.568 bambini di età compresa tra gli 11 e i 18 anni e 2.000 genitori. Il campione era suddiviso in modo equo tra appartenenti alla maggioranza e alle minoranze residenti nelle quattro regioni croate nelle quali si registra un alto tasso di mescolanza etnica: l’Istria, la città di Daruvar con il circondario, la Slavonia – in particolare Vukovar con il circondario –, e la Baranja.

Classi mutlietniche

I risultati ottenuti da questa dettagliata analisi della situazione riguardante le preferenze e le scelte dei modelli scolastici sono stati illustrati alle Brioni in occasione del convegno scientifico Minoranze nazionali, migrazioni, sicurezza nelle società democratiche. La professoressa Čorkalo Biruški è poi tornata sull’argomento anche in un’ampia intervista rilasciata a Stojan Obradović dell’agenzia Stina nella quale ha rilevato trattarsi della prima ricerca sistematica fatta sull’argomento, evidenziando che i risultati ottenuti dai ricercatori “fanno emergere un quadro in cui a ispirare le preferenze e le scelte in materia scolastica sono principalmente i modelli multiculturali”. Conclusione supportata in primo luogo dalla circostanza che le scuole in cui le lezioni si svolgono in lingua minoritaria – concretamente in italiano, ceco e ungherese – sono frequentate da alunni di varie etnie, maggioranza inclusa, a conferma che l’italiano, il ceco o l’ungherese sono parte integrante del patrimonio culturale della società.
Ad esempio, le scuole con lingua d’insegnamento ceca sono frequentate per il 39 p.c. da bambini appartenenti alla maggioranza, la percentuale è ancora più alta nelle scuole con lingua d’insegnamento italiana, mentre in quelle con lingua d’insegnamento ungherese gli alunni di nazionalità croata sono circa un terzo del totale di iscritti. L’unica eccezione in questo senso sono le scuole con lingua d’insegnamento serba, ha fatto presente la professoressa, spiegando che la circostanza è dovuta all’ancor sempre forte incidenza delle divisioni tra croati e serbi nelle zone in cui negli anni della Guerra patriottica sono infuriate le operazioni belliche.

Educare alla convivenza

“Qui – così Dinka Čorkalo Biruški – dobbiamo essere consapevoli che nulla cambierà fino a quando continuerà ad esserci una forte polarizzazione etnica. Nulla cambierà di per sé, dobbiamo fare un significativo passo avanti e contribuire al cambiamento attuando una politica proattiva capace di favorire i rapporti e di costruire elementi comuni dell’identità che devono essere al contempo croati e serbi, semplicemente perchè questo riflette lo stato delle cose. Penso – ha puntualizzato – agli elementi che scaturiscono dalla convivenza sul territorio. Concretamente, croati e serbi non hanno in comune soltanto Nikola Tesla, ma anche Vladan Desnica, Milutin Milanković, Petar Preradović, Josif(p) Runjanin, Vojin Bakić, Bela Kangrga (sposata Krleža), Gajo Petrović, Grigor Vitez, Arsen Dedić e molti altri. È importante che lo sappiano sia i serbi sia i croati, ma anche gli altri, perché – afferma la professoressa – il patrimonio culturare appartiene a tutti“.

Il legame con lingua e cultura

Passando poi a illustrare il quadro emerso dalle risposte date dai bambini e dai genitori inclusi nel campione, la Čorkalo Biruški ha voluto sottolineare l’importanza di leggere i dati in maniera scientifica, ovvero applicando a questi tutti i correttivi del caso onde non falsare il risultato. “Le differenze emerse tra le preferenze indicate dai bambini e dai genitori devono essere analizzate alla luce dei cambiamenti intergenerazionali inerenti ai legami con la lingua, la cultura e le tradizioni d’origine“, ha fatto presente, puntualizzando che si tratta di una tendenza che non si riscontra soltanto nelle realtà minoritarie, ma anche in seno alla maggioranza”, spiega, precisando che ai bambini e ai genitori appartenenti alle minoranze (italiana, ceca, ungherese e serba) sono state poste due domande. “In primo luogo abbiamo chiesto ai partecipanti di valutare i modelli scolastici in vigore per le minoranze – A, insegnamento nella lingua della minoranza, B insegnamento bilingue e C nel quale soltanto le lezioni opzionali sono nella lingua della minoranza –. Una volta ottenuta questa risposta abbiamo chiesto loro di scegliere il modello che a loro avviso appare essere il migliore per gli appartenenti alla minoranza”, dice la Čorkalo Biruški.

