A scuola di speranza in una terra alla ricerca di stabilità

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A scuola di speranza in una terra alla ricerca di stabilità

di Rosanna Turcinovich Giuricin

È un viaggio nel passato che ritorna, quello nel Kosovo del 2018 e nello spazio, perché è pieno di futuro. L’onda lunga del sistema jugoslavo, prima regime, poi socialismo reale, ancora perdura nei Paesi nati dalla dissoluzione della federativa negli anni Novanta. La guerra e poi l’assestamento non ancora giunto a compimento, il formarsi di sacche di tensione, non ha risparmiato nessuno, nonostante le nuove verginità. Entrare in Kosovo ce lo fa comprendere in tutta la sua ampiezza, la polvere di quarant’anni titoisti stesa ancora ovunque, con le sue contraddizioni. Come uscirne? La risposta è in una frase ricorrente: “Questo è il mio Paese”. E nella volontà ferrea delle persone di costruire nuove possibilità, attraverso i contatti con il mondo, con il meglio che il mondo possa offrire.

Besa Luhza, tiene i fili del grande Festival dedicato a Chopin, giunto quest’anno alla nona edizione, che richiama musicisti di fama internazionale. Anche lei è una pianista, docente alla scuola di musica dell’Università di Priština, con sede nel campus che s’allarga nel centro città. Via vai di giovani, quasi dappertutto, su una popolazione di 1,816 milioni di abitanti, loro sono la maggioranza. È il Paese più giovane d’Europa e lo si avverte, la natalità è importante. Anche al concerto finale del Festival, che ha voluto come ospiti d’eccezione, il pianista italiano di fama mondiale Giovanni Bellucci e il direttore d’orchestra bulgaro, Bojan Videnoff, i giovani erano veramente tanti. In programma musiche di Beethoven, Concerto n. 4 per pianoforte e orchestra in sol maggiore, op. 58 e la Sinfonia n. 9 di Schubert. Nella prima parte con la straordinaria esecuzione di Bellucci accompagnato dall’Orchestra filarmonica del Kosovo; nella seconda parte per sola orchestra diretta da Videnoff con grande carica emotiva e umana. Standing ovation per il pianista italiano che ha concesso, al pubblico entusiasta, anche l’esecuzione di un brano di Listz, nel quale ha espresso il suo noto virtuosismo. Il concerto era stato introdotto da Besa Luzha e dal saluto dell’Ambasciatore d’Italia in Kosovo, Piero Cristoforo Sardi, fiero di poter accogliere il musicista italiano che con la sua fama e la sua competenza porta un esempio di alto valore culturale nel mondo oltre a essere un esempio, un mito, per chi già cammina nella sfera della musica. Il Maestro non ha mancato di generoso slancio e disponibilità tanto che il giorno dopo il concerto, ha tenuto un masterclass per un gruppo di studenti della scuola di musica. Sono arrivati con le partiture in mano, emozionati di poter conoscere da vicino un’icona del panorama musicale mondiale: con grande disponibilità ed empatia, il Maestro ha scomposto e ricomposto le loro idee, le abitudini acquisite, indicando nuove vie, diversi approcci che certo diventeranno dei punti fermi nella loro evoluzione, un’opportunità da raccontare ai posteri. Nella classe tanti studenti ad ascoltare in religioso silenzio l’evolvere delle lezioni. Tra i partecipanti anche un giovanissimo di talento, giunto da Skopje con la famiglia, appena la voce si è sparsa. A lui e a tutti gli altri, Bellucci, che insegna a Cremona, ha dedicato il suo tempo e la sua grande competenza, scherzando ma senza mai uscire dal rigore dell’insegnamento, spiegando e dimostrando, donando la sua infinita conoscenza.

La musica è il contatto con il mondo

“L’amore per la musica classica è molto diffuso” – ci spiegano. La musica ti mette in contatto con il mondo. I giovani, anche se per uscire dal Kosovo serve il visto, partecipano ai progetti scuola-lavoro che si svolgono perlopiù negli Stati Uniti. Emra ed Adea, dello staff del Festival nonché allieve del corso di pianoforte, ci sono state l’anno scorso e vi ritorneranno quest’estate per migliorare l’inglese, per fare nuove esperienze. A occuparsi di questi contatti Oltreoceano è un’apposita agenzia di Priština e i costi sono elevati, ma il bisogno di misurarsi con altre realtà è una molla che aiuta a superare le difficoltà. Anche i sogni hanno un costo che nel caso dei giovani si trasforma in un importante investimento. Lo raccontano, commentando la grande fortuna di avere Bellucci nella loro scuola e di poterlo accompagnare, sedute per uno spuntino veloce, in uno dei tanti ristoranti del centro, sorti velocemente, dove la tradizione si mescola al mito della cucina di altri Paesi. Portano in tavola il formaggio molle della Bosnia e quello stagionato dell’Albania accompagnati dalla Flija kosovare, una focaccia condita e saporita, una delle tante bontà della gastronomia locale. In onore degli ospiti che parlano italiano, offrono un assaggio di ravioli ripieni di spinaci e conditi con salsa di noci. Le culture che s’incontrano mettono allegria, si commenta. La cucina è una risorsa per il turismo, che però in Kosovo non c’è.

