Trenta esempi di «fake history»

I fatti, le interpretazioni, le manipolazioni: un volume di Paolo Mieli cerca di fare luce sulle verità nascoste, usate ad arte, più o meno consapevoli e strumentali, per adulterare alcune pagine salienti del nostro passato

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Trenta esempi di «fake history»

Paolo Mieli negli anni Settanta allievo di De Felice e di Rosario Romeo, ha svolto la carriera giornalistica all’”Espresso”, alla “Repubblica”, alla “Stampa” e al “Corriere della Sera”, questi due ultimi diretti per più anni tra 1990 e 2009, ma trovando anche il tempo per dedicarsi alla divulgazione storica, pubblicando numerosi volumi in materia, tra i quali, tutti per i tipi della Rizzoli, Storia e politica. Risorgimento, fascismo e comunismo, I conti con la storia. Per capire il nostro tempo, L’arma della memoria. Contro la reinvenzione del passato, In guerra con il passato. Le falsificazioni della storia, Il caos italiano. Alle radici del nostro dissesto, Lampi sulla storia. Intrecci tra passato e presente, Fascismo. Dalla nascita all’eredità politica, oltre a Quale futuro per l’Europa. Incontro con Paolo Mieli, pubblicato dall’editrice Itaca (Lugo di Romagna, RA). Ora a questa vasta e varia produzione s’aggiunge Le verità nascoste. Trenta casi di manipolazione della storia (pp. 336, £ 13), la cui prima edizione, sempre per i tipi di Rizzoli, è apparsa nel 2019, mentre l’attuale, proposta nella BUR, è del 2021, in cui sono raccolti 32 interventi, originariamente comparsi in sedi giornalistiche.

Con un taglio giornalistico, quasi investigativo, Mieli analizza una serie di racconti manipolati o mal tramandati. I primi esempi si riscontrano già più di 2000-3000 anni fa

​Il volume, a parte l’introduzione, Come si nasconde la verità (pp. 7-15), la conclusione, Il sano esercizio della dimenticanza (pp. 287-293), la Bibliografia (pp. 295-308), e l’Indice dei nomi (pp. 309-325), è strutturato in tre sezioni, la prima delle quali, Le verità indicibili (pp. 17-113), comprende Le origini rivoluzionarie della mafia siciliana, La solitudine di Alcide De Gasperi, Il diario manipolato di Galeazzo Ciano, L’antimussoliniano Gabriele D’Annunzio, Malaparte e la riconciliazione con il Duce, Benito Mussolini e le ruberie di regime, La triste sorte dei soldati dell’Armir, Pio XII non frenò l’insurrezione di Roma contro Hitler, Il giorno più buio di Palmiro Togliatti, Le contraddizioni di Nikita Chruscév verso l’Italia, Pintor che si pentì dell’innamoramento per la Cina, Oscar Luigi Scalfaro e il caso Sisde.

Palmiro Togliatti

​La seconda, Le verità negate (pp. 115-191), s’articola, invece, in La finta rivoluzione contro Tarquinio il Superbo, Le trame di Agrippina, Spartaco: la strana assenza di un disegno strategico, Roma la città dei sette saccheggi, Goti e Bizantini: l’inizio del “Medioevo militare”, I veri nemici della “caccia alle streghe”, Clemente VIII e la guerra ai Turchi in Ungheria, La “congiura” di Tommaso Campanella, A Tornavento poteva cambiare la storia. ​Nella terza, Le verità capovolte (pp. 193-286), infine, vi sono La strana leggenda di Ciceruacchio, Il corpo clandestino di Goffredo Mameli, L’antisemitismo arabo secondo Bensoussan, Churchill e le trame segrete di Lord Halifax, La volonterosa collaborazione con i soldati di Hitler, La Chiesa e la riscossa degli esorcisti, Preistoria del populismo, Le controverse origini di Gerusalemme, La “Spagnola” l’epidemia che cambiò il Novecento, I meriti misconosciuti di papa Montini, e Così Stalin umiliò Mao.

Un capitolo del libro è riservato alla Spagnola, l’influenza che fece più morti della prima guerra mondiale e che «spagnola» non era per niente. In realtà i primi a contrarla furono i soldati americani e con loro arrivò in Europa. Per non demoralizzare le truppe gli Stati belligeranti la censurarono, non così in Spagna che era neutrale e dove le notizie giravano liberamente. Forse è per questo che nessuno l’ha mai chiamata l’Americana

Tra ignoranza e «cancel culture»

