L’infinito potenziale creativo del mosaico

Chiacchierata con Matko Kezele, mosaicista che ha guidato la realizzazione del nautilus che decora la facciata laterale della Erste bank in via della Ruota nell'ambito del progetto Fiume Capitale europea della Cultura

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L’infinito potenziale creativo del mosaico

Lo scorso settembre, sulla facciata laterale della sede dell’Erste bank, in via della Ruota, è stato realizzato un mosaico nell’ambito delle Iniziative civili del progetto Fiume Capitale europea della Cultura. A guidare il laboratorio destinato ai cittadini e durato alcuni giorni è stato il mosaicista fiumano Matko Kezele, ex alunno della SEI Dolac ed ex studente della Scuola media superiore italiana di Fiume, formatosi alla Scuola mosaicisti del Friuli a Spilimbergo. Dopo il diploma ha fatto ritorno a Fiume, dove vive e lavora in veste di libero artista. Il suo status professionale gli permette di occuparsi di diversi progetti, di collaborare con varie istituzioni e di esprimersi creativamente nel suo studio artistico in Mlacca. Lo abbiamo interpellato per conoscere meglio la sua attività di mosaicista e artista.

 

Una vita senza certezze
“Sono soddisfatto dello status di libero artista, in quanto mi permette di organizzare la giornata secondo le mie priorità e riesco a vivere discretamente con il denaro che guadagno, anche se si tratta di una vita senza certezze – esordisce Matko -. Per quanto riguarda la mia scelta professionale, devo dire che al termine dell’SMSI non nutrivo particolare interesse per nessuna delle Facoltà che si offrivano a Fiume. Accadde, però, che un giorno andai a visitare la Scuola mosaicisti del Friuli di Spilimbergo, un centro importante che ha istruito numerosi mosaicisti e terrazzieri provenienti da tutto il mondo. La scuola mi affascinò e decisi di frequentarla. Fare il mosaicista è un lavoro creativo e mi piaceva il fatto che questo è un lavoro manuale. Già da studente delle medie superiori frequentavo mostre e l’arte figurativa mi interessava, per cui questa scelta professionale non è stata una sorpresa. Un mosaicista ha parecchi sbocchi professionali: oltre a creare opere artistiche, può anche tenere laboratori per il mosaico, collaborare al restauro di mosaici antichi, ecc. La Scuola mi ha dato tutti i ferri del mestiere e le conoscenze necessarie per svolgere questo lavoro. Ovviamente, il segmento più importante della formazione a Spilimbergo è il lavoro pratico. Il segmento teorico è sempre legato a ciò che si fa durante le lezioni pratiche. La storia dell’arte, per fare un esempio, si basa soprattutto sulla storia di questa particolare tecnica decorativa. Nella Scuola si apprendono pure delle nozioni pratiche che possono aiutare il mosaicista nella sua futura professione, tra cui la compilazione di un’offerta”.

“Marya Delvard”

Come mai hai deciso di tornare a Fiume? Di solito, chi va a studiare all’estero tende a rimanerci trovando lavoro in uno dei Paesi europei.
“All’epoca in cui studiavo la Croazia non era ancora uno Stato membro dell’Unione europea, per cui bisognava disporre di visti studenteschi e di permessi di soggiorno. Inoltre, essendo stato io il primo studente della Scuola mosaicisti del Friuli proveniente dalla Croazia all’epoca, gli addetti all’amministrazione non sapevano come classificare questo istituto scolastico. Un altro problema era che in quella zona non era facile trovare un lavoro perché i mosaicisti italiani hanno sempre la precedenza e sono i primi a venire assunti. Inoltre, le varie imprese che si occupano di mosaici sono di solito a conduzione familiare, per cui gli stranieri hanno pochissime possibilità di trovare un impiego in regione. Per me non era un grave problema dover tornare a Fiume perché Spilimbergo è abbastanza vicina.
Mi piace vivere nella mia città e ho scoperto facendo questo lavoro che è necessario innanzitutto educare le persone sul mosaico. In veste di artista freelance non so mai che cosa ha in serbo il futuro, ma questo lavoro mi permette di viaggiare e di avere parecchio tempo libero. All’inizio di quest’anno ho lavorato a un progetto a Roma per un mese e mezzo assieme a un collega, mentre d’estate ho partecipato a un progetto in Montenegro”.

