Bando UPT. Una questione di principio, non di denaro

Il presidente dell’UI, Maurizio Tremul, fa il punto sul Bando pubblicato dall’UPT per l’erogazione dei finanziamenti FVG destinati alla Comunità italiana

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Bando UPT. Una questione di principio, non di denaro

All’Unione Italiana non nutrono alcun dubbio: il Bando per la presentazione di progetti ai sensi dell’articolo 27 bis della Legge regionale 11 agosto 2014, n. 16 (norme regionali in materia di attività culturali) – annualità 2019 – pubblicato dall’Università Popolare di Trieste (UPT) non corrisponde alle reali necessità dei connazionali. A confermarcelo è stato ieri il presidente dell’UI, Maurizio Tremul. Nel farlo ha illustrato le ragioni che hanno spinto l’associazione apicale degli italiani di Croazia e Slovenia a rivolgersi al presidente della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, per chiedergli l’annullamento della Gara emessa dall’UPT il 3 maggio scorso.

Un’esperienza deflagrante

“Sostanzialmente si ripete la storia dell’anno scorso. L’attuale Bando non si discosta da quello del 2018. Riteniamo che l’esperienza deflagrante del Bando del 2018 non debba ripetersi. Abbiamo esposto il nostro punto di vista parlando in tutte le istanze e in vari contesti, sia a Trieste sia a Roma. Abbiamo auspicato che si evitino i rischi dello scorso anno. Sappiamo quali sono i danni che sono stati creati. Vorremo cercare di evitare che si ripeta quella situazione oltremodo difficile per tutti quanti noi”, ha dichiarato Tremul. “Al momento – ha puntualizzato – l’UI si è limitata a scrivere al governatore Fedriga. Quali saranno le nostre mosse successive lo stabiliremo nei prossimi giorni”. “Questo sistema del Bando non ci trova d’accordo. Non perché non vogliamo partecipare ai Bandi, ma perché così come è stata posta e con i limiti che prevede, la Gara non corrisponde alle reali necessità della CNI”, ha spiegato Tremul. Ha sottolineato, inoltre: “Deve essere chiaro al di là di tutto, che non è una questione di soldi. Non si tratta di una presa di posizione riferita ai mezzi finanziari. Stiamo parlando di una questione di principio”.

L’espressione della CNI

Nell’esprimere le sue argomentazioni Tremul ha ricordato che l’UI è l’espressione della CNI e che lo scorso febbraio l’Assemblea dell’UI ha approvato un piano finanziario nel quale sono state inserite le possibili erogazioni dell’FVG. Di conseguenza, ha definito quanto meno discutibile la decisione di procedere con la pubblicazione del Bando il 3 maggio (con scadenza 4 giugno). “L’Assemblea UI ha approvato in via definitiva i progetti in febbraio. Di conseguenza i medesimi sono stati trasmessi al MAECI e all’FVG a cavallo tra marzo e aprile. Qui si rischia di arrivare tardi ad avere un piano approvato in via definitiva”, ha avvertito Tremul. “Chiariamo una cosa. I fondi dell’FVG l’UI non li chiede per sé. Nemmeno un euro erogato dall’FVG viene speso per l’UI. Si tratta di risorse destinate a beneficio dei connazionali. Mi riferisco a quelle molte migliaia di persone che lavorano quotidianamente per mantenere viva la cultura, la lingua e l’identità italiana in queste terre. Ma penso anche al finanziamento di importanti attività a favore delle Comunità degli Italiani, delle Scuole e delle Istituzioni della CNI”, ha fatto presente Tremul.

Una «competizione divisiva»

Ha espresso il parere che il Bando delegittimi il lavoro svolto dall’UI. Reputa che il modo nel quale il Bando è stato preparato e gestito crei una “competizione divisiva” all’interno della CNI. “Tutti i possibili soggetti, istituzioni pubbliche e private – UI, CAN, Consigli per le minoranze, CI, Scuole, Università e associazioni varie – sono poste sul medesimo piano. Si trovano in competizione tra di loro per delle risorse che la società civile della CNI, rappresentata nell’Assemblea dell’UI per il tramite delle CI, avevano già indicato come poter utilizzare”, ha spiegato Tremul.

Un tavolo di concertazione

“Siamo coscienti – ha constatato – che le indicazioni dell’UI devono essere analizzate in un tavolo di concertazione attorno al quale devono sedersi i rappresentanti della Regione, del MAECI, gli Ambasciatori e i Consoli generali. Siamo consapevoli che è in quella sede, sulla base delle indicazioni dell’UI, che poi si arriva a determinare gli interventi. Però, questo è un contesto in cui, nella sede istituzionale in cui si decidono gli interventi da realizzare il rappresentante dei beneficiari, che è anche il proponente (l’UI, nda) è presente e ha voce in capitolo. Ora, invece, abbiamo davanti un Bando in cui il rappresentante dei potenziali beneficiari non partecipa al processo decisionale né al processo d’istruttoria. Insomma, non partecipa affatto”.

Domande retoriche

Tramul ha fatto presente che in queste settimane e mesi all’interno della nostra Comunità si è discusso molto in merito alla soggettività della CNI. “Con questo bando la soggettività della CNI non c’è proprio; anche perché il luogo decisionale della strategia culturale della CNI in questo modo risulta essere estraneo alle istituzioni rappresentative della CNI e inglobato in un oggetto terzo che non è radicato sul territorio”, ha commentato Tremul. “Mi chiedo – ancora Tremul –, come reagirebbero le organizzazioni rappresentative della Comunità slovena in Italia se la Regione loro interlocutrice o lo Stato decidessero di ripartire le risorse attraverso un Bando pubblico al quale possono partecipare tutti? Oggi l’erogazione dei mezzi per le attività culturali e per il funzionamento delle CAN avviene attraverso un rapporto diretto tra Stato (governo) e CAN. E se, invece questi soldi venissero assegnati attraverso un Bando? Come si reagirebbe in tal caso in Slovenia? Un discorso analogo lo potremmo fare anche per quanto compete la Croazia e i mezzi che vengono assegnati direttamente all’UI, alle CI o alle istituzioni della CNI. Le mie, ovviamente sono delle domande retoriche”.

Il ruolo dell’UI

Il presidente dell’UI ha espresso la speranza che col dialogo si arrivi a definire un luogo istituzionale in cui si possa alla fine, identificare, quanto prima e nel miglior modo possibile le procedure di assegnazione delle risorse nel rispetto di quella che è l’autonomia che la CNI si è data. Nel rispetto della sua soggettività. “Tenendo conto – ha sottolineato – che nei rapporti con la Nazione Madre, abbiamo sempre voluto, come CNI nel suo complesso, avere un rapporto unitario che si esplica attraverso l’UI alla quale la CNI riconosce il ruolo di organizzazione unitaria rappresentativa. Un ruolo che l’Italia ha sempre difeso, anche nei riguardi delle autorità slovene e croate”.

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