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L’Italia può aiutare questa realtà?

“Lo stiamo già facendo, risponde l’Ambasciatore Sardi, innanzitutto mantenendo la pace”. Solo pochi giorni fa, infatti, durante la visita in Kosovo, il ministro della difesa Roberta Pinotti, ha sottolineato l’appoggio dell’Italia al processo di integrazione euro-atlantica del Kosovo durante il colloquio con il premier kosovaro Ramush Haradinaj. “L’Italia è stata uno dei primi Paesi a riconoscere l’indipendenza del Kosovo, con il quale intende proseguire nella partnership”, ha affermato. Il ministro Pinotti ha anche incontrato i militari del contingente italiano della Kfor, la Forza Nato in Kosovo. Le loro divise si notavano la sera del concerto. “Rimaniamo in loco per sei mesi, poi c’è il cambio”, ci raccontano. La provenienza? Tutte le regioni d’Italia. “Gemona del Friuli” aggiunge un capitano, presentandosi. Le distanze si accorciano. Sono entusiasti della serata, Bellucci ha strabiliato la platea, hanno colto l’entusiasmo della gente per il grande onore di avere a Priština un’autorità nel campo musicale. Il dopo concerto non può prescindere dai commenti sulla serata, sulla prova offerta dal Maestro. Lo sottolinea anche l’Ambasciatrice della Croazia in Kosovo, Marija Kapitanović, a Priština da due anni. Si spende per la promozione culturale, a breve ospiterà la presentazione di un innovativo museo di Zagabria. “Organizziamo varie iniziative – ci dice – anche concerti, ma quello di stasera è stato senza precedenti. Auspichiamo che il Maestro ritorni”.

Italia e Croazia lavorano fianco a fianco

I rapporti tra le due rappresentanze diplomatiche di Italia e Croazia sono frequenti e intensi. Le finalità da raggiungere le medesime. L’Ambasciatrice parla bene anche l’italiano essendo cresciuta a Pola, nata a Lisignano, la sua infanzia è legata alle amicizie con i ragazzi di Sissano, località a pochi chilometri da casa sua. Un’istriana in Kosovo, una donna che comprende le necessità di un mondo complesso, alla ricerca di vie d’uscite che non sono facili.
È inevitabile pensare che una realtà con il 65 per cento di popolazione con meno di trent’anni, non possa che crescere attraverso la speranza. Di vedere eliminata la corruzione, dando forza alla cultura. Ecco perché Priština punta sulla musica. Certo le parole semplificano le situazioni, che semplici non sono. Il Kosovo affronta un cammino difficile e complicato, il Pil cresce vertiginosamente, come in tutte le realtà con macerie alle spalle. La storia su questi confini continua a essere pesante e chiede ancora vittime ideali in termini di sacrifici per crescere, per raggiungere alti livelli di consapevolezza e una pacificazione duratura per la quale in tanti stanno lavorando. Stabilità per nuovi equilibri che aiutino a evolvere il presente. Incredibilmente, in un Paese senza turismo, senza grossi contatti con il panorama internazionale se non con imprenditori spesso maestri del mordi e fuggi, i grandi nomi del panorama musicale mondiale rispondono.
Perché la musica? Banalmente si potrebbe dire perché è una lingua universale. Ma anche perché aiuta a evolvere il bello, la conoscenza e ad aprirsi alle esperienze, di qui e dappertutto, con maggiore intensità. Chi arriva a Priština assiste all’esplosione del nuovo, una realtà in ascesa innestata sui ruderi del comunismo e dell’insistenza serba che non intende riconoscere, fuori dal proprio territorio, un territorio che considera la culla della propria storia. Lo afferma anche la loro Costituzione.
Negli ultimi tempi il presidente europeista serbo Aleksandar Vučić, sfidando gli ultrà panserbi e russofili nostalgici di Milošević che lo minacciano costringendolo a una vita blindata, e il presidente del Kosovo Hashim Thaci, hanno cercato di far andare avanti il negoziato su una soluzione di compromesso per regolarizzare i rapporti bilaterali e aprire a entrambi i Paesi la via dell’entrata nell’Unione europea, che porterebbe loro anche ingenti aiuti. Altri leader pragmatici nella regione ex jugoslava, come la presidente croata Kolinda Grabar-Kitarović e il presidente albanese Edi Rama sostengono il disgelo, sponsorizzato dall’UE. Ma ci vuole poco a destabilizzare la situazione: i falchi soffiano sul fuoco degli odi etnici, politici e religiosi. A gennaio a Kosovska Mitrovica è stato ucciso il leader politico serbo Oliver Ivanović e questo delitto ha portato nuove paure. Per la sicurezza, della quale è ora responsabile la polizia kosovara, ci si affida alla missione europea Eulex, mentre i militari della Kfor presidiano il monastero di Visoki Decani. A Mitrovica opera anche l’Università serba mentre l’unica Università del Kosovo in lingua albanese è l’Università di Priština, fondata nel 1969, con 17 facoltà attive.
“Questo è il mio Paese” sentiamo ripetere. Besa Luzha ha studiato a Londra per mettere a disposizione di questa terra la sua grinta e la sua conoscenza. Scrive, soprattutto storie sotto il cielo del Kosovo, la paura della guerra. “Quando i caccia partirono da Aviano per venire a bombardare le nostre case, rimanemmo in silenzio ad attendere. La paura e il dolore vennero dopo, con il censimento di chi non c’era più” confida.

