L’algoritmo Facebook censura i «negazionisti»

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L’algoritmo Facebook censura i «negazionisti»

Inesistente su Facebook. “The page you requested was not found”. Ai più verrebbe da pensare che si tratta di materiale da denuncia alla polizia postale, sul genere “revenge porn” (pubblicazione di immagini o video intimi tramite Internet senza il consenso del/della protagonista degli stessi, spesso a scopo di vendetta) così in voga ultimamente. Invece, a turbare la community, e di conseguenza far scattare la censura, sono stati certi contenuti condivisi dalla triestina Claudia Cernigoi, giornalista e ricercatrice (a livello dilettantistico), che insieme a Sandi Volk e Alessandra Kersevan (titolare della casa editrice Kappa Vu di Udine) è nota per far parte di un gruppo di autori indicati come “negazionisti” o “riduzionisti delle foibe”, o che comunque divulgano un’interpretazione delle vicende legate al dramma delle foibe e all’esodo giuliano-dalmata, stravolgendole in modo sostanziale.

La rete di Mark Zuckerberg ha dunque cancellato La Nuova Alabarda, la pagina social aperta da Cernigoi nel 2013, parte web dell’omonima testata giornalistica “regolarmente iscritta al Tribunale di Trieste dal 1990”. La notizia è stata lanciata dal quotidiano sloveno di Trieste, il Primorski Dnevnik, ed è stata ripresa anche da Assostampa del Friuli Venezia Giulia. S’ignorano i motivi precisi di questo oscuramento, anche se non è di certo avvenuto per le tesi sostenute. Di recente il social network aveva annunciato la linea dura nei confronti della disinformazione. Scatta un algoritmo molto sensibile e, a volte, di scarsa qualità, a determinate immagini o parole. Tipo, se un utente mostra una svastica (e non necessariamente il simbolo nazista) in un post, si espone a segnalazioni e può essere bannato per molto tempo, così come vedersi rimuovere il post. A volte ci sono membri dello staff di sicurezza che controllano, ma solo dopo che l’algoritmo ha filtrato il contenuto.
“Nel corso di questi sei anni ho pubblicato una quantità immensa di articoli di attualità e di approfondimenti, soprattutto sul tema del fascismo e del neofascismo, della strategia della tensione e della storia del confine orientale, con particolare riferimento alle tematiche della Resistenza e della questione delle ‘foibe’”, afferma Cernigoi. Qualche giorno fa si è vista recapitare un annuncio dal “Team di Facebook” con il quale le veniva comunicato che la pagina della Nuova Alabarda non era più pubblicata. “Non è il mio l’unico caso di censura FB – dice –, altre pagine che trattano di antifascismo sono state chiuse, senza motivazioni plausibili. È ovvio che se devo denunciare un comportamento neofascista (scritte, saluti romani) devo anche corredare di foto, a mo’ di prova, quanto sostengo: ma se la foto di denuncia viene cancellata perché ‘viola gli standard’, senza considerare il testo che sta a fianco, alla fine la censura colpisce gli antifascisti e non i fascisti”, conclude l’autrice, che parla di accanimento nei suoi confronti, di misure che comportano il blocco della sua “attività di informazione su uno dei canali social più frequentati”.
Circa due mesi fa, Cernigoi ha dato alle stampe il libro “Operazione Plutone”, un volume sui processi per le foibe triestine edito dalla Kappa Vu di Udine, nel quale – come sostiene l’autrice – ha analizzato “una serie di procedimenti giudiziari, spiegando come l’eccidio avvenuto presso l’Abisso Plutone sul Carso triestino non fosse commesso da partigiani o militari jugoslavi, ma da un gruppo di criminali comuni infiltrati”. Questo lavoro ha provocato un’ondata (l’ennesima) di condanne e contestazioni, provenienti perlopiù dagli ambienti politici di destra. Cernigoi riferisce di aver ricevuto “una quarantina di messaggi e insulti, di cui quattro con minacce gravi”.
Incisivo il commento dell’Unione degli Istriani su FB: “Se è vero che è stato Mark Zuckerberg a cancellarla, avrà avuto i suoi buoni motivi per farlo. O no?”. Sarà anche vero, ma il provvedimento non ha mancato di suscitare pure reazioni di immedesimazione, empatia e solidarietà, alimentando una sorta di vittimismo che allontana dal problema e da un sano confronto dialettico sul tema, scientificamente argomentato, come più volte proprio dall’organizzazione degli esuli presieduta da Massimiliano Lacota. Da circa un anno, l’Unione degli Istriani sta invitando pubblicamente i tre studiosi “negazionisti” – Cernigoi, Kersevan e Volk – a partecipare a un dibattito sul tema. “Vogliamo capire e analizzare bene le cause di questa loro visione diversa dei fatti e, senza presunzione alcuna, farli ragionare su avvenimenti, dati e circostanze che non trovano spazio nella impostazione delle loro ricerche”, spiega Lacota. A un giornale sloveno Cernigoi ha dichiarato di propendere per un rifiuto, poiché offesa dall’Unione degli Istriani e dai suoi iscritti; Volk, invece, potrebbe anche intervenire, ma in una sede neutra e con interlocutori degli storici professionisti (anche se tali non sono né Cernigoi né Kersevan).
E dunque a oggi la sfida di Lacota e dell’Unione degli Istriani rimane tale. In un’intervista di qualche anno fa, il compianto Zygmunt Bauman aveva osservato che “il vero dialogo non è parlare con gente che la pensa come te”. “Entrare in dialogo – aveva precisato il sociologo – significa superare la soglia dello specchio, insegnare a imparare ad arricchirsi della diversità dell’altro”. Parafrasando Bauman, che aveva accennato all’attivismo online, ci sono dunque anche gli “storiografi” da sofà: rifuggono da ogni interazione “ragionevole”, che esige appunto capacità di discussione, negoziato, apertura.

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