​Già la consultazione dell’indice dà un’idea della genericità di questa raccolta di interventi, che sono tutti recensioni giornalistiche di opere storiografiche, delle quali, tra l’altro, a parte il titolo, non è fornita alcuna indicazione editoriale per facilitare il lettore che voglia procurarsi tali testi, essendo pure da lamentare la scarsa cura della stampa, numerosi essendo gli errori tipografici, e la frequente scorrettezza sintattica elinguistica, che non facilitano davvero la lettura. Nell’introduzione, però, l’autore, per inquadrare metodologicamente la sua raccolta, s’è richiamato a un dibattito del maggio 2019 nell’inserto culturale del “Sole 24 Ore” tra Gilberto Corbellini, direttore del Dipartimento di scienze umane e sociali del CNR, e gli storici Marina Caffiero e Paolo Pezzino, sul problema dell’obiettività della storia, in cui questi ultimi – rifacendosi anche alla lezione di Marc Bloch ne L’apologia della storia – sottolineavano come la ricerca storica sia sempre fondata su documenti, che, anche se falsi, possono servire per comprenderne le motivazioni e le ragioni sottese. Da qui, pertanto, l’aver incentrato l’attenzione sulle manipolazioni della storia e sulle verità “nascoste, indicibili, negate, capovolte”, che, se opportunamente analizzate, consentono di comprendere tanti e diversi aspetti dell’agire umano.

Altro elemento richiamato da Mieli a ribadire l’importanza dello studio e della divulgazione della storia, la crescente ignoranza d’essa da parte dei giovani, non solo in Italia, ma un po’ovunque, USA in particolare, e, ancor più, l’assurdo affermarsi della cosiddetta “cancel culture”, che propone la demolizione di monumenti di personaggi ritenuti scomodi o diversamente orientati rispetto ai valori oggi almeno ufficialmente dominanti e la ridenominazione di vie e piazze a essi dedicate. ​In tale prospettiva, dunque, vanno letti i vari contributi del volume. Quelli della prima parte illustrano le origini rivoluzionarie, ottocentesche della mafia, sorta in opposizione alla grande proprietà terriera, sostenitrice del regime borbonico, e poi degenerata nel fenomeno criminale oggi imperante; la solitudine di De Gasperi negli anni in cui fu a capo del governo, il Vaticano, pur ufficialmente sostenendolo, mantenendosi sempre fredda nei riguardi di colui che cercava di governare senza condizionamenti esterni; la manipolazione del diario di Galeazzo Ciano, portato in salvo in Svizzera dalla vedova Edda, figlia del Duce, pernobilitarne la figura, mostrandolo in qualche misura critico verso il regime già negli anni in cui ne era ai vertici e, quindi, coerente con il voto di sfiducia al suocero nella seduta del Gran Consiglio del 25 luglio 1943; l’atteggiamento di D’Annunzio nei riguardi di Mussolini, che –, contrariamente a quanto fatto credere dal regime che lo presentava come suo sostenitore – fu sempre critico, tanto più che al tempo dell’impresa fiumana il futuro duce era stato freddo nei suoi riguardi, mutando atteggiamento soltanto a marcia su Roma avvenuta, con la presa del potere; l’opportunismo di Malaparte, che, dopo essere stato per un breve periodo al confino per alcune critiche al regime, tramite i propri giornali se ne fece banditore e corifeo, poi, contrariamente al mito d’un regime onesto, senza ruberie da parte dei suoi gerarchi, contrapposto alla corruzione della classe dirigente repubblicana, la documentazione degli innumerevoli arricchimenti illeciti dei gerarchi, nonché della stessa famiglia del Duce; la tragedia dei militari italiani del corpo di spedizione in Russia in appoggio all’alleato tedesco, che, dopo Stalingrado, li lasciò al loro destino, senza fornire alcun soccorso, sicché la loro ritirata nell’inverno russo, tra morti in combattimento e per il freddo e prigionieri, provocò la perdita d’un terzo delle truppe (che contavano più di 200.000 uomini); la condotta di Pio XII durante l’occupazione tedesca della capitale, quando non ostacolò l’insurrezione dei romani contro essa; il dramma di Togliatti nel 1948, prima per la clamorosa sconfitta alle elezioni politiche del 18 aprile, che era certo di vincere, e poi per l’attentato del 14 luglio, al quale riuscì a sopravvivere a stento, argomento ripreso pure nel testo successivo, sull’atteggiamento di Chruscév nei riguardi di Togliatti, che, rimasto turbato per la denuncia dei crimini di Stalin al XX congresso del PCUS, si riconobbe in pieno, invece, nell’invasione sovietica dell’Ungheria e nella spietata repressione che ne seguì; altri, invece, come Luigi Pintor credettero a lungo nel mito della Cina di Mao, in ciò in ottima compagnia di tanti prestigiosi intellettuali e scrittori italiani e stranieri, giunti perfino a idealizzare l’atroce rivoluzione culturale degli anni Settanta; infine la vicenda di Oscar L. Scalfaro, che, quando presidente della Repubblica, per il suo atteggiamento critico nei riguardi del primo governo Berlusconi, da ministro degli Interni era stato accusato d’aver intascato cospicue bustarelle per mettere a tacere gli scandali dei servizi segreti, anche se poi la sua innocenza fu pienamente provata.

