Internazionalizzare non significa perdere l’identità

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Internazionalizzare non significa perdere l’identità

La Zona Industriale di Kukuljanovo (Buccari) sta diventando sempre più il motore propulsore dello sviluppo della Regione litoraneo-montana e non solo. Una delle ultime aziende in ordine di tempo a scegliere di investire nella Zona è l’italiana Carpenteria Viganò, azienda leader in Italia nel suo settore. Attraverso l’Adria Čelik ha inaugurato più di un anno fa uno stabilimento produttivo all’interno del quale vengono prodotti materiali di carpenteria pesante destinati al mercato italiano e più in generale all’export. Per capire di più sui motivi che li hanno spinti a investire a Kukuljanovo, quali sono gli iter burocratici che hanno dovuto affrontare, i piani futuri, abbiamo parlato con il proprietario Luca Viganò, al quale abbiamo chiesto anche di raccontarci la storia della sua azienda.

“La nostra è una storia che ha ormai 50 anni. L’azienda fu fondata nel 1966 da mio papà Carlo, ad Arcore, un paese nella periferia di Milano. Lo spirito imprenditoriale di quegli anni spingeva a uscire dalle grosse aziende e a creare piccole realtà produttive. Mio padre, insieme a suo fratello, pensò di iniziare a fare lavori in ferro, seguendo quella che era la richiesta del mercato negli Anni ’60, gli anni del boom economico in Italia. Il settore residenziale cresceva in modo esponenziale e servivano recinzioni, porte, finestre, opere in ferro. Mi padre si dedicò a queste attività e con il passare dagli anni l’azienda si specializzò, passando dalla parte edilizia a quella industriale. Il tutto iniziò in una cantina, anch’io iniziai lì. Ormai sono 35 anni che sono inserito in azienda. Ho vissuto tutti i momenti passo per passo. Dalla cantina siamo passati a un piccolo capannone industriale vicino a casa che nel giro di pochi anni abbiamo dovuto ampliare. Nel 2000 ci siamo spostati nellasperiferiadi Milano, contemporaneamente è entrato in azienda anche mio fratello Valerio e mia moglie Germana mi ha affiancato nella parte finanziaria. L’insieme di queste circostanze ha consentito il salto di qualità aziendale: abbiamo rilevato un nostro concorrente che faceva carpenteria pesante. Abbiamo rischiato il tutto per tutto; abbiamo venduto quello che avevamo ad Arcore e abbiamo comperato la parte strutturale di quest’azienda a Cologno Monzese. Abbiamo iniziato a fare carpenteria pesante guardando all’industria. Ci siamo poi rivolti a quella fetta di mercato nella quale sapevamo di potere crescere e dove c’erano poche aziende che riuscivano a seguire questa direzione. Dopo i primi 4-5 anni abbiamo avuto necessità di espanderci ulteriormente e abbiamo raddoppiato la struttura fino alle dimensioni attuali.”

Il rispetto per il lavoro

Passano gli anni l’azienda cresce. Quando si comincia a guardare alla Croazia?

“In Italia una decina di anni fa, e oggi ancora di più, c’era carenza di manodopera. Tramite un’azienda di Brescia abbiamo conosciuto dei ragazzi saldatori e carpentieri croati che sono venuti a lavorare da noi. Questi ragazzi giovani, bravi, preparati, volenterosi, non erano molto soddisfatti di stare in una cooperativa dove venivano trattati un po’ come merce. A noi come azienda questa cosa non va bene, se uno lavora deve avere la dignità di lavorare in quell’azienda e deve essere rispettato per il lavoro che svolge. Abbiamo deciso di far licenziare tutti questi ragazzi da queste pseudo cooperative e di assumerli direttamente. A quei tempi la Croazia era fuori dalla comunità europea, perciò l’unico modo per assumerli regolarmente e per dare loro una dignità era fondare e costituire una società in Croazia. Così nel 2007 abbiamo fondato Adria Čelik, che ha assunto tutti questi ragazzi e li ha distaccati per farli lavorare in Italia. La cosa è andata avanti per un certo periodo finché non è nata la volontà di dire: OK i ragazzi ce li abbiamo, l’azienda pure, la Croazia è entrata nell’UE; bene è arrivato il momento di creare una società produttiva sul territorio.”

Perché proprio la Zona industriale Kukuljanovo?

“La sede di Adria Čelik l’avevamo costituita a Laurana perché avevamo e abbiamo la nostra commercialista che ha sede a Laurana. Siamo venuti, abbiamo girato, conosciuto persone, la Zona ci è piaciuta e abbiamo deciso di investire qui. Dal punto di vista logistico è posizionata bene, vicino all’Italia, e offre i servizi a noi necessari.”