Differenze genitori-bambini

“Prese in considerazione le risposte ottenute da tutto il campione appartenente alle minoranze, si nota che le preferenze dei bambini denotano un atteggiamento ‘flessibile’, mentre i genitori mantengono una certa ‘rigidità’ – afferma la professoressa –. Concretamente, nell’insieme i genitori appartenenti alle minoranze scelgono prevalentemente il modello A (poco più del 35 p.c. del campione), mentre i bambini scelgono prevalentemente il modello C (quasi il 40 p.c.). Va detto, però, che osservando le risposte date dagli appartenenti alle singole minoranze si notano differenze interessanti tra le preferenze espresse dai genitori e dai bambini. Nel leggere i dati è fondamentale – ricorda – tenere a mente il contesto sociale, le dinamiche e la storia dei rapporti tra minoranza e maggioranza“. Quanto invece alle risposte date dal campione scelto nelle file della maggioranza, al quale è stato chiesto di esprimere un’opinione in merito alla bontà dai modelli educativo-istruttivi per le minoranze (A, B e C) è emersa, in tutte le aree territoriali considerate, una preferenza per quello C. A indicarlo sono stati “più del 57 p.c. dei bambini e il 74 p,c, dei genitori”.

Bisogna favorire l’insegnamento della lingua dell’ambiente sociale

“La nostra ricerca ha coinvolto bambini, genitori e insegnanti. Abbiamo esaminato in modo approfondito le dinamiche psicosociali in seno alle minoranze e alla maggioranza in alcune realtà plurietniche in Croazia. Crediamo che i risultati ottenuti siano importanti per la definizione delle politiche, in primo luogo scolastiche, ma anche per la definizione delle prassi multiculturali nelle comunità plurietniche. A nostro avviso i dati emersi possono favorire l’effettiva pluralità delle comunità, la tutela delle identità diverse e plurime e possono contribuire all’ulteriore miglioramento delle realtà scolastiche sostenendo la loro trasformazione in luoghi d’incontro dei bambini. La scuola – rileva la professoresa Čorkalo Biruški – non deve essere soltanto un luogo dove si acquisisce sapere, deve essere anche un luogo dove si trasmettono le competenze fondamentali per la vita di tutti i giorni. A scuola bisogna imparare a essere sé stessi, ma anche a vivere con gli altri. Personalmente sono profondamente convinta che siano queste le competenze chiave che dobbiamo trasmettere ai bambini di oggi. Quindi, quando parliamo di raccomandazioni da dare ai creatori delle politiche minoritarie e alle autorità scolastiche la prima cosa da citare è la necessità di stabilire un equilibrio tra la tutela dei diritti delle minoranze e il diritto del bambino a vivere in un ambiente integrato. Il fatto che le scuole in cui l’insegnamento si svolge in una delle lingue delle minoranze siano scuole plurietniche ci dimostra che chi di competenza deve trovare il modo per assicurare a tutti i residenti sul territorio multietnico l’accesso alla conoscenza a tutte le lingue dell’ambiente sociale. Ispirandoci al detto ‘Quante lingue parli tante persone sei’, la nostra politica scolastica dovrebbe sfruttare lo straordinario vantaggio che deriva del territorio e favorire non soltanto l’apprendimento delle lingue, ma anche della culture delle comunità residenti sul territorio. Sarebbe questo – affema – un ottimo esercizio di vita per i bambini che vivranno in un mondo plurilingue, pluriculturale e sempre più complesso sul piano politico. Di questo e di altri aspetti dei modelli scolastici per le minoranze nazionali, ma anche dei rapporti intergruppo nelle comunità multietniche parleremo in modo più approfondito in occasione della conferenza nazionale pianificata a marzo 2019”.

Istria, un modello da seguire

“Non esiste una misura universale che va bene per tutti, dicono negli USA. Non credo che in tema di modelli scolastici si possa parlare di un modello universale, bisogna considerare il singolo contesto e proporre a questo un modello adeguato a rispondere alle necessità che in questo si presentano. Tenendo sempre a mente i diritti fondamentali dei bambini. Dobbiamo assicurare loro l’educazione e l’istruzione nella lingua e scrittura materna, dobbiamo consentirgli di apprendere la cultura e le tradizioni della comunità di appartenenza, ma dobbiamo al contempo anche assicurare loro la possibilità di crescere in una comunità integrata”, lo afferma Dinka Čorkalo Biruški. “L’Istra – rileva la professoressa – è sicuramente un esempio. I dati che sono emersi dalla nostra ricerca illustrano una realtà multiculturale che vive al meglio questa sua caratteristica. Sia la maggioranza sia la comunità italiana residente sul territorio vivono la multiculturalità che in Istria è ben radicata. L’istrianità sottintende l’apertura, la tolleranza e l’intreccio delle culture, in primo luogo di quella croata e di quella italiana, ma anche delle altre realtà presenti nella penisola. È questo intreccio – conclude – l’elemento distintivo della realtà istriana”.

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