PERCORSI EUROPEI La Croazia ora deve essere solidale

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PERCORSI EUROPEI La Croazia ora deve essere solidale
Foto Sanjin Strukic/PIXSELL

La Croazia sta per raggiungere un altro traguardo importante, anzi due: uno 
l’euro, che dal 1° di gennaio diventerà anche moneta croata, e cosi la kuna – la martora, come veniva chiamata ufficialmente la valuta croata – se ne andrà in soffitta. Ed è bene, nonostante ci siamo tutti abituati a questo nome che purtroppo evoca il nome della moneta durante il periodo dello sfortunato Stato Indipendente di Croazia, che indipendente certo non era, ma era una creatura dell’Italia fascista e del Terzo Reich nazista, uno Stato marionetta, che si era reso responsabile di atroci crimini di guerra. Il secondo traguardo di questo percorso è l’entrata nell’Area Schengen, e cioè il via libera dei Paesi aderenti al Trattato di Schengen che abolisce i confini tra i firmatari.
Veramente, questo avrebbe dovuto essere l’obiettivo del processo d’integrazione europea, iniziato con la Dichiarazione Schuman, il 9 maggio del 1950. Smantellare i confini tra gli Stati europei, proprio per scongiurare il pericolo di un’altra guerra tra i nazionalismi europei, che avevano portato a due guerre mondiali. Ma in questo percorso – passo dopo passo – i politici realisti d’Europa si erano visti rimangiare i loro buoni propositi, specialmente quando la Comunità economica europea aveva cominciato ad allargarsi e oltre ai Sei – i Paesi fondatori della Comunità del carbone e dell’acciaio, e dopo i Trattati di Roma la Comunità economica europea – si erano associato altri Stati, non altrettanto stabili e bene organizzati come i Paesi fondatori.
E cosi è nato il Trattato di Schengen, al quale oggi aderiscono 22 dei 27 Paesi dell’Unione europea. E purtroppo, nonostante il 1° gennaio sarà la Croazia ad associarsi a questi Paesi, ne sono rimasti fuori due – la Romania e la Bulgaria. Eppure, la Commissione europea, certamente non incline molto a tollerare le debolezze dei suoi nuovi membri, quelli che fanno parte dell’Europa centrale e orientale, ha dato un voto favorevole anche a questi due Paesi. Ha valutato che anche i romeni e i bulgari hanno fatto quello che la Commissione, il guardiano dei Trattati come viene definita, o meglio il cuore dell’Unione europea, aveva richiesto. Dunque, il compito assegnato è stato eseguito, ma purtroppo sono stati rimandati, all’anno prossimo, forse anche agli anni a venire. E qui si manifesta ancora una volta il problema del funzionamento di quest’Unione europea, che ci è cara a tutti, e specialmente a noi che viviamo in una zona di confine, di un confine che ha visto tante tragedie umane – crimini del fascismo, del comunismo di matrice stalinista, crimini di guerra e quelli del dopoguerra – e che non possiamo che gioire quando finalmente questi confini contesi vengono abbattuti, speriamo per sempre.
Ma il problema per i romeni e i bulgari è stata proprio la deficienza istituzionale dell’Unione europea, quella che aveva a suo tempo criticato uno dei padri fondatori dell’unità europea, l’italiano Altiero Spinelli. E questo è il veto che uno o più membri possono apporre a una decisione in seno al Consiglio dei ministri dell’Ue e in seno al Consiglio europeo, il summit dei Capi di Stato e di governo dei Paesi membri. Proprio in questo caso vediamo quanto è deleterio il principio di votazione come formula decisionale che richiede l’unanimità. Infatti, l’Austria si è opposta, l’altro ieri alla seduta del Consiglio dei ministri degli Affari interni
dell’Ue, all’entrata della Romania nella zona Schengen. E l’Olanda si è opposta all’entrata della Bulgaria, bloccando cosi la decisione che doveva essere unanime. E se diamo credito alla Commissione europea che ha veramente setacciato l’operato della Romania e della Bulgaria, allora vediamo che questo voto contrario non contribuisce alla fiducia verso l’Ue e sta creando invece un clima d’insoddisfazione che ormai serpeggia tra i cittadini europei. E proprio per questo i cittadini europei hanno richiesto – nella consultazione e nelle conferenze sul futuro d’Europa – di abolire, finalmente, questo residuo dei vecchi tempi e d’introdurre il voto con maggioranza qualificata anche in questi casi, come è stato fatto per il 75 p.c. delle politiche comunitarie, cioè in tre quarti delle decisioni prese sia dal Consiglio dei ministri che dal Consiglio europeo. Ecco, dunque la Croazia ora dovrebbe farsi portatore, assieme a tutti quelli che hanno a cuore il futuro di un’Europa veramente
unita, di modificare questo metodo decisionale nei Trattati. Cioè, ci vuole un nuovo Trattato istituzionale dell’Ue, una vera Costituzione che elimini la possibilità di veto da parte dei Paesi membri che non operano con veri argomenti, ma reagiscono in base alle impressioni. La Croazia entrerà cosi, il 1° gennaio prossimo, a pieno titolo nell’Europa unita, con grande soddisfazione proprio di noi che abbiamo subito questo confine nel passato e che ha diviso le genti di frontiera. Un buon auspicio, ma non bisogna dimenticare che un’ingiustizia è stata commessa, verso i due Paesi respinti nell’Area Schengen e che a questo torto bisogna porre riparo.

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