PERCORSI EUROPEI Lo scontento provocato dall’euro

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PERCORSI EUROPEI Lo scontento provocato dall’euro

La Croazia ha varcato, il 1° di gennaio di quest’anno, la soglia dell’Unione europea a pieno titolo: infatti, è entrata nell’area Schengen, facendo passare finalmente alla storia il confine con l’Europa. Un evento formidabile, se si tiene presente che questo confine, specialmente quello tra l’ex Jugoslavia e l’Italia, era un confine di sangue, una frontiera contesa che ha causato enormi tragedie umane, guerre, totalitarismi, vendette, esodi e crimini di guerra e altri nel dopoguerra. Il secondo risultato conseguito contestualmente dalla Croazia nel suo percorso europeo è l’entrata nella eurozona, con l’adozione dell’euro come valuta, che ha fatto passare alla storia anche la sua moneta (controversa per nome e per antecedenti storici). Però, ogni passo in avanti è spesso correlato da contraddizioni che gettano un’ombra sui risultati conseguiti e condivisi dalla popolazione e dall’Europa intera. Infatti,
anche in Croazia si è manifestato il fenomeno dei rincari, dell’impennata dei prezzi proprio a cavallo dell’introduzione dell’euro. E ne hanno parlato, palesemente, anche le più alte cariche dello Stato croato, il primo ministro e anche il Presidente della Repubblica (che, abitualmente, nelle loro esternazioni frequentemente divergono, ma qui si sono trovati sulla stessa posizione). Ne è testimone anche il risultato concreto dei controlli effettuati – l’Ispettorato di Stato ha rilevato 1.738 violazioni della Legge sull’adozione dell’euro. Sembra così che le critiche espresse dalla moltitudine dei cittadini croati, ma anche dai turisti e dagli altri cittadini europei che si sono trovati in Croazia nel momento della transizione valutaria, abbiano avuto una conferma ufficiale.
Molti prezzi, specialmente dei generi di prima necessità, hanno subito un rialzo durante il passaggio da una moneta all’altra, dalla kuna all’euro. E questo rialzo non è giustificato, ha asserito anche il ministro dell’Economia croato Davor Filipović. Era, però, un fenomeno
da prevedere. Infatti, è già successo in Italia, in Grecia, in Spagna, a Cipro, al momento dell’introduzione dell’euro nei rispettivi Paesi. I prezzi hanno subito un balzo all’insù, con la conseguente inflazione e l’attacco al tenore di vita dei consumatori e delle fasce più vulnerabili della popolazione. Il governo croato ha creduto di poter risolvere questa sfida adottando una misura intermedia, relativa al controllo dei prezzi di alcuni generi alimentari – decisione presa il 10 settembre del 2022. Ma questa decisione non ha lo stesso valore vincolante di una legge – legge che alcuni Stati dell’Europa settentrionale, quelli che amano autodefinirsi “Paesi virtuosi” per il rigore del loro bilancio e delle spese pubbliche, hanno pensato di varare molto prima di alcuni mesi dalla data del cambio della valuta. Tra di loro,
l’Olanda e la Germania, che hanno così prevenuto il fenomeno del balzo dei prezzi. La Croazia e i suoi leader politici hanno purtroppo scordato che senza una legge severa, obbligatoria e punitiva nel pieno senso della parola e senza una disciplina del mercato non si può affrontare un momento così delicato. E specialmente quando, ancor prima della data pianificata dell’entrata nell’eurozona, l’inflazione ha incominciato a crescere e ha raggiunto nel 2022 il 10,8 per cento, uno dei tassi più alti nell’Unione europea l’anno scorso. In queste circostanze, si poteva rimandare l’introduzione dell’euro per un breve periodo, al massimo di un anno. Ora l’impennata dei prezzi contribuirà alla crescita dell’inflazione, ponendo in una situazione di rischio esistenziale una vasta fascia della popolazione, quella
che stenta a sbarcare il lunario. Con, naturalmente, il risultato della crescita della povertà, specialmente tra i disoccupati e i pensionati.
In una situazione simile, quando l’Ispettorato di Stato ha constatato che il 40 per cento delle imprese commerciali, del cosiddetto “business corporativo”, ha aumentato in maniera ingiustificata prezzi e le ha punito con 234.000 euro, sarebbe saggio correre ai ripari applicando l’esperienza degli altri membri dell’eurozona che sono riusciti, più o meno,
a domare l’incendio provocato dal salto dei prezzi e dall’inflazione. Prendiamo un esempio vicino – la Slovenia, il primo Paese dell’Europa centro-orientale ad adottare l’euro nel 2007. Anche lì, l’introduzione della moneta unica europea ha fatto salire l’inflazione dell’8 per cento, ma il governo è riuscito a domarla in meno di tre mesi con leggi severe, ma giuste e con misure di sgravio fiscale per gli operatori economici, ma anche per la popolazione.
Cosa potrebbe fare, ora, il governo croato? Potrebbe adottare, subito, misure di austerità, ma non per i cittadini che sono già stati abbastanza puniti dall’imprudenza dimostrata dalla Banca nazionale croata e dal governo, ma per lo Stato e per le sue spese. Con un programma di aiuto finanziario ai cittadini in pericolo, potrebbe, ad esempio, decidere di abbassare l’IVA, l’imposta sul valore aggiunto, che è tra le più alte nell’eurozona. Ora bisogna ridare fiducia all’euro, perché non si tratta solo di una valuta comune, ma anche di un simbolo dell’identità comune europea, come ha detto a suo tempo Romano Prodi, uno degli artefici contemporanei dell’unità europea. Stiamo a vedere, perciò…

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