Talleri d’argento. Il segreto di Trieste

Al BookFest è emerso il legame della Città con la moneta dedicata all’Imperatrice Maria Teresa

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Talleri d’argento. Il segreto di Trieste
Foto: ROSANNA POLETTI

Si è concluso il TriesteBookFest, manifestazione durante la quale sono stati coinvolti lettori, autori ed esperti di vari argomenti: dalla poesia ai progetti di lettura per bambini e ragazzi, dalla scoperta di una Trieste occulta e una mitologica, fino al ricordo di Pino Roveredo e Corrado Premuda, recentemente scomparsi. Il fascino del segreto nell’Adriatico è stato svelato nell’incontro “Viaggi segreti di monete, mercanti e marinai: i talleri di Maria Teresa e il mare. Tra passato e presente” con Daniele Andreozzi, Eric Gerini e Elena Pockay, moderatrice Lorena Ursich. Dopo il posizionamento della scultura in Ponterosso a Trieste, raffigurante il tallero di Maria Teresa, inaugurata il 7 febbraio scorso, i relatori hanno raccontato l’idea pensata dall’architetto Pockay, elaborata con lo storico Andreozzi, e realizzata dai due artisti Eric Gerini e Nicola Facchini.

Al di là di quanto la storia evidenzi l’importanza di Maria Teresa per la città, nella narrazione di Andreozzi è emerso il legame con Trieste della moneta dedicata all’Imperatrice. La storia del tallero mostra una città completamente diversa da come la volgata richiede; una città che non era inerme, ferveva di traffici e il tallero non era la moneta in uso, bensì la merce per il commercio dell’argento. L’Austria capisce la redditività di questo traffico e quanto sia importante ai fini di veicolare l’immagine dell’Impero nel mondo. In particolare un boemo, il conte Rudolf Chotek, e il banchiere alsaziano Johann Fries saranno gli artefici dell’idea. Nasce una certa competitività tra il tallero di Trieste e quello di Venezia, ma gli ottomani prediligono Maria Teresa e sarà un grande successo. Nell’Adriatico e nel Mediterraneo i talleri ebbero infatti un ruolo fondamentale nei commerci con il Levante. Alcune vicende giudiziarie e alcuni casi criminali consentono di comprendere l’importanza degli affaristi sul campo e quanto Trieste fosse al centro di un commercio internazionale. Alla morte dell’imperatrice non si smise di coniare il tallero, una bella moneta d’argento con il ritratto dell’Imperatrice sul dritto e l’aquila bicefala austro-ungarica al rovescio, vi fu bensì aggiunta una croce e la data 1780 e la sua produzione continuò per moltissimo tempo.
Trieste quindi è in quel momento una grande piazza finanziaria, l’argento del mondo passa per la città. Nel palazzo dell’intendenza, la piazza finanziaria, oggi il Tergesteo, i triestini compravano le licenze dei talleri e li vendevano in giro per il mondo a un prezzo molto più elevato di quanto avessero speso per l’acquisto. Nacquero immense fortune, ma anche molti fallimenti. Una storia segreta questa, perché non si doveva parlarne, il rischio era che le barche che caricavano le monete d’argento venissero assaltate e derubate; ci fu un caso in cui la ciurma venne poi trovata massacrata.
C’è poi la vicenda di tal Giuseppe Pasquali da Selva in Dalmazia, che con un trabaccolo doveva partire da Trieste per Alessandria. Viene contattato da due uomini che gli chiedono di trasportare una cassa di duemila talleri, destinati al governatore Ahmet Paşa detto al-ǧazzār, “il macellaio”, che da Sidone aveva allora spostato la capitale ad Acri. Pasquali naufragò e rocambolescamente riuscì a tornare a Trieste, al lazzaretto per la quarantena, dove venne arrestato e incarcerato per simulazione di naufragio. Siamo nel 1785. “Causa un grave maltempo il trabaccolo incominciò a imbarcare acqua, affondammo al largo di Rodi”, così si difese l’uomo. Messo alle strette confessò di essere stato contattato da due uomini, provenienti dalle Bocche di Cattaro, che però non gli fecero caricare la cassa di talleri e lo costrinsero ad affondare la barca. Al processo si professò ingenuo, raggirato e costretto con la violenza. Disse che non poteva andare ad Acri senza la cassa di monete e che i due l’abbandonarono a Rodi, dove appunto volontariamente affondò il trabaccolo. “Non sono mai stato in simili situazioni, non so come risarcire i danni causati, piango per esser stato sedotto da quei bricconi, per l’inesperienza e la mia giovane età”. Il 18 maggio 1786 avrebbe dovuto essere condotto al supplizio a morte col laccio e catena, ma i giudici ammorbidirono la pena, doveva essere frustato ed esposto per 3 giorni col cartello che indicava il delitto commesso e poi bandito da Trieste e dall’Impero. A Klagenfurt la corte di appello fu di diverso avviso, gli comminò pene più pesanti: 2 anni di lavori forzati, 15 colpi di bastone e sempre doveva essere esposto per tre giorni e bandito da Trieste e da tutti gli stati ereditari, dopo essere stato frustato.
Era vera la sua ingenuità? Chissà! Questo è l’esempio di uno dei tanti intrighi internazionali nati a Trieste, nei suoi caffè e osterie, dove sedevano i più grandi finanzieri del mondo. Quali trame nascondeva il Pasquali, visto che nessuno avrebbe potuto condannarlo senza la sua confessione, che cosa ci guadagnò? Quanti erano coinvolti in tanti loschi affari e commerci? Ecco perché ancor oggi il commercio dei talleri è segreto, anzi è il segreto di Trieste.

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