DIARIO DI UN DIPLOMATICO Contrattempi artistici

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DIARIO DI UN DIPLOMATICO Contrattempi artistici

Se Roma fu caput mundi, la capitale del mondo antico, oggi l’Urbe è soprattutto il centro del cattolicesimo con un Papa simpatico, che diffonde un calore umano senza precedenti (come ha affermato l’illustre teologo Hans Küng). Ma Roma è anche un centro mondiale dell’arte e molti sono gli artisti che vorrebbero ad ogni costo approdare nella capitale per coronare la propria carriera.
Così mi ritrovai, quale Ambasciatore croato, sotto il fuoco incrociato di molti artisti, illustri e meno illustri, che si rivolgevano all’Ambasciata, sperando di ricevere un aiuto per sfondare a Roma. Così fu, tra l’altro, con il pittore croato Charles Billich, che peraltro vende molto bene le sue opere in Australia e negli Stati Uniti ed è tra l’altro conosciuto anche nella Contea litoraneo-montana per la galleria a Laurana, motivo di controversie tra lui e le autorità cittadine. Ebbene, Billich si rivolse all’Ambasciata croata a Roma, proponendo di fare – e regalare – un ritratto di Papa Francesco, e, naturalmente, in quest’ambito, esigendo una mostra di ritratti dei Pontefici, in particolare Giovanni XXIII, Paolo VI e Benedetto XVI, da tenersi al Vaticano o a Roma. Tentai di spiegargli che ci sono molti artisti, anche di fama mondiale, che vorrebbero allestire una mostra in Vaticano. Molti hanno fatto dei ritratti dei Papi, ma la Santa Sede è stata sempre molto cauta nel valutare le proposte di simili donazioni.
Naturalmente, ero pienamente consapevole degli agganci che Billich aveva in Croazia, specialmente tra i politici che lodavano il suo anticomunismo che lo aveva indotto a scappare, a suo tempo, dalla Jugoslavia per motivi politici. Ma questo non fu un criterio abbastanza convincente per il Vaticano e così di questa mostra di ritratti papali “made in Croatia” non se ne fece nulla.
Però, non fu la stessa cosa con una grande artista croata, la pittrice, costumista e scenografa veramente di fama mondiale, Jagoda Buić, conosciuta per le sue monumentali installazioni ambientali realizzate con materiali unici e straordinari, tessuti con lana, iuta, crine, intrecciando gomene, filacci. E poi, a differenza di Billich, che una parte della critica d’arte croata tacciava come “artista ipercommerciale”, in cerca di pubblicità per vender meglio le sue tele, le opere di Jagoda Buić erano state più volte esposte alla Biennale di Venezia ed erano presenti nei più importanti musei del mondo, da Parigi a New York. E soprattutto, il famoso critico d’arte Gillo Dorfles era entusiasta delle sue creazioni scultoree. Lo aveva scritto e detto più volte. E così arrivò anche a Milano, nel 2013, con una mostra di creazioni su carta nella galleria “ViaDanteQuattordici” e fu proprio Gillo Dorfles ad aprire il vernissage, definendo Jagoda Buić “una giovane speranza delle arti visive”. Veramente, a quel tempo la Buić di anni ne aveva ottantatré, ma bisogna capire Dorfles: lui era più anziano di lei di vent’anni…
E poi, l’anno seguente, ci fu una grande mostra retrospettiva di Jagoda Buić a Trieste, nel Museo Revoltella, con tanto di critici d’arte e autorità presenti, incluso il sottoscritto. Veramente rimasi colpito dall’energia eruttiva di questa signora avanti con gli anni e così accettai la sua iniziativa di adoperarmi per organizzare una sua mostra a Roma, possibilmente in una sede prestigiosa. Ma avevo sottovalutato l’energia creativa di Jagoda Buić: lei non soltanto voleva una mostra a Roma, ma la voleva al MAXXI, il Museo di arte moderna che è un punto di riferimento mondiale nel campo dell’arte. Ma l’iter diplomatico è abbastanza lento, e il MAXXI programma le sue mostre anni in avanti. E nonostante le mie conoscenze e le mie “connessioni” (per i croati, come per gli altri popoli slavi, sembra che le connessioni – le “veze” contino più del valore oggettivo del valore da esportare), non riuscivo proprio a inserirla nel programma di questo rinomato Museo. Invece l’artista insisteva e ricevevo telefonate e interventi da destra e manca; infine si trovò una nicchia, sotto forma di un Protocollo d’esecuzione dell’Accordo di cooperazione culturale tra Italia e Croazia, per cui la mostra al MAXXI sarebbe stata la ciliegina sulla torta del “Festival della cultura croata” in Italia. Ma le trattative andavano per le lunghe – nel frattempo entrò in carica un nuovo governo in Croazia – per cui il Protocollo fu rimandato a tempi migliori. L’artista rimase delusa, ma anche furente. E così lei stessa decise che avrebbe trovato un altro sponsor. Ragion per cui, invece che nel MAXXI, la mostra fu allestita nel 2017 al Corner MAXXI e all’Extra MAXXII, due spazi attigui, ma non esattamente nell’edificio centrale, bensì dirimpetto all’edificio progettato dalla famosa Zaha Hadid. La presidente della Fondazione MAXXII Giovanna Melandri fece quello che si poteva fare e inaugurò questa mostra “sussidiaria”. Per di più, io ero già stato sollevato dall’incarico di Ambasciatore e il nuovo rappresentante diplomatico non era ancora arrivato. Ma mi ricordai delle parole di un mio vecchio amico, il pittore Oton Gliha: certe volte, rimanendo colpiti positivamente dall’artefatto, forse è meglio evitare di conoscere l’artista di persona…

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