L’INTERVENTO Giorno del Ricordo. La convivenza di culture diverse è una grande opportunità per tutti

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L’INTERVENTO Giorno del Ricordo. La convivenza di culture diverse è una grande opportunità per tutti
Foto Roni Brmalj

Come è giusto che sia nel Giorno del ricordo si commemora il grande esodo degli italiani da Fiume, Istria e Dalmazia nel secondo dopoguerra e la tragedia degli infoibamenti. Ma quella data può essere anche l’occasione giusta per ricordare storie che in qualche modo collegano Fiume e Zara italiane in un unico destino. Mentre infatti è notissima l’avventura di Gabriele D’Annunzio a Fiume, poco conosciuta è la visita a Zara di D’Annunzio del 15 novembre 1919, salutata dal sindaco Luigi Ziliotto con il manifesto: “Concittadini, D’Annunzio è qui! Nessuna parola: continuate a piangere di gioia”. Quando D’Annunzio il giorno stesso rientrò a Fiume diede ordine ai legionari di origine dalmata che lo avevano seguito nell’occupazione di quella città di restare a Zara per costituire un reparto armato; a questi uomini si aggiunsero poi, il 21 dicembre 1920, altri 100 legionari di origine dalmata che partendo da Fiume riuscirono navigando sotto costa a raggiungere Zara per rafforzare la cosiddetta Legione del Carnaro. Nel frattempo, il 15 novembre 1919, circa 1.000 giovani volontari zaratini avevano dato vita al battaglione volontari dalmati Francesco Rismondo. I fascicoli di questi legionari volontari zaratini della Rismondo sono depositati al Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera e tra gli altri compaiono Giuseppe Ziliotto, figlio del sindaco e poi Senatore del Regno Luigi Ziliotto, e altri tre Ziliotto, padre e due figli nati rispettivamente a Bencovaz, Spalato e Zara, a quel tempo tutti territori dell’Impero Austro Ungarico. Dalle carte si capisce perché gli venne riconosciuta la qualifica di Legionari (combattenti) anche se non erano con D’Annunzio a Fiume, non essendosi mai mossi da Zara.

Sappiamo infatti tutto di quanto avvenne a Fiume in occasione del famoso Natale di sangue del 1920, ma soltanto da un bell’articolo di Orazio Ferrara ho potuto approfondire quanto avvenne in contemporanea a Zara, dove i legionari si erano asserragliati nelle caserme Rismondo e Carnaro. Fallito un tentativo di sortita per raggiungere Sebenico e continuare in quella località la resistenza, i legionari delle due caserme, circondate da reparti regolari italiani, ingaggiarono il 26 mattina un violento combattimento con truppe alpine che durò parecchie ore, fino alla resa ordinata dal comando della Legione alle 15 e 30 del pomeriggio. Negli scontri venne ferito e subì l’amputazione di una gamba Riccardo Vucassovich, studente sedicenne di Spalato, che morì dopo giorni di agonia. Ferrara sottolinea una cosa assolutamente vera, a Zara (come a Fiume) venne sparso sangue fraterno mentre da ambedue le parti si era assolutamente convinti di agire da veri patrioti nell’interesse di quella che allora si chiamava la Nazione (e per quanto riguarda l’Esercito Italiano con il pieno consenso del Re). Onorare pertanto chi perse in buona fede la vita per amor di Patria, legionario fiumano o zaratino che sia, pur combattendo chi rappresentava in quel momento legittimamente la Patria e il Re, non vuol dire giustificare storicamente le illusioni degli italiani della Dalmazia, che non si rendevano conto che nel 1920, ad eccezione di Zara compattamente italiana, in tutte le altre località di quella Regione la minoranza italiana non arrivava al due cento della popolazione. La costituzione nel 1941, dopo la guerra di aggressione fascista alla Jugoslavia, delle Province di Zara, Spalato e Cattaro gettò altra benzina sul fuoco e l’alleanza con i nazisti in quella guerra perduta aprì le porte alla prepotenza nazional comunista di Tito, feroce oppressore non soltanto degli italiani, ma anche dei serbi, croati e sloveni, liquidati a migliaia se non in sintonia con il nuovo regime.

Nella casa comune europea, vaccinati dalla conoscenza dei disastri che può portare un malinteso spirito nazionalista, per fortuna di tutti è rimasta una significativa presenza autoctona italiana a Fiume, in Istria e ultraminoritaria, ma viva in Dalmazia. C’è da sperare che tutti, sloveni, croati e italiani siano definitivamente convinti che la convivenza di culture diverse e lingue diverse sullo stesso territorio, in Italia, in Slovenia e in Croazia, considerata nel cosiddetto “Secolo breve” (il Novecento) una maledizione, è una grande opportunità per tutti quelli che la vivono.

*già senatore della Repubblica Italiana

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