Alcide De Gasperi

Verità negate e verità capovolte

​Quanto alle verità negate, esse riguardano la finta rivoluzione romana contro l’ultimo re, Tarquinio il Superbo, ritiratosi a vita privata senza resistenze; le trame di Agrippina sorella, madre e moglie di imperatori della dinastia giulio-claudia; la rivolta di Spartaco, idealizzata dalla storiografia marxista e dai kolossal hollywoodiani, ma in realtà priva di qualsiasi idealità; le vicende di Roma dalle origini alla fine dell’impero romano d’Occidente (476 d.C.) viste nei sette saccheggi da essa subiti nell’arco d’un millennio; poi la guerra greco-gotica ai tempi dell’imperatore Giustiniano per la riconquista bizantina dell’Italia divenuta regno barbarico; gli intellettuali europei che dal Rinascimento in poi, ma in particolare dal Settecento, si batterono contro la caccia alle streghe, che, sia pure enfatizzata da una certa storiografia, comunque provocò l’esecuzione di migliaia di donne accusate di complicità con Satana; la guerra ai Turchi alle frontiere del regno d’Ungheria con i Balcani finanziata e sostenuta da papa Clemente VIII (1592-1605); la presunta congiura antispagnola del domenicano e filosofo calabrese Tommaso Campanella (1568-1639), che gli fece trascorrere ventisette anni in carcere, dopo che in gioventù ne aveva passati due agli arresti domiciliari per una condanna per eresia da parte dell’Inquisizione romana; la battaglia di Tornavento (VA) del 1636 durante la guerra dei Trent’Anni, combattuta tra spagnoli e franco-sabaudi e che provocò una carneficina. ​Le verità capovolte, infine, tutte relative al periodo che va dal Risorgimento all’età contemporanea, riguardano la vicenda di Ciceruacchio (Angelo Brunetti), capopopolo romano, sostenitore di papa Pio IX nella stagione iniziale del suo governo (1846-48), connotata da una politica riformatrice e liberaleggiante, contro il quale, però, si schierò decisamente dopo la sua svolta conservatrice con il ritiro dalla partecipazione alla prima guerra d’indipendenza e la fuga nella borbonica fortezza di Gaeta a fine 1848, divenendo uno dei protagonisti della Repubblica Romana, alla caduta della quale cercò di raggiungere quella di Venezia, venendo, però, catturato dagli austriaci e fucilato. Il giovane ligure Goffredo Mameli, autore di quello che è diventato il nostro inno nazionale, partecipò lui pure alla difesa della Repubblica Romana, morendo in seguito alle ferite riportate combattendo contro le truppe francesi, inviate dall’allora presidente della II Repubblica di Francia Napoleone Bonaparte – nel 1852 con un colpo di stato divenuto imperatore come Napoleone III – per restaurare il governo pontificio.

Lo storico francese Bensoussan, invece, prese in esame i rapporti tra arabi ed ebrei in Palestina, ricordando che fu la dichiarazione del ministro degli esteri britannico Balfour, nel 1917, con la quale, in cambio dell’appoggio della finanza ebraica allo sforzo bellico britannico, s’informava lord Rothschild in quanto referente del movimento sionista di guardare con favore alla creazione d’una dimora nazionale per il popolo ebraico, in fuga dal crescente antisemitismo in Europa, dalla Russia zarista alla Francia dell’affaire Dreyfus, in quella Palestina allora ancora sotto dominio ottomano, contemporaneamente promessa alle tribù arabe per farle entrare in guerra contro i turchi a fianco delle forze dell’Intesa, donde l’origine d’una conflittualità, tutt’altro che conclusa, tra popoli che per secoli erano convissuti, tutto sommato pacificamente, in Medio Oriente, in Africa settentrionale e nell’Europa meridionale.