Una delle opere di Matko Kezele

Immagino che in Croazia i mosaicisti non siano molto numerosi. Non hai problemi a trovare progetti ai quali prendere parte?
“Conosco alcune persone che hanno concluso gli studi a Spilimbergo qualche anno dopo di me, ma i mosaicisti in Croazia sono pochi. Di conseguenza, non è un problema per me trovare dei progetti ai quali lavorare. Inoltre, la Scuola mosaicisti mi ha dato delle solide basi per potermi occupare anche di restauro e di conseguenza collaborare con istituzioni com’è l’Istituto nazionale di restauro (HRZ). In questo contesto ho lavorato molto in Istria, mentre uno dei primi progetti ai quali ho partecipato a Fiume è stata l’opera di restauro del mausoleo Gorup nel Cimitero di Cosala. Vorrei che si facesse di più per recuperare le tombe antiche. Mi interessano in particolare i mausolei di Ivan Rendić, che utilizzava spesso i mosaici come decorazione. Un altro monumento che ha bisogno di attenzione è la Chiesa della Madonna di Lourdes, nota come chiesa dei Cappuccini, la cui facciata principale è decorata da un grande mosaico. Infatti, ogni volta che salgo sul sagrato della chiesa trovo per terra tantissimi tasselli caduti dalla facciata. Spero che qualcuno si darà da fare per recuperare questi importanti monumenti”.


Veniamo ora al mosaico in via della Ruota, realizzato nell’ambito del progetto Fiume CEC. Come hai preso parte a quest’iniziativa?
“Avevo proposto già prima alcuni progetti ai concorsi banditi nell’ambito di Fiume CEC, ma questi non sono stati accettati. Poi, qualche mese fa, mi hanno contattato Nika Krajnović e Tihana Naglić con l’idea di realizzare un mosaico con la partecipazione di cittadini interessati. L’accento era posto sul riciclaggio, per cui nella realizzazione abbiamo fatto uso di piastrelle recuperate nelle discariche abusive. Il mio compito era guidare il laboratorio e dare indicazioni nella realizzazione del mosaico. Il lavoro è durato cinque giorni e al laboratorio partecipava ogni giorno una decina di persone.
La specificità di questo mosaico è il procedimento. Di solito, nella creazione del mosaico si parte dal soggetto e dall’immagine che si vuole creare, mentre in questo caso siamo partiti dal materiale del quale disponevamo per poter adeguarlo al motivo del nautilus. Nella realizzazione del mosaico abbiamo utilizzato tasselli ottenuti rompendo le piastrelle con il martello, il che è il metodo più semplice per coloro che non sono professionisti nel campo. Avevamo a disposizione poco tempo e una quantità limitata di materiale, per cui bisognava adottare la tecnica più semplice e veloce”.

Di quali progetti ti occupi attualmente?
“Quest’anno avrei dovuto lavorare a diversi progetti di restauro in Istria e a Zagabria, ma la pandemia ci ha costretti a cambiare i piani. A Zagabria avrei dovuto occuparmi del restauro di un mosaico di Edo Murtić, ma tutto è stato rimandato alla primavera del 2021. Per fortuna, i progetti che sono andati in porto quest’anno mi hanno aiutato a superare questo brutto periodo di crisi in maniera relativamente serena. Inoltre, mi sono candidato ad alcuni concorsi cittadini per realizzare degli interventi negli spazi pubblici. Quest’anno ho decorato, infatti, la scalinata che dal parcheggio Beretich porta in via Erazmo Barčić.”


Ci sono molti mosaici in Croazia?
“Il nostro Paese vanta una quantità discreta di mosaici. Gran parte della costa croata era in passato una provincia romana e vi venivano costruite basiliche e ville. Nella decorazione si faceva uso del mosaico. Uno di questi è il mosaico tardoromano rinvenuto dinanzi al Duomo di Fiume, accanto al campanile, che purtroppo è stato documentato, ma poi nuovamente coperto dall’asfalto. Anche se sarebbe bello poterlo vedere esposto alla luce del giorno, si tratta di un progetto che non è facile realizzare per una serie di problemi. Il primo è il fatto che il mosaico si trova a livello del mare, mentre le fondamenta del campanile poggiano in gran parte sulla superficie del mosaico. L’intera zona è staticamente instabile e c’è anche la questione dell’umidità che può danneggiarlo. Esporlo alla luce del sole e all’azione delle intemperie non sarebbe una buona idea. D’altro canto, coprirlo con un vetro trasparente significherebbe esporlo all’umidità e alla proliferazione di microorganismi che potrebbero intaccare la sua superficie. Forse la soluzione migliore sarebbe quella di realizzare una replica del mosaico in situ”.

Quanto tempo serve per realizzare un quadro-mosaico?
“Tutto dipende dalla tecnica, dal motivo e dal materiale che utilizzo. A volte basta un giorno, altre volte serve un mese. Nella creazione dei mosaici faccio uso di marmo, vetro, mattone, pietra, che sono materiali che hanno un colore proprio. La ceramica è invece un materiale con tinte più brillanti e di una vasta gamma di colori. Faccio uso anche delle paste di vetro che possiedono un’ampia tavolozza di tonalità”.

La scalinata decorata in via Erazmo Barčić, all’uscita dal parcheggio Beretich

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