Concretamente di che cosa si occupa Adria Čelik?

“Fa lo stesso lavoro che viene svolto in Carpenterie Viganò però in una taglia inferiore. Le Carpenterie Viganò si sviluppano verticalmente verso l’alto producendo pezzi pesantissimi che arrivano anche a 200 tonnellate di peso. Adria Čelik si occupa della fascia inferiore a quella, perciò pezzi fino a 30 tonnellate di peso dove l’incidenza della manodopera è più alta rispetto all’incidenza della materia prima e dove la logistica di trasporto è facilitata. Immaginate di portare un pezzo pesante 200 tonnellate. Servono scorte, permessi e chi più ne ha più ne metta. Portare pezzi da 25-30 tonnellate significa caricarli su un bilico per qualsiasi trasportarli dove necessario. Questo ci ha consentito anche di non rifiutare lavori semplicemente perché in Italia ci eravamo concentrati su un certo tipo di prodotto, bensì di indirizzare i clienti ad Adria Čelik. Tutta la parte tecnica, ingegneristica, viene sviluppata negli uffici di Carpenterie Viganò, mentre la parte produttiva viene realizzata qui a Kukuljanovo.”

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Export al 100 p.c.

La maggior parte della produzione è destinata all’export?

“Il 100 per cento. Il primo anno quasi esclusivamente e unicamente verso Carpenterie Viganò. Adesso molti clienti italiani e di altri Paesi che hanno conosciuto il lavoro di Adria Čelik stipulano direttamente con questa i contratti. La società esporta il 100 p.c. di quello che produce, in parte a Carpenterie Viganò e in parte a clienti italiani, tedeschi, austriaci…”

Quali sono le sue esperienze con la burocrazia croata? Quale accoglienza vi è stata riservata dagli amministratori locali?

“Tutte le volte che parliamo con un collega croato sentiamo lamentele riferite alla burocrazia. Forse noi veniamo da un Paese che ha una burocrazia ancora più complicata, ma a giudicare dall’esperienza fatta nella Zona industriale di Kukuljanovo e dai rapporti che abbiamo avuto con l’amministrazione locale possiamo dire che in Croazia la burocrazia è ridotta al minimo. Abbiamo presentato la richiesta per la concessione edilizia per costruire l’impianto e in 21 giorni il Comune di Buccari ci ha rilasciato il permesso. In Italia si impiega più tempo a chiedere di fare una nuova finestra su una casa esistente. Abbiamo giudicato positivamente l’aspetto burocratico. Vero è che quella vissuta da noi è un’esperienza legata alla Zona industriale. Il direttore e i suoi collaboratori si sono adoperati in tutti i modi per agevolare l’avvio dell’attività. Tutto lo staff ha lavorato per sostenere il nostro progetto, affiancandoci in tantissimi aspetti pratici e morali. Quest’atteggiamento leale e sincero ha favorito un ottimo rapporto all’insegna della stima reciproca che potrà solo migliorare nel tempo.”

Se dovesse fare un paragone tra le zone industriali lombarde e quella di Kukuljanovo, quali sono le principali differenze?

“Il problema in Italia, e in particolare in Lombardia, è che non esistono vere e proprie zone industriali. La maggior parte delle aree chiamate con questo termine sono periferie di paesi e città. Man mano che i paesi e le città crescono vanno a sovrapporsi alla zona industriale creando problemi di logistica, di traffico, di rumore…. A Cologno Monzese, dove operiamo e dove nonostante tutto vogliamo continuare ad operare, siamo una delle prime aziende della Zona industriale ormai la più vicina alle case. Qui è diverso, Kukuljanovo è una vera zona industriale dove non ci sono case, dove c’è un ottimo collegamento alle arterie principali, al porto, alla ferrovia, ecc… Quando a Milano facciamo i trasporti eccezionali, arrivano camion di enormi dimensioni, scorte, polizia e quant’altro, dobbiamo andare in Comune e chiedere la chiusura temporanea della strada. Qui credo che questo problema non ci sia perché non ci sono residenti in zona.”

Creare un distretto produttivo

Che consiglio si sente di dare a un suo collega italiano che sta considerando la possibilità di investire in Croazia, forse proprio a Kukuljanovo?

