Silva Bon racconta Skarpas il Console che salvò molti ebrei

Gli archivi restituiscono i documenti rimasti a lungo secretati. In un libro la storica capodistriana spiega il ruolo della sede greca a Trieste negli anni della Shoah

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Silva Bon racconta Skarpas il Console che salvò molti ebrei

È un ideale passaggio del testimone per riuscire a stabilire una verità storica basata su documenti precisi che solo altri documenti potrebbero ampliare, forse completare se ce ne fosse bisogno. Silva Bon, la storica capodistriana che vive a Trieste e che ormai conosciamo a fondo per le sue continue ricerche sulle vicende delle famiglie ebree del territorio FVG, ma che spazia pure in Istria e a Fiume-Abbazia, pubblica ora un altro libro importante, basato su precisi riferimenti.
Perché questa necessità di mettere l’accento sui documenti? Lo spiega già nella ricca prefazione Anna Vinci, sottolineando che “molte delle nefandezze furono commesse richiamandosi alla legittimità di regole sancite dalle leggi”.
Il libro, intitolato “Loudovikos Skarpas. Il Consolato greco a Trieste negli anni della Shoah (1938 – 1940)” è edito a Trieste dall’Istituto regionale per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, numero 46 della collana Quaderni. Si legge con slancio sia per la scrittura accattivante sia per i continui cambi di scena, dovuti alla vicenda narrata, ma anche alla capacità della Bon di guidare per mano il lettore nel percorso che lei stessa ha seguito affidandosi alla grande professionalità. Aiutano anche la sua capacità di ricercatrice e la curiosità femminile per i continui cambi di registro dell’anima sociale e politica della storia. Ed infine per il coinvolgimento diretto nella vicenda sia di Trieste che di Fiume.
Quando inizia la ricerca?
“La ricerca inizia sette anni fa a conclusione di un diverso percorso lasciato incompiuto. Infatti, già nel 2013, il Console generale onorario della Grecia a Trieste, Menélaos Pappàs, morto improvvisamente prima di aver portato a termine la sua indagine, il 22 ottobre 2014, riferiva all’amico Efstathios Loukàs una ‘memoria orale’, secondo cui i consoli greci, dopo le leggi razziali – novembre 1938 – erano stati, in un certo senso, perseguitati; l’ultimo, in particolare, era stato messo agli arresti domiciliari perché forniva fogli di via (tipo passaporto) agli ebrei non solo di origine greca, perché potessero allontanarsi dall’Italia. Menélaos Pappàs chiedeva a Loukàs di essere aiutato per realizzare a Trieste una ricerca in merito. Si trattava chiaramente di indizi che andavano verificati”.
Ancora personaggi che avevano deciso di disobbedire alle Leggi razziali?

