Confini, Lubiana non arretra

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Confini, Lubiana non arretra

LUBIANA | In occasione delle celebrazioni della Giornata internazionale della pace (proclamata dall’ONU nel 1981, ricorre il 21 settembre di ogni anno), in Slovenia le massime cariche istituzionali hanno parlato anche del contenzioso confinario con la Croazia. Sull’argomento si sono soffermati ieri l’altro sia il Presidente della Repubblica, Borut Pahor, sia il primo ministro, Marjan Šarec. “La frontiera tra la Slovenia e la Croazia, prima o poi sarà definita dalla linea di demarcazione stabilita dalla Corte d’arbitrato”, ha dichiarato a Celje il capo dello Stato. “Si tratta – ha chiarito Pahor – di una questione attinente al diritto internazionale. Di conseguenza verrà il momento quando attraverso il dialogo riusciremo a individuare il modo di attuare l’arbitrato”.

Commentando l’atteggiamento assunto in merito alla vicenda dalla Commissione europea, il premier Šarec, intervenuto a Cerje (località Isontina), ha ribadito che per quanto riguarda Lubiana la decisione della Corte d’arbitrato esiste e va rispettata. “Ogni unione tutela il membro che in qualche modo dimostra di essere più forte. Probabilmente è questo il caso. Nella sua veste di organo politico la Commissione può decidere ciò che desidera. Può e non deve rispettare il parere legale, ma per quanto ci riguarda la corte d’arbitrato ha emesso una decisione”. “Non siamo soddisfatti con l’esito dell’arbitrato neppure in Slovenia. Tuttavia – ha proseguito Šarec –, dobbiamo rispettare la decisione, in quanto in questo momento non abbiamo altra scelta”.

La Croazia, si ricorda, ritiene di non essere tenuta a riconoscere un procedimento (l’arbitrato) che considera compromesso dal modus operandi sloveno. Zagabria si è ritirata dall’arbitrato nel luglio del 2015. Una decisione presa all’unanimità dal Sabor, a causa dei contatti tra l’allora rappresentante sloveno nella commissione arbitrale istituita in seno alla Corte permanente d’arbitrato (CPA), Jernej Sekolec, e la dipendente del ministero degli Esteri di Lubiana, Simona Drenik. In seguito allo scoppio del cosiddetto scandalo telefonico, portato alla luce dalla stampa, si erano dimessi entrambi.

Dal punto di vista sloveno, la Croazia, rifiutandosi di riconoscere la decisione comunicata lo scorso 29 giugno dalla CPA, avrebbe infranto il diritto comunitario. La diplomazia croata ha respinto categoricamente la tesi di aver infranto il diritto comunitario. Stando a un articolo pubblicato recentemente dal settimanale tedesco Der Spiegel, gli esperti legali della Commissione europea avrebbero avvalorato le tesi slovene. La Commissione, tuttavia, si è rifiutata di schierarsi. Nonostante ciò, in base all’acquis communautaire, la Slovenia – che si è richiamata all’articolo 259 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – ora è legittimata a rivolgersi alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) nel tentativo di far valere le sue ragioni. La decisione dello scorso 29 giugno conferisce alla Slovenia la sovranità su circa due terzi del Golfo di Pirano, pur negandole l’acceso diretto al mare aperto; la panelizza, però, sulla terraferma, assegnando a Zagabria buona parte dei territori contesi (compresa la collina Sveta gera/Trdinov vrh, e svariati villagi istriani bagnati dal fiume Dragogna).

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