Il 3. maj con l’acqua alla gola

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Il 3. maj con l’acqua alla gola

Si fa sempre più drammatica la situazione del “3. maj”. Com’era stato annunciato, gli operai del cantiere hanno incrociato ieri le braccia in segno di protesta dopo il tentativo fallito di conciliazione e il relativo mancato pagamento degli stipendi di luglio. Un migliaio di lavoratori si sono presentati puntuali ai loro posti di lavoro e vi sono rimasti fino al termine del turno senza però svolgere alcuna attività.

“Lo sciopero andrà avanti fino a quando non verrà versata l’ultima mensilità – ha ribadito il vicepresidente del Comitato di sciopero, Boris Bučanac, incontrando la stampa davanti alla sede del cantiere –. Questa è l’unica arma che abbiamo per rivendicare i nostri diritti. Siamo con l’acqua alla gola e il mancato versamento dell’ultimo stipendio è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Purtroppo la produzione è ferma da più di un anno e la differenza tra lo sciopero e una normale giornata di lavoro alla fine non si nota nemmeno”.

«Scenderemo in piazza se necessario»

A differenza di Pola, dove la situazione si è fatta incandescente, con gli operai scesi anche in strada, a Fiume si è preferito manifestare in maniera pacifica.
“Non ci sembrava il caso di intraprendere azioni drastiche – spiega –, almeno non per il primo giorno di sciopero. Durante tutto l’orario di lavoro rimarremo all’interno del cantiere. Posso però assicurare che l’atmosfera è comunque rovente perché i dipendenti sono furiosi e la loro indignazione è più che comprensibile. Stiamo parlando con loro per cercare di tenere la situazione sotto controllo e scongiurare eccessi. Noi tuttavia non intendiamo limitarci a questo: se non verrà accolta la richiesta del pagamento, allora valuteremo ulteriori azioni tra cui anche quella di scendere in piazza”.
Intanto i sindacati e i lavoratori continuano a chiedere a gran voce le dimissioni della dirigenza.
“I responsabili di questa situazione sono sia i vertici del “3. maj” che dell’Uljanik i quali, per incapacità o negligenza, hanno messo in ginocchio la nostra cantieristica. Non solo pretendiamo il loro allontanamento, ma anche che rispondano penalmente. Quando un operaio commette un errore viene puntualmente sanzionato, ma evidentemente per chi sta ai piani alti vigono altre regole”.

L’errore del prestito

Lo stabilimento di Cantrida ha chiuso i primi sei mesi dell’anno con una perdita di 151 milioni di kune, importo che va a sommarsi ai 159 milioni di debiti verso i fornitori e soprattutto al prestito di 523 milioni concesso al gruppo polese, il quale chiaramente non è stato ancora saldato, malgrado il termine per la sua restituzione sia scaduto il 30 giugno scorso.
“Quel prestito non sarebbe mai dovuto essere concesso – aggiunge il presidente del Comitato di sciopero, Veljko Todorović ­–. Nel momento in cui era chiaro che quei soldi avrebbero preso la strada di Pola, a intervenire sarebbe dovuto essere lo Stato, il quale ha però preferito rimanere inerme a guardare. Con quei soldi ora non ci sarebbe stato il problema legato agli stipendi, una parte dei debiti verso i fornitori sarebbe stata saldata e le due navi che da mesi sono ferme nel cantiere sarebbero state ultimate e consegnate”.

Lo Stato si tira indietro?

Negli ultimi giorni si era parlato di una possibile concessione di un mutuo da parte della Banca nazionale per il rinnovamento e la ricostruzione (HBOR).
“Ora tocca al governo prendere in mano la situazione – insiste Bučanac –. Dato che da Zagabria continuano a sostenere che la cantieristica ha un ruolo strategico per il Paese e rappresenta un importante settore dell’economia nazionale, è ora che trovino le necessarie soluzioni, e soprattutto misure concrete e non solamente provvisorie per guadagnare un po’ di tempo. Noi non sappiamo se queste possano essere un prestito dalla HBOR, dalla Commissione europea o piuttosto il processo di ristrutturazione dell’Uljanik: sappiamo soltanto che il tempo stringe e che in ballo ci sono migliaia di posti di lavoro. La barca sta affondando e se lo Stato non agirà in tempi celeri la cantieristica rischia di scomparire”.
Nel frattempo si fanno sempre più insistenti le voci di una possibile scissione dal gruppo polese.
“Per un semplice operaio cambia poco far parte dell’Uljanik o di un altro gruppo, però alla luce di quanto successo finora è ovvio che vorremmo staccarci da loro. Come vedo il futuro? Grigio. Purtroppo la luce in fondo al tunnel non si intravede e temo che il futuro della cantieristica sia lontano dal Quarnero”, ha concluso Bučanac, ormai quasi rassegnato al triste destino del cantiere quarnerino.

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