La storica Silva Bon che firma il libro dell’Istituto di Trieste

“Come afferma Anna Vinci ‘la scelta di disobbedire a ordini non guidati dalla pietas verso i propri simili, è pagata spesso duramente’. E Loudovikos Skarpas ne è un esempio. Come spesso succede, l’accesso ai documenti-prova è stato difficile, lungo, tortuoso, ma appassionante anche perché ha finito per coinvolgere diverse realtà, a livello locale fino a quelle nazionali per arrivare alla Grecia”.
Fu il primo marito di Maria Kapodistria
Ma chi era Loudovikos Skarpas, che cosa emerge nella ricerca di questo personaggio che accende, citando ancora la Vinci ‘una spia luminosa su comportamenti possibili in mezzo alla bufera delle leggi razziali fasciste’?
“Loudovikos (o Aloísios) Skarpas nasce a Corfù il 22 maggio 1896. Vale far menzione del fatto che è stato il primo marito di Maria Desylla-Kapodistria (25/03/1898-15/08/1980), prima donna a essere eletta sindaco in Grecia, nell’isola di Corfù (divorziarono nel 1928). Da lei ebbe due figlie. Prima del 1926, Skarpas rivestì il ruolo di Console in Albania. Prende servizio a Trieste il 17 marzo 1938, con ufficio in piazza Dalmazia 3, mentre la sua abitazione è sita in via Rossetti, 36. Suoi stretti collaboratori risultano il viceconsole onorario Christos Nikolaìdis; il consigliere commerciale Anastassakis; il segretario del Consolato il signor Metallinòs. Nel 1939 l’allora ministro degli Esteri Conte Galeazzo Ciano chiede al console greco di Trieste Skarpas di lasciare entro 24 ore l’Italia, perché considerato indesiderabile in quanto aveva dato aiuto a molti ebrei, sostenendoli nella loro fuga dall’Italia in cerca di un asilo sicuro in Grecia, oppure in Palestina, o in altri Paesi europei, oppure perfino nelle Americhe”.
E quindi se ne andrà?
“Era uno tosto. Riuscirà a restare in servizio almeno fino al 28 giugno 1940. Gli subentrerà, nel ruolo di Console, come gestore provvisorio del Consolato, Christos Nikolaìdis. La rappresentanza venne chiusa a causa della dichiarazione di guerra dell’Italia alla Grecia il 31 ottobre 1940, pochi giorni dopo l’effettiva data dell’aggressione, che cade il 28 ottobre 1940. Il personale greco venne rimpatriato e gli interessi della Grecia furono momentaneamente assunti dal Consolato svizzero”.
I documenti per tanto tempo secretati
Il vero giallo ora è la documentazione. Perché?
“Rappresenta un importante tassello di ciò che comportarono le Leggi razziali del 1938. Fino all’intervento di Lukas, il materiale si trovava presso il Consolato greco ed era completamente da riordinare. In parte venne digitalizzato a Trieste e portato ad Atene. È stata necessaria una traduzione fedele e asseverata, ma finalmente, giunto all’Istituto regionale di Trieste, è stato possibile consultarlo, analizzarlo e renderlo pubblico con questo libro”.
Che cosa emerge?
“La volontà ferrea di questo personaggio nel voler salvare gli ebrei del territorio, anche quelli di Fiume dove la vicenda si intreccia con quella del questore Palatucci. Egli non si limita a salvare gli ebrei corfioti e greci in generale, ma spazia laddove è possibile per salvare vite umane. Ne esce un’immagine davvero interessante. A ribadire, ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che se fossero stati in tanti a dire no, probabilmente la storia avrebbe avuto una diversa evoluzione… Ciò che è stato ovviamente non si può cambiare, però può aiutare a ragionare in modo diverso sulle cose che ci circondano e su ciò che potrebbe succedere. Soprattutto quando nel presente si ripetono atteggiamenti già visti, già sofferti, come la volontà di nuove dittature o la mancata considerazione del valore dell’essere umano in quanto tale”.
In che modo le storie di Skarpas e Palatucci si intrecciano?
“In un’occasione in particolare: l’uscita dal vicino porto di Fiume di un congruo numero di ebrei in fuga. Sono ebrei d’Oltralpe che premono ai confini italiani in preda al terrore di essere ricacciati e costituiscono una questione di valenza internazionale, nella quale interviene in termini burocratici anche Giovanni Palatucci, che diventerà più tardi Questore a Fiume e a cui falsamente è stato attribuito da alcuni studiosi il potere di aver risolto la questione dell’imbarco di 850 migranti.
Il caso specifico è di grande rilevanza, intervengono i dirigenti del Comitato assistenza emigranti ebrei di Trieste, che con intrecci con le Agenzie ebraiche di Londra e Parigi, provvedono per i visti rilasciati dalle autorità britanniche. Del resto i confini sono ancora materialmente aperti, l’Italia non è ancora entrata in guerra, le possibilità di uscita sono concrete, una volta ottemperato alle richieste elleniche, alle disposizioni italiane e ai requisiti internazionali. Skarpas intervenne per muovere le acque ad Atene e per provvedere in termini molto pratici e concreti alle necessità degli emigranti imbarcati, secondo tutte le regole e i dispositivi imposti e richiesti anche dalla sicurezza sul mare”.
Dalla Grecia verso il resto del mondo
Perché la Grecia era considerata una meta salvifica?
“Perché da lì sapevano che avrebbero potuto trovare navi dirette a Lisbona o verso le Americhe, ma principalmente perché la Grecia non aveva ancora una legge antisemita. Così partì anche la famosa nave da Fiume”.
Skarpas dovette difendere il proprio operato?
“È una delle cose più interessanti. La situazione si sta progressivamente deteriorando e nei primi giorni di settembre 1938 Skarpas lancia un cahier de doléances molto sincero con tre lettere successive dai toni espliciti, dettagliati, ampli, che lasciano intravvedere una volontà chiara da parte sua di intervenire in aiuto, cercando possibili soluzioni pratiche all’ineluttabilità dei provvedimenti fascisti. Si tratta di tre lettere, una relazione e due testi più brevi, ma incisivi, con cui il Console descrive molto realisticamente la situazione triestina. La sua analisi corrisponde effettivamente alla situazione reale, così come anche il riscontro dei documenti ufficiali dell’epoca. Il transito degli ebrei “ex-austriaci” attraverso la città e il porto di Trieste porta notizie inconfutabili della persecuzione in atto Oltralpe, allarma fortemente le famiglie ebraiche triestine che ospitano i correligionari di passaggio e i membri che reggono le istituzioni comunitarie. A Trieste gli ebrei, soprattutto nella parte più colta e abbiente, sono informati sulla situazione europea, e sono fin da subito resi consapevoli del pericolo cui vanno incontro anche in Italia e nella loro città”.
Che cosa svelano questi documenti?
“Non portano novità nelle vicende triestine contro gli ebrei, ne confermano i passi e le linee generali di cui i corfioti furono parte integrante. Si arricchisce la consapevolezza sul ruolo di Generali e Ras, i cui capi e moltissimi funzionari erano ebrei, che porterà a uno scardinamento dell’economia triestina. Emerge con prepotenza il problema delle abiure e il passaggio dalla religione ebraica alla greco ortodossa, non semplici e immediati, costituivano un vero problema politico per i greco ortodossi mentre gli archimandriti erano più favorevoli. Anche perché l’ideologia antisemita si basava sul concetto del ‘sangue’, era una categoria biologico-razziale, non un fattore culturale e religioso”.
Il ruolo dei Consolati
Ed infine si evince l’importanza della presenza consolare in una città composita come Trieste…
“Ho trovato sicuro riscontro dell’effettivo interesse da parte della Prefettura, e quindi dello Stato fascista, nei confronti dei Consolati, onorari e diplomatici, siti a Trieste, in numerosi rimandi di varia natura, anche economica e sociale, rispondenti a diversi numeri di classifica. Ad esempio, fascicoli intitolati: Consoli stranieri nel Regno trattamento e vigilanza; Consoli esteri a Trieste ricevimento; Consoli esteri tasse esenzione; Consolati esteri richiesta di notizie di carattere commerciale; Consolati esteri comunicazioni; Consolati retti da diplomatici – elenco. E specificatamente Consolato Grecia; Consolato di Grecia a Trieste informazioni circa proprietà Teodoro Petratos. Tutto questo riferito agli anni 1935 e 1936”.
E non finisce qui. Come Silva Bon insegna, ogni passo nella ricerca storiografica ne precede moltissimi altri, necessari per far affiorare un mosaico di tessere ciascuna importante e unica, ma mai fisse, bensì in continua, affascinante, evoluzione.

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