“Dovrebbe venire qui sicuramente perché il rapporto qualità/prezzo è molto giusto e bilanciato. Si è vicini al confine italiano, la strada è comoda, se l’azienda è orientata all’export bisogna sapere che c’è un porto vicino, che c’è la free zone, che ci sono gli spazi. C’è poi la Zona industriale con la sua struttura che è forte, efficiente, seria e leale sempre a disposizione per fornire un aiuto concreto agli imprenditori. Perché investire in Croazia? Da noi in Italia si parla tanto di internazionalizzazione, si spingono le aziende ad essere internazionali, ci sono fondi, convenzioni, sovvenzioni a questa dedicati, ma l’internazionalizzazione per molti significa semplicemente andare all’estero. Non è così. Internalizzazione vuole dire non perdere la propria identità, sapendo operare e sfruttare le possibilità di determinati mercati dove c’è la possibilità di farlo. Il sistema fiscale e la tassazione in Croazia sono assolutamente favorevoli se li compariamo al sistema fiscale italiano; il costo della manodopera è più basso rispetto a quello italiano, la qualità della vita è buona… Conosco imprenditori che hanno fondato aziende in Paesi dell’Est e che devono essere accompagnati in auto in azienda, finito il lavoro devono essere riaccompagnati in albergo e da lì in aeroporto, perché girare da soli non è sicuro. Noi abbiamo preso casa ad Icici, ci viviamo, veniamo qui a fare le vacanze, le mie figlie vanno in giro da sole tranquillamente e io mia moglie quando siamo qui andiamo la sera a mangiare al ristorante senza alcun problema. Si vive bene, poi bene o male incontro sempre qualcuno che parla italiano o fiumano che è ancora più bello. Ci sentiamo a casa, ci sentiamo considerati amici, nessuno qui vede un italiano come una brutta persona. E poi c’è la storia che ci unisce, a Fiume si respira ancora quest’aria…”.

Le aziende italiane sono interessate a investire in quest’area? I suoi colleghi imprenditori conoscono la Zona industriale di Kukuljanovo?

“Qualche anno fa ho incontrato a un convegno dalle parti di Venezia l’allora Console croato che mi ha raccontato di tutti gli aspetti positivi dell’investire in Croazia. Gli dissi: bene, ma tutte queste cose che lei mi sta dicendo, in Italia non le sa nessuno. È anche per questo motivo che oggi la Croazia e quest’area sono conosciute come destinazioni per le vacanze, ma non anche per le opportunità lavorative. Personalmente, egoisticamente ne sono contento (dice ridendo, nda.) perché posso lavorare di più io. Quindi, bisogna pubblicizzare questo territorio e le opportunità che offre. Uno degli obiettivi che mi sono posto è anche quello di presentare la Zona industriale a diverse associazioni italiane. Alcuni incontri si terranno a breve. Con l’aiuto di altre persone del territorio voglio promuovere la Zona, perché ritengo che vi siano spazi di crescita. Sarebbe molto importante riuscire a creare qui vicino un polo produttivo, di lavoro, di amici che hanno l’obiettivo di fare impresa. Si creerebbe anche un forte spirito di reciprocità. Dobbiamo lavorare per creare un distretto produttivo di aziende. Sono certo che riusciremo a realizzare l’obiettivo.”

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L’importanza delle passioni

Quale consiglio si sente di dare a un giovane che desidera avviare una propria attività?

“Essere imprenditori, purtroppo o per fortuna, non è per tutti. Come prima cosa lo si deve sentire dentro, bisogna avere una buona dose d’incoscienza, si deve saper rischiare e non bisogna per forza pensare al denaro, agli utili, ai guadagni. Ci si deve concentrare sulle idee, sulle passioni. Bisogna ovviamente avere delle idee, porsi degli obiettivi, e si deve essere leali e corretti. Se uno riesce a mettere in fila queste cose può affrontare qualsiasi tipo di attività. Io oggi ho un’impresa di una certa dimensione, ma sono partito con queste idee. Bisogna essere bravi a capire e a intercettare in qualsiasi momento della vita le necessità del mercato. Faccio un esempio. Quando mio papà fondò l’azienda capì che c’era un grande bisogno di porte, finestre, cancellate, perché vi era il boom edilizio. Con il passare degli anni ci rendemmo conto che quel mercato era destinato a calare e quindi si cominciò a guardare verso l’industria e ci si dedicò a realizzare prodotti di qualità migliore, andando a intercettare le necessità delle grosse aziende. Alle prime avvisaglie della saturazione di quel mercato capimmo subito che bisognava cambiare ancora, dedicarci a un prodotto di qualità ancora più alta. Adesso stiamo valutando alcuni importanti investimenti tecnologici a Milano perché la necessità del mercato è quella.”

Il futuro delle Carpenterie Viganò e di Adria Čelik?

“Speriamo sia lunghissimo. Siamo molto concreti, il futuro lo vediamo nella quotidianità. Come le dicevo potenzieremo tecnologicamente la sede in Italia e cresceremo produttivamente in Croazia. Già quest’anno pensiamo di raddoppiare questa struttura chiedendo un ampliamento dell’unità produttiva, inserendo dieci nuovi operai e arrivando a 2.200 metri quadrati coperti.”

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