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Il grande progetto di un teatro degno di Opera e Balletto

A Priština i concerti si organizzano nella sala della grande Biblioteca “ma non è proprio l’ambiente adatto per un Festival dedicato a Chopin che sta crescendo” spiega Besa. Si sta pensando a un teatro vero e proprio, per ospitare con ancora maggiore calore e gratitudine i grandi della musica.
A confermare l’importanza di progetti culturali incisivi e duraturi, anche il Direttore dell’Ufficio legale del Ministero della Cultura, Feim Hoxha che afferma al nostro giornale: “Considero della massima importanza la realizzazione di un vero teatro d’Opera e Balletto, che porterebbe un notevole miglioramento delle condizioni di lavoro degli artisti che potrebbero così evolvere il loro talento. Ma c’è anche un altro progetto che ci sta a cuore, l’apertura di Centri culturali nelle varie regioni del Kosovo. Una necessità soprattutto per i giovani che hanno bisogno di uno spazio fisico dove svolgere le proprie attività in diversi campi della vita sociale e artistica in particolare”.

A che punto siete?

“Stiamo creando le condizione affinché tutto questo avvenga nel rispetto della legalità e delle norme europee alle quali cerchiamo di adeguarci con grande impegno. Il Ministero per la Cultura si sta muovendo nel modo giusto e i risultati non mancheranno. Vogliamo che i Paesi dell’UE considerino questo nostro sforzo e si possa cooperare a progetti culturali comuni in tutti i campi. La nostra ricchezza sono le persone, soprattutto i giovani, nonché artisti di vario genere in grado di crescere e proporre nuove vie, entusiasti e volenterosi”.

In Kosovo il turismo ancora non c’è ma esistono dei progetti in questo senso?

“È uno dei nostri impegni principali. Grazie allo sviluppo di buone politiche culturali si cercherà di incidere sull’interesse di molti Paesi di conoscere il Kosovo, il che avrà un impatto positivo e diretto sullo sviluppo economico del nostro Paese. Una delle politiche culturali principali riguarda la promozione del nostro patrimonio culturale e ambientale. La via dei monasteri, la montagna con la sua natura incontaminata, la ricca gastronomia e l’empatia delle persone, ospitali e aperte”.
Colpisce la serenità con cui si affronta il quotidiano, ci si muove con i taxi, che sono dappertutto perché il trasporto pubblico è carente. La corruzione, che tanto preoccupa l’occidente è reale, ma ascrivibile a uno degli aspetti di una cultura arcaica che ha bisogno di tempo per mutare e intanto segue le sue controverse dinamiche. In tutto ciò non si avverte comunque la frenesia che fa impazzire il nostro presente. L’attesa è la normalità, il tutto e subito è qualcosa che sta avvelenando altre realtà, fuori da quel contesto. Rimaniamo ad ammirare il flusso della gente lungo le strade, qua e là spuntano minareti, molte chiese si stanno ricostruendo dopo le distruzioni. Qui tutto insegna la speranza di mete da raggiungere. Per noi drogati di comfort e modernità è una lezione. E comprendiamo la pienezza di aver potuto assistere in questa dimensione complicata e in fermento, al concerto finale del Chopin Festival affidato a un pianista come Giovanni Bellucci, che ha espresso anche qui tutta la sua infinita grandezza di musicista e docente, il trionfo del bello che verrà.

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