SECONDO ME Pola sembra una città rassegnata

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SECONDO ME Pola sembra una città rassegnata
Il Municipio di Pola. Foto: Srecko Niketic/PIXSELL

Crisi archiviata. Così almeno sembra. La quotidianità ha ripreso a scorrere con i suoi ritmi lenti. E senza che, cambiamento dopo cambiamento, tutto sommato, nulla cambi. Gattopardismo tout court.
La città che d’estate non vive per soffocanti e ingestibili flussi turistici si sta rimboccando le coperte per il sonno autunnale-invernale. Unico cambiamento di rilievo la deviazione che sposta l’entrata in città da via Trieste un po’ più in là. Sì, con qualche sofferenza nel traffico, ma a memoria d’uomo non c’è stato momento in cui non si sia incappati in transenne, segnaletica provvisoria e cose così per qualche intervento in corso. Difficile dire se poi ne ne sentano anche conseguenze in termini di migliorie. Pola sembra una città rassegnata. Non da oggi, bisogna dirlo. È stato un lento ma inesorabile scivolare in una bonaccia che pesa. Come scuotere la città e la Città? Sì, perché sembrano entrambe intente a rimboccare le coperte in attesa di un placido sonno invernale. Vi sarà capitato a volte di svegliarvi di soprassalto proprio quando siete lì lì per prendere sonno del tutto? A proposito, si chiamano scosse ipnagogiche quelle che ci scuotono in un momento così beatamente delicato. Bene: vi è capitato? Sì, vero… Ebbene succede anche alla Città. Sull’orlo della buonanotte ha dovuto riaprire bruscamente gli occhi per le dimissioni di Anja Ademi. La mano destra e sinistra del sindaco Filip Zoričić. Il jolly salva-la-situazione che il primo cittadino ha utilizzato per tappare tutte le falle di un’amministrazione che a nostro modesto avviso si è messa in navigazione con boccaglio, maschera e pinne, sperando che basti. Non sta bastando. Non sulle lunghe distanze. La maggioranza a tre cucita con il comune denominatore della disintegrazione della DDI non ha retto per quella che nei divorzi solitamente viene definita “incompatibilità di carattere”. E nota bene, la lettera d’intenti sulla quale il matrimonio a tre – Lista Zoričić, piattaforma Možemo ed SDP – era nato, era stata ferma richiesta di Možemo!, che ha portato in dote 4 seggi. In parole povere, è come se in un accordo prematrimoniale forzasse il documento chi porta nel rapporto buona volontà e averi zero. Nella caccia al colpevole l’amministrazione cittadina ha subito più di uno scossone e a volte si è rasentato il paradosso. Strano, vero, che il sindaco si sia trovato a ripescare un quadro targato DDI (Damir Prhat) per un assessorato mastodontico e importante quanto quello all’Edilizia (e ancora un paio di aggiunte), salvo poi ributtarlo a mare con un inciampo amministrativo visibile dallo Spazio. Prhat è stato reintegrato, ma siccome nella riorganizzazione il profilo non è previsto, si è visto affibbiare l’incarico di consulente per gli incendi e la lotta antincendio. In un gioco delle tre campanelle o noci (quello in cui sotto tre gusci di noce si nasconde una pallina e poi gira-gira-gira, bisogna indovinare dove sia nascosta la pallina) sono stati rimescolati tutti i vertici degli assessorati. Ci sembra che la configurazione non sia più quella di partenza, nemmeno in un nominativo. Ma cosa più ridicola ancora, al posto della dimissionaria Ademi (ormai dimissionata e in ferie, cessando il contratto d’assunzione il 1.mo novembre) è stata nominata un’altra dietina, Samanta Barić. Nessuno tra le file indipendenti? O dei partner di maggioranza – palesi o all’ombra che siano? senza volere prendere le parti di nessuno, il fatto non sembra essere un segnale granché positivo. Dapprima si vedono complotti dietini dappertutto e ogni dipendente… ereditato passibile di sospetto e poi si va a pescare nella pentola del partito di cui si è detto peste e corna? Sentite anche voi puzza di bruciato? Che il sindaco sia rimasto solo? Anja Ademi se n’è andata perché, parole sue, “così più non va; c’è carenza di quadri, i progetti non si realizzano” e non ha risparmiato né il sindaco, né la vicesindaco Močenić. Ma la tuttofare è appena l’ultima di una lista di chi ha preferito ritornare a riva piuttosto che nuotare in acque forse troppo profonde.
Non se ne abbia a male l’ormai ex assessore di buona parte degli assessorati cittadini, ma ci viene spontaneo diffidare da chi sa fare tutto, tutto, ma proprio tutto. Da guidare assessorati (non facili) a risolvere la questione Castion. Ricordate l’ennesima avaria per la quale ha ricevuto compiacenti pacche sulle spalle perché tre giorni dopo la sua venuta a dirigere il Centro, dopo avere mandato a casa in malo modo Fabio Giacometti, il guasto era stato risolto? Successo difficilmente attribuibile alla signora delle missioni impossibili, bensì al defenestrato Giacometti. Ma le cose vanno sempre così: gli applausi li prende chi taglia il nastro, mai chi ha sudato.
Dicevamo “crisi”. Non è la prima volta che piazza Foro finisce in una sorta di pantano. La memoria riporta alla paralisi politico-amministrativa del 1996, allorchè la DDI aveva voluto fare ordine in casa destituendo Igor Štoković, troppo vicino a Luciano Delbianco, inviso a sua volta ai vertici dietini. Il momento aveva dato la stura a un periodo di accesi confronti politici anche in sede consiliare. Ebbene, nonostante gli attriti, gli sgambetti, qualche tentato ostruzionismo, la città e la Città erano ben sveglie. Queste sabbie mobili di adesso sono tutt’altra cosa. Qualcuno ha chiesto teatralmente le dimissioni di Zoričić, che tutto ha in programma meno che rendere le chiavi di Palazzo municipale. Anche se probabilmente avrà male valutato le proprie capacità: sindaco non si nasce, è vero, ma nemmeno ci si inventa. In Consiglio si procederà stando bene attenti ad avere l’appoggio necessario. Per quanto risicato, sembra più o meno certo. Per il resto ci sembra che spazi di manovra non ce ne siano più. Via Možemo!, via, naturalmente la DDI, restano l’SDP e un po’ defilata l’Accadizeta (nella quale qualcuno vede un partner silenzioso). Ma se la posizione si ritrova con un’immunità un po’ compromessa, nemmeno l’opposizione scoppia di salute. Možemo sembra avere bruciato tutti i ponti e la piattaforma viene ormai recepita come una sorta di Bastian contrario per definizione e vocazione, la DDI ormai ha perso fiato e si è lasciata sfuggire ottime occasioni se non per far valere almeno per palesare le proprie ragioni. Lascia fare. Aspettando che la maggioranza si spari in un piede. Non ha nomi la DDI capaci di trascinare e non è immune da fughe. In queste condizioni in cui tutto è cambiato tutto è rimasto uguale: solo il tempo, bene o male, passa.

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