Il Premio Antonio Pellizzer dedicato agli insegnanti della SEI «Dolac»

La vincitrice del riconoscimento per gli educatori e i docenti delle istituzioni prescolari e scolastiche della Comunità Nazionale Italiana, Nadia Poropat, parla della sua carriera

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Il Premio Antonio Pellizzer dedicato agli insegnanti della SEI «Dolac»

L’edizione 2020 del Premio Antonio Pellizzer per gli educatori e i docenti delle istituzioni prescolari e scolastiche della Comunità Nazionale Italiana, un premio che si prefigge di promuovere la creatività didattico-pedagogica e culturale della CNI in Croazia e Slovenia, volta alla valorizzazione dell’uso orale e scritto della lingua italiana nelle istituzioni prescolari e scolastiche della CNI, nonché di contribuire all’affermazione sociale e professionale della categoria degli educatori e dei docenti di scuola elementare e media superiore della CNI, quest’anno è andato a Nadia Poropat, ex direttrice della scuola elementare “Dolac” di Fiume, ora pensionata. La commissione che ha assegnato il premio è stata composta da Gloria Tijan, Guido Križman e dalla presidente Iva Bradaschia Kožul, mentre le candidature sono state inoltrate dai Collegi docenti delle scuole.

Una visionaria dal cuore d’oro
Nella motivazione di questa scelta la commissione ha scritto: “Nadia Poropat ha promosso, avviato e realizzato numerose attività, riconoscendo l’importanza del coinvolgere le scuole della minoranza in progetti internazionali onde promuoverle a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. Possedendo ottime capacità organizzative ha saputo, quasi da visionaria, anticipare i cambiamenti che si prospettavano nel sistema scolastico. Lo ha fatto da brava persona che è, dedicando tutta sé stessa alla scuola italiana”.
Abbiamo chiesto a Nadia Poropat quali sono le sue impressioni e come potrebbe raccontare la sua carriera lavorativa e i due anni che ha trascorso in pensione, anche se lei scherzosamente ha affermato che si tratta di un anno effettivo perché il 2020 è da dimenticare.


La notizia del Premio Antonio Pellizzer è stato un fulmine a ciel sereno?
“Sono stata candidata dal Consiglio scolastico della ‘Dolac’, ma non ero a conoscenza della candidatura. Solo successivamente la direttrice mi ha chiamato per verificare se avessi qualcosa in contrario e io ovviamente ho risposto di no, ma ero altrettanto convinta che non avrei mai vinto questo premio. Quando mi hanno detto di esser stata scelta per il Premio Pellizzer ero incredula, soprattutto perché non mi aspettavo una notizia così bella in un anno così brutto per tutti quanti”.

Quali sono stati i progetti più significativi nella sua carriera?
“Ovviamente è impossibile elencare tutto quello che abbiamo fatto. Quando sono entrata nella scuola ‘Dolac’ nel 1997, le condizioni in cui versava erano penose. Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo posto in cima alla lista delle priorità la sicurezza dei bambini e degli insegnanti. Sono stati anni brutti e difficili, in cui spesso gli operai erano più numerosi degli alunni. Abbiamo continuato però a lavorare tenendo sempre a mente il progetto a lungo termine di diventare più interessanti e accattivanti ai futuri alunni e genitori. Abbiamo iniziato, dunque, a fare tanta pubblicità e ovviamente tutto quello che abbiamo promesso l’abbiamo anche mantenuto, costruendo in questo modo un’immagine della scuola che è diventata un marchio di qualità nella nostra città. Abbiamo puntato tanto sul doposcuola, che ai nostri occhi non doveva essere soltanto un servizio di accudimento dei bambini, ma un vero e proprio braccio allungato della scuola, un luogo che offre un valore aggiunto all’insegnamento. Un altro progetto importante che abbiamo portato avanti è quello legato alla lingua italiana. Le sezioni italiane sono sempre state molto gettonate da famiglie che a casa non lo parlano e noi abbiamo voluto scremare in un certo senso le classi italiane indirizzando i ragazzi che non avevano tutta questa padronanza della lingua a quelle croate ma offrendo loro in compenso uno studio molto più intenso della lingua, anche nelle materie educative e nel doposcuola. Viaggiando in Austria e nell’Italia del nord ho scoperto che le scuole di confine offrivano uno studio sistematico di una seconda lingua e così abbiamo cercato di applicare un modello simile anche alla scuola ‘Dolac’. Il Ministero bocciò il progetto, pur riconoscendo il suo valore, ma in quella situazione l’allora capodipartimento per le scuole della Città di Fiume, Branka Renko Silov, ci suggerì di trasferire questo approccio al doposcuola croato e così abbiamo fatto. Per le sezioni italiane ci siamo dati da fare soprattutto nell’ambito dei progetti europei, candidando tante idee, ottenendo finanziamenti e riuscendo a mandare tanti docenti all’estero per corsi di aggiornamento e perfezionamento. In questo campo abbiamo ottenuto molte soddisfazioni da tutti i punti di vista, abbiamo conosciuto altre realtà e ci siamo fatti conoscere all’esterno”.


Qual è stato il primo passo fatto in questa direzione?
“Quando sono venuta alla ‘Dolac’, nel 1997, ho visto che c’era un unico computer in contabilità e anch’esso era maggiorenne. Non c’era ancora l’informatica a scuola ma io sapevo che il futuro stava lì, anche perché le materie scientifiche sono il mio campo di studio. Ho fatto di tutto per migliorare la situazione, prima nell’amministrazione e poi anche per gli alunni. Siamo stati tra i primi a offrire l’informatica come materia opzionale dalla prima elementare. Un altro traguardo è stata l’educazione civica, che io proposi quando ancora nessuno ne parlava né a Fiume né in Croazia. Volevo insegnare ai nostri bambini a fare confronti sia in senso amministrativo che politico tra Fiume e le altre città europee, ma anche tra la Croazia e l’Italia. Parzialmente ce l’abbiamo fatta. Siamo stati i primi in assoluto, prima tramite il Ministero e poi tramite la Città, a parlare di educazione civica con i ragazzi. La docente che ha raggiunto i risultati più alti è stata Barbara Fatur. Questo secondo me è il progetto più importante degli ultimi decenni”.

Parlando dei progetti e dei traguardi usa sempre il plurale…
“Certo. Anche questo premio lo dedico ai miei colleghi perché ho sempre fatto parte di una squadra e i risultati ottenuti non sarebbero stati possibili senza di loro. Dedico il premio soprattutto a coloro che lottano quotidianamente per mantenere nelle classi una parvenza di normalità nonostante il Covid-19 e ai colleghi che fanno gli straordinari per garantire un livello alto d’insegnamento anche agli alunni con disabilità o a quelli che sono in isolamento a casa. Senza di loro la scuola non sarebbe quella che è adesso”.

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