Benito Mussolini

Circa un ventennio dopo Churchill avrebbe guardato con favore alla politica del ministro degli esteri lord Halifax di dialogo con la Germania nazional-socialista anche dopo gli accordi di Monaco del 1938, che avevano portato alla liquidazione della Cecoslovacchia, perché vista come un antemurale nei riguardi della minaccia dell’URSS, mutando tale atteggiamento soltanto nell’estate del 1939 di fronte all’evidenza dei fatti. D’altro canto, tale atteggiamento nei riguardi della politica hitleriana spiega la volonterosa collaborazione con i soldati di Hitler (come recita il titolo del capitolo successivo), che, a parte il collaborazionismo della Francia della repubblica di Vichy e, dopo l’8 settembre 1943, della RSI di Mussolini, oltre a quello degli ustascia nella Croazia del dittatore fascista Ante Pavelić, trova la più evidente espressione, dopo l’attacco germanico all’Unione Sovietica del giugno 1941, nel collaborazionismo degli ucraini, desiderosi di liberarsi del giogo sovietico e di ricreare uno stato indipendente, il che può spiegare la dichiarazione di Putin di pochi giorni fa, al momento d’invadere il Donbass, di voler rovesciare un regime nazista.

Winston Churchill

L’utile dimenticanza

In un mondo sempre meno religioso, in cui ormai sono diffuse pratiche sataniche e credenze diaboliche, la Chiesa s’è vista costretta a dare crescente spazio agli esorcisti, come constatato più volte negli ultimi tempi. Sul versante laico, invece, altro fenomeno significativo fu quello dell’affermarsi del populismo, in qualche misura delineatosi già al tempo della rivoluzione francese, ma sviluppatosi tra Otto e Novecento, al tempo della seconda rivoluzione industriale e della nascita dei partiti moderni, e ancor più dopo la Grande Guerra con l’ascesa e affermazione dei regimi autoritari e totalitari, per giungere al culmine tra il mitico 1968 e il tramonto della I Repubblica, trovando un’effettiva realizzazione con il primo governo Berlusconi (1994-95). Cambiando completamente orizzonti geo-politici, s’esaminano poi le controverse origini di Gerusalemme, fondata da popolazioni indigene più d’un millennio a. C., prima dell’israelitico regno di David e quando le tribù beduine vivevano nella penisola araba. Venendo, infine, al ’900, si ricostruisce la vicenda della “spagnola”, l’epidemia importata in Europa dal corpo di spedizione USA sul finire della prima guerra mondiale, e poi, partendo dalla Spagna, dove si verificarono i primi casi, diffondendosi in tutto il continente, provocando decine di milioni di morti – ben più della Grande Guerra –, con pesanti conseguenze economiche e sociali per tutti gli stati europei, esaurendosi dopo poco più d’un biennio.

Iosif Stalin

Per quanto riguarda il secondo dopoguerra, Mieli mette in luce i meriti di papa Montini (Paolo VI, 1963-78), misconosciuti per il fatto che il suo pontificato, pur connotato dallo svolgimento del Concilio Vaticano II (1962-65) e dalla successiva, conseguente, nascita e affermazione di numerosi movimenti laicali cattolici,costituendo un momento di svolta epocale nella storia della Chiesa, fu messo in ombra da quelli del predecessore Giovanni XXIII (1958-63) e del successore Giovanni Paolo II (1978-2005). Da ultimo si ricorda come Stalin umiliò Mao Zedong, che, vinta la guerra civile con i nazionalisti, nel 1949 aveva instaurato la Repubblica Popolare Cinese, potendo così costituire un pericoloso rivale nella guida del mondo comunista, non fornendogli alcun sostanziale aiuto nel suo impegno nella guerra di Corea (1950-53), conclusasi con un nulla di fatto e soltanto con una sorta di protettorato della Cina comunista sulla Corea del Nord del dittatore Kim Il-sung.

Mao Zedong

Nella conclusione, invece, si prende in considerazione l’esercizio della dimenticanza, utile per favorire la reciproca comprensione tra i popoli. Come nel 1991 è accaduto nel Sud Africa di Mandela, dove s’è concordato il silenzio sul passato dell’apartheid, in vigore dal 1948, favorendo la reciproca integrazione tra bianchi e neri. E nel 1946 in Italia, con l’amnistia di Togliatti, allora ministro di Grazia e Giustizia nel primo governo De Gasperi, nei riguardi dei fascisti. Ma già nel 1598, con l’editto di Nantes, re Enrico IV di Francia aveva posto fine alle guerre di religione tra cattolici e ugonotti, confinandole in un passato da non ricordare più, com’è accaduto anche in Colombia, dove nel 2017, dopo decenni di sanguinosa guerriglia e rivolte da parte delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane), grazie alla mediazione di Cuba s’è giunti all’accordo con il governo nazionale, calando una cortina sul passato, mentre l’eccesso di memoria di ebrei e arabi sul loro recente passato di conflitti rende ancora difficile un’effettiva pacificazione in Palestina, nei territori occupati e annessi dagli israeliani.

Ecco, dunque, che, se sul versante storiografico è doveroso non fare silenzio su nulla, esaminandolo con la maggior onestà e serietà possibile, su quello civile e politico a volte è più opportuno tacere o addirittura dimenticare.

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